La donna degli alberi di Lorenzo Marone
Feltrinelli
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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Farra di Soligo "Quelli di LLC"
coordinato da Annalisa Tomadini
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Devo dirlo, stavolta mi pesa un po' dare questo "sconsiglio". Dello stesso autore avevo letto La tentazione di essere felici e l'avevo trovato piacevole. Non il libro del secolo, ma piacevole.
Ma questo, Oh my god, questo proprio no.
La trama (se così vogliamo chiamarla, perché trattasi di gran complimento):
una donna senza nome decide di mollare tutto "laggiù" e trasferirsi improvvisamente nella sperduta baita di montagna che fu dei genitori, per motivi che non sapremo, ma probabilmente nemmeno ci sono.
12 capitoli, uno per ogni mese dell'anno, nei quali tutto quel che accade è un'ininterrotta serie di stereotipi, banalità o inesattezze.
Esempio 1, lo stereotipo: la Guaritrice balorda che vive da sola nel bosco e salva un po' tutti con le tisane.
Esempio 2, la banalità: arriva lo Straniero, unico uomo nei paraggi (ha mollato tutto pure lui, guarda il caso a volte) e ovviamente nasce qualcosa che lei chiama innamoramento ma a me è parso tanto un accontentarsi.
Esempio 3, l'inesattezza: "La tempesta ha fatto il suo dovere e poi ha taciuto, l'aria è ora limpida e immobile, la montagna appare svuotata della sua forza. I tronchi ondeggiano impercettibilmente..."
Me lo dite come fanno i TRONCHI a ondeggiare nell'aria IMMOBILE?
Potrei continuare con esempi dei tre tipi: la Volpe addomesticata, la Rossa che manda avanti il bar con la figlia, alberi crollati di cui si contano gli anelli.
Ma la cosa peggiore non è questa: è un personaggio che si definisce cresciuto ed evoluto, dopo quest'anno tra i monti, ma che a me è sembrato solo piangersi addosso per futili motivi e non esser capace di intessere relazioni poco meno che effimere.
Ah, sì, però per una settimanina pianta gli abeti, eh.
L'autore dice che questo è un omaggio alle donne della sua vita. Accetta un consiglio: vai a comprare anche dei fiori, via.
Annalisa Tomadini
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Il romanzo, che si distacca in termini stilistici dalla matrice usuale dello scrittore, racconta il percorso di rinascita di una donna di mezza età e in crisi di identità, rifugiatasi in un paesino di montagna per sfuggire a un presente problematico non meglio dettagliato. La penna di Marone è molto ricca e precisa, ma risente a mio avviso di un certo barocchismo nella narrazione, che fa largo – forse eccessivo – uso di aggettivi, similitudini e altre figure retoriche. Ampia parte delle pagine del romanzo è dedicata alla descrizione puntuale anche dei più minuti aspetti della natura e della vita di montagna, trasfigurate in termini decisamente idillici nonostante alcune disgrazie si abbattano sulla comunità montana. La trama non particolarmente originale e lo scontato epilogo consolatorio fanno di questo romanzo un esempio di quella che definisco “letteratura di conforto”, tipicamente impregnata di ottimistico lirismo, di personaggi un po’ stereotipati e sostanzialmente moraleggiante (alcuni passi che si ispirano a “Il piccolo principe” li ho trovati un tantino irritanti). È un romanzo che si legge rapidamente e altrettanto rapidamente si dimentica. Peccato, Marone ha scritto di meglio, per me.
Adele Boldrini
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Una donna senza nome e senza età abbandona “laggiù” per trasferirsi in una baita tra i boschi della montagna ove è cresciuta per cercare se stessa e il contatto con la natura e in questo pseudo eremitaggio incontra una serie di personaggi stereotipati e prevedibili (lo Straniero, la Rossa, la Guaritrice ecc) coi quai interagisce. Insomma è la storia di una Heidi di mezza età, con evidenti problemi irrisolti con i genitori, che si sente San Francesco e fa amicizia con tutti gli animali del bosco (volpe, gufi, tasso, stambecco, capriolo, aquila reale, ghiandaia ecc).
Si innamora (?) dello Straniero con il quale fa l’amore la notte di Natale, poi ovviamente lui muore sotto una frana che distrugge il rifugio e si salva solo il cane (che trova in Heidi una nuova padrona), aiuta un parto nella casa della strega buona di Biancaneve (la Guaritrice): l’addomesticazione della volpe che fa tanto Piccolo Principe de noantri è stato il colpo di grazia che mi ha stesa.
Marone sa scrivere, cerca l’arzigogolo e la frase “perfetta” in modo addirittura lezioso e fastidioso, ma lo fa per raccontare la stessa storia trita, senza vera trama, della donna alla ricerca di sé attraverso una sorta di noioso dialogo interno e infarcendo la storia (no, meglio, le pagine – perché una storia non c’è) di banalità, stereotipi e luoghi comuni. Ho arrancato in una lettura monotona e pesante
Arianna Bressan
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