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La prigione di carta di Marco Onnembo
Mondadori

 

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Grandi lettori
di Robinson
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Malcolm King, professore di scrittura creativa in una qualsiasi università americana. Una storia comune di un uomo comune, insegnate, marito, padre. Eppure nel mondo di Malcolm King, bisogna insegnare la profondità della scrittura, del sottrarre il non-necessario, senza carta né penna. Secondo una legge promulgata che rende illegale qualsiasi dispositivo cartaceo. Come si insegna la scrittura senza scrivere, come s'insegna in digitale? Senza appunti né note, senza neanche poter toccare con mano un libro. La lettura è consentita solo dietro uno schermo, solo se connessa a un cavo. In un mondo distopico neanche così troppo lontano, King, vecchio sognatore, l'ultimo dei romantici, viene condannato per i suoi insegnamenti illegali e rivoluzionari. Poiché le idee sono più pericolose dei crimini, la cultura più di una pistola. Questo fresco romanzo futuristico, insegna che si ha sempre il tempo per cambiare la rotta delle cose, quando lo stato di cose, la giusta rotta, non segue.

Ylenia Desirée Zindato

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Civitanova Marche "Scriptorama"

coordinato da Luca Pantanetti e Eleonora Tassoni
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L’autore ci racconta la storia di un giovane professore di scrittura creativa e la sua resistenza ad un sistema che ha sostituito la digitalizzazione alla scrittura, i libri elettronici a quelli di carta, dando origine all’involuzione della specie verso la mancanza di memoria e conoscenza, valorizzando la superficialità e il pressapochismo. La sua lotta per la salvezza dei suoi studenti che, pur apprezzandolo, sporadicamente captano il suo messaggio, lo porterà alla prigione a vita. Sarà in cella che troverà fogli e penne per scrivere la storia della sua vita, storia che però ci sorprenderemo a scoprire, proprio alla fine del romanzo, manipolata.

Ho trovato il romanzo interessante: il tema svolto, anche se portato ai limiti estremi, coinvolge sempre più subdolamente il nostro modo di vivere e di pensare. Lo scrivere è pulito e veloce: mi è sembrato di leggere un autore d’oltreoceano. I riferimenti letterari e filosofici adeguati e non ingombranti. Il Digito contrapposto al Cogito ergo sum azzeccato.

Il finale è ottimista: il protagonista esce dal carcere e non sa dove andare e cosa fare, ma ha ancora la sua penna in tasca

Patrizia Lucarini

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Questo romanzo dal carattere distopico sembra voler dare una propria interpretazione di ciò che sarà il futuro della cultura, della sua fruizione e delle scelte politiche: in un mondo immaginato, la scrittura manuale è messa al bando poiché manipolabile, poiché portatrice di interpretazioni, idee, poiché espressione e veicolo di libertà intellettuali e comunitarie, poiché motore di pensieri divergenti. Cercare di evitare la manipolazione con l’imposizione di un cambiamento forzato diventa anacronistico, in quanto si deviano inevitabilmente i comportamenti, le abitudini, le scelte, le vite di chi deve subire le decisioni. Questa storia risulta particolarmente attuale, in particolare dopo lunghi periodi di lockdown, connessioni e smart working forzati, durante i quali il ricorso costretto al digitale è sembrato l’unico mezzo possibile. Ciò che ai giorni nostri è stata una necessità, in questo romanzo diventa una scelta presa dall’alto per arrivare a un bene apparentemente giusto, che però non pare ottenere i risvolti sperati perché l’idea, seppur inizialmente sana, di creare un “uomo nuovo” contiene già in sé qualcosa di malsano. L’unica via di uscita appare, sempre e comunque, sovvertire il sistema. Ho trovato molto attuale “La prigione di carta” che, sebbene coinvolgente, mi ha suscitato emozioni contrastanti: amando il cartaceo, l’odore dei libri e l’esperienza sensoriale legata alla lettura, immaginare una realtà dove essa venga proibita mi ha incupita, consapevole che il romanzo in questione potrebbe avere estremizzato, ma comunque previsto, una deriva non troppo lontana da noi.

Beatrice De Angelis

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Il mondo creato dall’autore in questo libro si nutre di rimandi cinematografici e letterari.

Un clima cupo, un contesto che è un po’ 1997 Fuga da New York e un po’ Demolition Man, le citazioni di Harper Lee, i personaggi che di cognome fanno Masters (come Edgar Lee), King (il maestro Stephen, ovviamente), Byron (come il Lord).

Deve piacere il filone distopico, il racconto non impossibile ma altamente improbabile e il gioco dei rimandi, soprattutto alla cultura americana.

Resta un messaggio solido, valido nella fantascienza come nella realtà: la manipolazione delle coscienze attraverso la contraffazione o la distruzione dei libri è sempre in agguato.

Cristina Nori

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Prendete un professore, Malcom King, che insegna in un college americano in cui è vietata la scrittura su carta e imposta quella digitale. Sono questi gli ingredienti fondamentali di questo romanzo che si focalizza sull’importanza della parola scritta in una realtà distopica, dove il governo ha deciso di bandire la carta stampata per introdurre solo testi su tablet o schermi. Malcom insegna scrittura creativa e, proprio nel confronto in aula con i suoi studenti, capisce che insegnare la scrittura creativa a dei studenti che non possono scrivere a mano è non solo limitante, ma anche uno strumento di controllo delle nuove generazioni voluto dal governo. Perciò decide di esporsi durante le manifestazioni di protesta a tale leggi, ma sarà messo in prigione e proprio da dietro le sbarre ci racconterà parte della sua storia, soffermandosi sull’importanza della letteratura e su come una penna può essere in fondo l’arma più rivoluzionaria nelle mani di un giovane. Consiglio questo libro come riflessione sulle conseguenze dovuta alla sempre più diffusa digitalizzazione della cultura.

Cristina Cantiani

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lecce 2 "Orti di guerra"

coordinato da Simona Cleopazzo e Anna Gatto
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Romanzo distopico collocato in un tempo incerto, che a ben guardare è in parte già il presente in cui viviamo. L’avvento della digitocultura pervasiva ha eliminato i libri di carta, vietandone l’utilizzo, fino alla loro definitiva scomparsa. Ma è proprio così? Malcolm King, il protagonista-narratore, è un docente di scrittura creativa che alla carta e all’inchiostro proprio non vuole rinunciare, e assume fino in fondo la responsabilità di scelte fino ad un attimo prima impensabili, che porteranno conseguenze imprevedibili. Il romanzo presenta spunti interessanti sui temi della scrittura, amore, amicizia, tradimento, verità e tempo. Ma l’autore poteva credere di più in sé stesso e nella propria capacità di scrittura e di narrazione, evitando finzioni e colpi di scena mal riusciti.

Maria Rita Cassone

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Questo romanzo ha il dono, per parte della sua lettura, di farti credere che (purtroppo) sia tutto vero. Colpisce il cuore di chi, come me, ama la

carta stampata, lo sfrigolio delle pagine, e l’odore dei libri. Coinvolge, esagera, e fa riflettere. Tanto.

Manuela Miggiano

 

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 Circolo dei lettori del torneo di Robinson
"Biblioteca di Rocca Priora"
coordinato da Silvia Fanfarillo

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Distopia, fantasia, pazzia, corruttela, tradimento; c’è un po’ di tutto in questa simpatica opera, anche qualche vuoto, credo voluto. Lascia la voglia di saperne di più.

Sergio Moretti

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Castano Primo “Biblioteca comunale”
coordinato da Paola Lauritano e Maria Rosa Gambacorta
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In questo romanzo il protagonista, insegnante di scrittura creativa, viene imprigionato a vita in un carcere di massima sicurezza in quanto sostenitore della scrittura e lettura su carta, considerati reati gravissimi da una società che aveva promosso l’estrema digitalizzazione e proibito l’uso di carta, penne e libri. L’autore ci fa riflettere sul fatto che le parole non scritte possono essere sempre modificate e perciò tutti possono essere manipolati, basta solo un click! È una denuncia molto forte che mi ha fatto venire in mente il libro di George Orwell “1984”.

Elena Pastori

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Proprio come non esisterà mai una prigione di carta, anche un mondo di tecnologia così estrema come raccontata nel romanzo, non potrà mai esistere. Il libro non mi ha entusiasmato e mi ha lasciato molti dubbi e perplessità.

Piera Bertuletti

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Roma 2 "Passaparola"

coordinato da Giulia Alberico
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Un romanzo distopico ambientato in un tempo in cui il Ministero della Cultura Digitale ha messo al bando l’uso di carta e penna per la scrittura, con conseguente digitalizzazione di tutti i libri. Pene

severe per chi deroga dalla legge. Un giovane professore, durante una protesta, viene arrestato e condannato a fine pena mai. Il racconto dei lunghi anni in carcere tra violenze d’ogni tipo, a contatto con una umanità bruta sia dei carcerati che delle guardie.

Un romanzo onesto, scorrevole, ben costruito anche nell’uso di topoi (il manoscritto) e nell’intreccio secondo strutture narrative ben studiate (colpi di scena finali, agnizioni e una sorta di commovente happy end)

Giulia Alberico

Dopo un incipit avvincente il racconto si perde in flash back confusi esposti in modo disordinato faticoso da seguire. Dopo i primi due capitoli si allontana dalla forma Romanzo spostando il racconto su dialoghi, dibattiti attinenti alla cultura americana marginalizzando il tema del valore della Scrittura Manuale in forma cartacea e sulla desistenza all’avanzata della digitalizzazione.

Si salva il lessico vivace e le digressioni acute che rivitalizzano la lettura.

Antonia Santilli

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Buccinasco "I senza nome"

coordinato da Silvia Mincuzzi
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Un professore appassionato lotta per salvare i libri e la scrittura e per proteggere soprattutto i giovani dalla manipolazione della conoscenza e della coscienza. Strumento di lotta del professore la resistenza pacifica, che non impedirà tuttavia la sua condanna all’ergastolo. Troverà comunque la forza di raccontare e riacquistare la libertà di espressione anche in una situazione di costrizione. La narrazione si snoda tra passato e presente, con intensi dialoghi tra i due protagonisti. Nell’era digitale è sicuramente un tema interessante che offre spunti di riflessione.

Antonia Notarangelo

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In “Fahrenheit 451“, capolavoro della letteratura di fantascienza scritto da Ray Bradbury, i libri sono banditi e vengono bruciati con un lanciafiamme. In “La Prigione di carta”, i libri e la carta vengono messi al bando dallo Stato. Una storia molto attuale, visto che i dati Ocse ci dicono che il 47% dell’umanità è analfabeta, e noi italiani siamo all’ultimo posto in Europa! Cercando di contrastare questa legge e cambiare il mondo con il dialogo e la resistenza pacifica, come il paladino della non violenza da cui ha preso il nome, il professore Malcom viene condannato all'ergastolo in un carcere di massima sicurezza. La disperazione di non poter più sentire il profumo della carta lo getta nella disperazione ma un detenuto riesce a fargli avere della carta e una penna e tutto può cambiare... Un libro per tutte le età. Tocca il cuore di chiunque ami leggere e ci mostra un futuro digitalizzato in cui rischiamo di perdere il profumo della carta stampata.

Alessandra Sala

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Storia di un professore universitario che insegna scrittura creativa; viene condannato al carcere a vita con l'accusa di aver incentivato la scrittura con penna su fogli di carta quando erano stati vietati, completamente aboliti per favorire l'era digitale. In carcere rivive e trascrive (gli hanno consentito penna e carta) le ore passate con i suoi studenti che lo stimavano moltissimo, gli argomenti delle sue lezioni (amore, musica...), la sua vita in famiglia e qui mi ha confuso perché alla fine non sono stata più capace di capire dove stava la realtà e dove l'immaginazione. Un racconto che mi ha fatto temere quello che potrebbe essere un possibile futuro: non poter più sfogliare libri. Una frase bellissima: Scrivere qualcosa in maniera originale come solo un tratto di penna può fare: quanta competenza sarebbe andata per sempre perduta.

Franca Cerri

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Circolo dei lettori del torneo
di Robinson di Bologna "103"
coordinato da Stefania Bassi
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Le distopie sono un terreno molto battuto ma anche molto insidioso, non basta trasportare certe idee in un universo parallelo per farne qualcosa di nuovo e interessante. In questo romanzo dalla scrittura semplice mancano i guizzi di originalità, i concetti proposti non apportano nulla di innovativo, anzi a volte ho trovato indisponenti i giudizi e i numerosi luoghi comuni, e alla fine i personaggi non sono amabili o memorabili.

Stefania Bassi

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Ambientato in un improbabile futuro prossimo distopico, risulta poco credibile nelle premesse e nello svolgimento.

Le pagine del carcere non sono originali e anche le parole del professore sono piuttosto trite e banali nel loro intento didattico.

Melenso e affrettato il finale che è in parte scontato e in parte poco chiarificatore.

Non ne consiglierei la lettura.

Anna Merli

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Come sarebbe ritrovarsi in un’epoca in cui sono stati aboliti i libri di carta? Ci sono soltanto libri digitali e i giovani non sono capaci di scrivere a mano. Il nostro narratore rimpiange intensamente la carta stampata con tutto quello che rappresenta e in particolare come possibilità di sottrarsi ai condizionamenti del sistema. Purtroppo viene arrestato e condannato all’ergastolo. Incredibilmente in prigione riesce ad ottenere carta e penna e può così scrivere la storia della sua vita come marito innamorato, come padre felice e affettuoso e, soprattutto, come insegnante. Troviamo infatti le lezioni, intense e appassionate, che questo professore aveva tenuto ai suoi studenti con l’intento di stimolare e mantenere in essi la libertà di pensiero. Questa è la parte migliore del libro che offre spunti di riflessione e una bella scrittura. La storia invece, narrata attraverso flashback e salti

temporali, si svolge con qualche difficoltà a discapito della chiarezza.

Gianfranca Romagnoli

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Superate faticosamente le prime 60 pagine e forzatamente letto qua e là successivi passaggi, ho concluso che il romanzo non rientrava tra le mie preferenze.

Scrittura direi imbarazzante, lo stile pare quello che si incontra nei prodotti dei partecipanti a corsi di scrittura creativa, banale, pieno di luoghi comuni, frasi fatte, preconcetti se non pregiudizi.

Scontata la vicenda dell’amico professore, si capisce fin troppo bene e fin troppo presto dove si andrà a parare.

Si salverebbe l’idea di fondo, una società futura (si capisce fin troppo bene che l’autore tema sia anche troppo prossima) dove la scrittura è bandita, se non fosse trattata in modo così sciatto e banale.

Anna Maria Cappelli

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In un futuro possibile il governo metterà al bando la carta e tutto dovrà essere digitalizzato al punto che l'uso della scrittura e dell'inchiostro diventerà un crimine. il professore Malcom King verrà condannato all'ergastolo per aver manifestato contro questo provvedimento che di fatto consente la manipolazione delle coscienze, e in prigione racconta la storia della sua vita scrivendo su fogli di carta recuperati di nascosto dalle guardie. Tutto il romanzo è un avanti e indietro fra il tempo presente della prigione e il tempo passato in cui il protagonista si divideva fra l'insegnamento e la sua famiglia, composta dall'adorata moglie Lynette, il figlio Buddy e il grande amico Charlie. Dopo un bell'inizio coinvolgente, l'autore non riesce a mantenere la stessa tensione narrativa e in alcuni punti è un po’ noioso, però recupera con un finale sorprendente e pieno di speranza.

Giuditta Zucchelli

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La carta è un ricordo. La scrittura su carta è pure un ricordo che fa male a chi ha imparato da bambino a scrivere. Per l’ultima generazione la scrittura è solo su computer e ci sono sanzioni pesanti per chi non sta alle regole. Da qui parte il racconto di Onnembo che segue la vita del prof. King, insegnante di scrittura creativa e difensore della vecchia scrittura su carta. Poi la storia si complica. Il prof. King tenta una ribellione pacifica ma viene arrestato e condannato all’ergastolo. Dal carcere porta avanti la sua difesa silenziosa della scrittura e della memoria. Poteva essere una denuncia forte, un tema coinvolgente che vengono però stemperati da lungaggini inutili e da inserimenti fuorvianti. Solo King ha una presenza nella storia che dà un senso alle sue scelte. Gli altri personaggi (non moglie e amico) sembrano inseriti per confondere e deviare. Ben altra forza e determinazione ci arrivano da Bradbury nel suo Fahrenheit a cui Onnembo mi sembra essersi ispirato.

Anna Mantovani

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Alla prima lettura mi è piaciuto, una scrittura semplice, molti pensieri condivisibili, soprattutto da chi legge molto.

Molto americano e questo per me non guasta,

Due vite, quella da professore a Brownsville e quella in carcere.

Fino a quando arriva il colpo di scena. La scarcerazione e capisci che la vita che ha raccontato è quella che avrebbe voluto, non quella che ha vissuto.

La scrittura non è eccezionale, ma si legge bene e per questo lo passo.

Mara Boschi

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Interessante il tema proposto: digitalizzazione di tutto. I bambini possono solo digitare sul computer. I libri di carta spariscono. Avere libri e scrivere a mano è proibito e comporta processi e pene anche molto severe. In una prigione troviamo Malcon King condannato all’ergastolo perché si è opposto alla digitalizzazione (lesiva della libertà perché facilmente manovrabile), M K con l’aiuto del boss del carcere, in cambio di racconti, ottiene carta e penne e comincia ascrivere la sua storia di prof. di scrittura creativa. Il tema si perde e prevale il racconto del rapporto di M K con gli allievi; attraverso le sue lezioni sulla libertà, l’amore ecc. li porta a prendere coscienza di sé. Finale a sorpresa. I racconti de M k sono un sogno, la sua vita è stata diversa. L’amico Charlie gli ha rubato la fidanzata e ha contribuito alla sua condanna all’ergastolo. Dopo 35 anni di carcere viene liberato e un secondino appena trasferito gli confessa di essere stato suo allievo e che la sua vita è cambiata per quell’ incontro. Finale consolatorio.

Teresa Masina

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Circolo dei lettori del torneo
di Robinson di Roma 26 “Gruppo di lettura del Mise"
coordinato da Patrizia Ruscio
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L’istituto di medicina della “National Academies of Science” ha pubblicato uno studio nel 2006, secondo il quale negli Usa sono morti più di 7 mila pazienti all’anno a causa delle ricette illeggibili dei loro medici: entro l’ottobre del 2014 tutti gli ospedali americani si sarebbero dovuti attrezzare a rilasciare ricette elettroniche al posto di quelle scritte a mano. Non è poi dunque così tanto assurdo e surreale il mondo distopico descritto da Marco Onnembo nel suo “La Prigione di carta”, un libro che racconta di una società che ha bandito la scrittura su carta a beneficio esclusivo del digitale. Pagina dopo pagina l'autore ci accompagna in un viaggio in cui ancora possiamo rispecchiarci tutti: sfogliare le pagine di un libro appena comprato, con il profumo della carta, è impagabile così quanto leggere una lettera scritta a mano, o scrivere appunti mentre si segue una lezione in classe. Scrivere in corsivo presuppone legàmi. E la capacità di creare legàmi fra le cose appartiene alla categoria del pensare. Cosa succederebbe se un giorno tutto questo non fosse più possibile? "Finiremo per uccidere la fantasia dei ragazzi e ci porteremo un peso sulla coscienza che diventerà insopportabile", dice il protagonista del libro, un professore di scrittura creativa, nel momento in cui egli stesso si oppone al definitivo obbligo del governo americano di bandire la carta ed insieme la scrittura ad inchiostro. Pagina dopo pagina, in un plot lineare e morbido, ma non senza colpi di scena, ci si lascia volentieri trasportare, o ancora meglio cullare, dalla bellezza e dal calore dei legami, che l'autore sapientemente racconta attraverso il ricordo di un pomeriggio di lezione in classe, una giornata di semplice ménage familiare, mentre sullo sfondo ritrae la tranquillità della provincia americana, sebbene "così poco solerte così fintamente solidale, ma patinata". Che mondo sarebbe senza questi legami? Cosa altro è il pensiero se non un processo associativo che scaturisce dal fare legàmi tra diverse rappresentazioni mentali e dunque segno di capacità elaborativo-produttiva sul piano reale e simbolico? Il corsivo presuppone legàmi. Legàmi fra le lettere, contrariamente allo stampatello che si compone di grafemi isolati. Disimparare a scrivere in corsivo avrebbe delle conseguenze negative sulla correttezza formale del parlare e scrivere. Lo dice la scienza. Alcuni test dimostrano che nei bambini che digitano le lettere con la tastiera non si riscontra alcuna attività cerebrale di rilievo.

Marco Onnembo ha colto nel segno.

Fiorella Corrado

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Il titolo di questa opera prima (speriamo di una lunga serie) di Marco ONNEMBO ci introduce immediatamente nell’ambientazione della vicenda narrata.

La prigione in cui si trova il nostro protagonista, insegnante all’Università di scrittura creativa

ha tutte le caratteristiche di un’istituzione di tal fatta, ma è anche metaforicamente la prigione di carta appunto che ha condannato il protagonista a 35 anni.

Malcom King, questo è il suo nome, si viene a trovare suo malgrado in una situazione senza uscita.

Infatti, in un tempo indefinito, e distopico in cui viene emanato un editto contro l’uso di carta, penna e libro a favore della esclusiva cultura digitale, egli si ritrova unico propugnatore e strenuo difensore della tradizione, non da contrapporre al digitale, ma da affiancare a quest’ultimo.

La sua sarà una lotta solitaria che lo porterà in carcere, dove per sopravvivere alla disperazione ed al senso di sconfitta che porta nel cuore si dedicherà alla scrittura con carta e penna, fortunosamente ottenute in forza di un patto con la guardia carceraria: raccontare tutto ciò che insegnava nei suoi corsi universitari.

Malcom comincia a raccontare la sua esperienza di professore che si trova ad insegnare la cultura tradizionale senza gli strumenti del mestiere (carta e penna) a ragazzi che non li hanno mai conosciuti e che conoscono solo il linguaggio digitale.

Egli glieli magnifica con passione, cercando di evocarne le forme, i contenuti, i significati, i valori, come se ancora fossero utilizzabili.

 Insegna con amore Malcom, con empatia verso i suoi allievi, esercitando l’antica arte della maieutica per far uscire da loro il meglio di sé.

Questo lo stamperà indelebilmente nei loro cuori e nel nostro, quando ripenseremo ai temi, indimenticabili delle sue lezioni, ai personaggi tratteggiati con chiara limpidezza nella rievocazione di allora: ognuno con la propria identità precisa, infarcita di contraddizioni, come il suo amico Charlie, la moglie Lynette o il carceriere impietoso tratteggiato in un momento di fragile umanità.

La scrittura si rivela per il Nostro quindi un Giano bifronte: causa di condanna, ma anche di salvezza e sarà la stessa che ce ne restituirà ancora una volta, (semmai ce ne fosse bisogno), la profonda umanità.

 Toccante l’ultima scena, la sua vita e la sua grandezza si stagliano sullo sfondo finale di un riscatto non necessario, ma prezioso per il protagonista in pace con la propria storia.

 Opera notevole e di spessore, consigliatissima in questa estate da Tropici.

Marialuisa Albertone

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È cominciato piano piano e non ce ne stiamo rendendo conto, ma un giorno succederà davvero: libri giornali carta penne matite non solo spariranno dalla circolazione ma saranno considerati elementi pericolosi, sovversivi da nascondere.

Succederanno cose inimmaginabili, persino la puntualità sarà considerata un vizio.

Certo, si tratta di un romanzo di fantascienza ma nel medioevo che verrà, e verrà. Potrebbe succedere anche questo.

Mariaconcetta Gasdia

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Una storia d’amore, e non solo, quella del Professore Malcolm King con Lynette (la sua musa ispiratrice, nonostante tutto) e la scrittura.

Professore di scrittura creativa, arrestato e condannato all’ergastolo all’esito di un processo breve e senza difesa, per aver partecipato ad una “manifestazione pacifica” a favore della carta e della penna, in un periodo della storia in cui i vecchi libri erano roba da collezionisti ed erano stati banditi dalle università e dall’intero sistema scolastico americano.

Da anni, infatti, esistevano solo gli ebooks e incitare alla scrittura con carta e penna o alla lettura di manoscritti costituivano fattispecie di reato.

Per tale ragione il Professor King si ritrovò in una cella a rivivere i momenti più significativi del suo insegnamento (dalle lezioni sull’amore a quelle sulla verità), le storie che avevano caratterizzato la sua vita (come quella di Lynette e del suo più caro amico) e le contraddizioni della vita in carcere.

Uno sguardo nostalgico, quello dell’autore, rivolto all’epoca della pre-digitalizzazione, che ci insegna a guardare con moderazione il nostro tempo e contribuisce a voler conservare con cura nelle nostre case l’odore della carta.

Elvira Raviele

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La mia preferenza va a “La prigione di carta” che seppur attraverso intricati flashback temporali racconta, con la suspense di un romanzo giallo, una storia ricca di umanità, che spinge ad approfondire tematiche intime e sociali.

La storia sottolinea l’importanza dell’amore per la libertà, del pensiero critico e della passione per il proprio lavoro. La “prigione” scelta per il titolo ci rimanda in qualche modo ai mondi distopici che popolano le nostre piattaforme di intrattenimento e, in particolare, ai celebri libri “parlanti” del predittivo “Fahrenheit 451”, tratto da Francois Truffaut dall’opera di Ray Bradbury.

Molti i personaggi che si stagliano tra le pagine, originalmente descritti e che si muovono in un mondo ricco di ideali e di colpi di scena in cui i diritti umani e civili sono celebrati quale patrimonio da coltivare e da difendere da parte di noi tutti, soprattutto nel momento in cui non appare così chiara l’urgenza di ricordarne e celebrarne, quotidianamente, l’importanza.

Anna Maria Fontana 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Fermo "VillaVitali"
coordinato da Cinzia Centanni

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Questo è un libro perfetto. La trama, lo stile, la musicalità del linguaggio, i personaggi, i cambi di scena, il finale … è forse uno dei più bei romanzi che ho letto negli ultimi anni.

Una distopia solo appena futurista ( la pandemia ha accentuato la crisi del testo scritto soprattutto nelle scuole); un’ambientazione claustrofobica alla quale solo la scrittura e la lettura offrono respiro e libertà, il ruolo dell’insegnate come maestro di vita ed educatore nel senso di “conduttore” alla scoperta del vero sé.

Il Prof. Malcom King, docente di un corso monografico di scrittura creativa, è in carcere a vita per aver apertamente contestato la legge che vieta la produzione e la diffusione dei libri di carta. La legge prevede che tutto il patrimonio culturale degli Stati Uniti (forse del mondo ?) sia trasferito su supporto digitale e che non si possa più avere un supporto cartaceo per la scrittura e, di conseguenza per la lettura.

“Si può ancora parlare di scrittura, quando si digitano soltanto dei tasti?” e ancora “Non sapere più scrivere a mano fa perdere una facoltà intellettiva” e infine la questione delle questioni “Tutto ciò che è su supporto digitale è manipolabile e quindi la letteratura stessa può essere modificata perché non esiste più la testimonianza tangibile di ciò che è stato originariamente prodotto dall’autore”.

Queste sono solo alcune delle domande profonde e complesse che il romanzo sottende e che l’autore mette in bocca al protagonista.

“La prigione di carta” offre una sintesi terrorizzante tra "Fahrenheit 451" di Bradbury e “1984” di Orwell, ma lo fa in un’epoca in cui i due capolavori sono drammaticamente attuali.

Poi, dopo un corpo del romanzo che ci fa attraversare opere letterarie, personalità di studenti e colleghi, emozioni umane universali (l’amore, l’amicizia …) e che ti tiene attaccato alle pagine riga dopo riga, ecco la doppia rivelazione (naturalmente non la svelo) che corona il crimine dello stato contro la libertà del singolo con l’abuso dell’uomo sull’uomo per la più comune e perfida delle meschinità: l’invidia e la gelosia (la gelinvidia come la definiscono gli studiosi di psicologia).

E infine la speranza e il riscatto che non poteva venire altro che dai libri di carta, con la loro materialità, il profumo, la bellezza del tocco e dell’esperienza della matita che scorre su un foglio.

Grazie davvero a Marco Onnembo, scrittore giovane, sensibile, intelligente, che con questo libro fa onore allo scrivere e al leggere.

Giorgio Ripani

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Un romanzo che ti appassiona e non smette di sorprenderti. Un racconto denso di spunti di riflessione e di previsioni per il futuro che sarebbe meglio non si realizzasse mai.

Il libro narra la storia di un professore universitario che si trova a dover contestare una legge che abolisce l’uso della carta e dell’inchiostro, decretando così la fine dei libri e della scrittura per favorire la digitalizzazione di tutto. I ragazzi non sapranno più scrivere e i libri di carta non saranno più legali. Il professore subisce un processo per aver istigato i ragazzi a continuare ad usare la carta e le penne ed è condannato ad una pena davvero esemplare: l’ergastolo. Il racconto, fatto in prima persona dal professore, si snoda tra i ricordi della sua vita universitaria, del rapporto con la moglie e con il figlio, del suo quotidiano fatto di illuminanti riflessioni su come stia evolvendo il mondo e il presente che lo vede in carcere, costretto a dover rispettare le regole dei carcerati e l’umiliazione dei secondini…

Una storia comunque appassionante che poi viene stravolta da un finale inaspettato e crudele che però lascia spazio, nelle ultime righe ad un respiro di speranza per il professore e per tutta l’umanità.

Un libro davvero bello e da consigliare…

Carmen Napolitano

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L’autore Onnembo con il suo personaggio, professore Malcom King (sognatore), ci conduce ad una porta chiusa, che una volta aperta, ci fa scoprire l’insensatezza dei poteri forti. Vietare l’uso di carta e penna e digitalizzare forzatamente l’istruzione delle nuove generazioni sembra la più ovvia soluzione da parte dei governanti ottusi, i quali cercano così di inquadrare e sottomettere la vita delle popolazioni. Libro scritto benissimo, sembra un thriller, l’ho letto in meno di due giorni. Andrebbe dibattito nelle scuole

Giuseppe Natarella

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Formia “I lettori della libreria Tuttilibri”
coordinato da Enza Campino
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Libro distopico che raccoglie una forte denuncia sociale, mi ha a tratti ricordato 1984 di Orwell.

Nel mondo descritto da Marco Onnembo è reato scrivere a mano su carta.

Il professor King, protagonista del romanzo, è un insegnante di scrittura creativa, rinchiuso, insieme a delinquenti e assassini, in un carcere di massima sicurezza: ed è proprio questo appassionato professore, attraverso le sue pagine clandestine, a raccontarci la sua storia e a trasmetterci l'importanza della parola scritta, in un mondo in cui la digitalizzazione rischia di cancellare la nostra memoria e la nostra tradizione culturale, l'amore per i libri e la nostra libertà d'espressione.

E a lettura finita mi chiedo: davvero la predominazione della digitalizzazione è sempre utile? 

Riusciremo a conservare il profumo dei libri di carta nonostante il continuo progresso tecnologico?

Mi auguro proprio di sì.

Eleonora Ortolani

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Un libro iniziato a leggere senza troppe pretese, ma che, di contro, ha saputo catturare la mia attenzione fino all'ultima pagina attraverso una scrittura scorrevole e coinvolgente, capace di prendere per mano il lettore ed accompagnarlo lungo gli intricati sentieri della mente umana.

Lettura avvincente ed originale!

Romina Esposito

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Terribile l'idea che la carta sparisca, che il digitale ci divori, che ci si dimentichi anche di come si scrive.

Ancor di più che si possa essere puniti per aver tenuto in mano un libro.

Ecco servito l'incubo di ogni lettore, di ogni grafomane. Magari non del tutto originale, eppure mi ha catturato nelle sue intenzioni. 

Susanna Garofalo

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
L'iniziativa è riservata agli utenti maggiorenni. Questo sito non usa cookies.
Dubbi, problemi: torneoletterariodirobinson@giorgiodellarti.com
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