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La strada del mare di Antonio Pennacchi
Mondadori

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale”
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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Lo stile finto ingenuo, il linguaggio “arricchito” dal dialetto veneto che vivacizza tanti dialoghi e i battibecchi tra Pace e il marito, lo zio Benassi, ma che rallenta la lettura perché non sempre di immediata comprensione. Una ampia saga familiare confusa e caotica sullo sfondo di fatti storici realmente accaduti. Divagazioni storiche che interrompono il flusso del racconto. Fatti di vita quotidiana raccontati in modo disordinato, saltando un po’ qua un po’ là. So che Pennacchi è scrittore apprezzato. L’ho affrontato con curiosità (non avendo letto altre sue opere) ma non mi è piaciuto, almeno in questo suo romanzo e non lo consiglio.

Patuzzi Cristina Maria Luisa

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Continua la vicenda della famiglia Peruzzi che scesa dal Veneto nel basso Lazio negli anni ‘20 per colonizzare le terre bonificate dal regime fascista, deve combattere contro la dura realtà di terre deserte e malariche. Pagina dopo pagina siamo coinvolti dalle vicende dei numerosi componenti di questa comunità che si intrecciano con la storia italiana del dopoguerra. Nasce così un romanzo corale che affronta un periodo fondamentale ma poco conosciuto della nostra storia.

Maria Daniela Costanzi

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La strada del mare: una lettura appassionata e ricca di umanità, Pennacchi ha lasciato con i suoi libri la dolcezza delle parole che usa per descrivere i personaggi, a me sembra di averli conosciuti.

Elisa Ticconi

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Dopo Canale Mussolini e Canale Mussolini parte seconda il terzo libro di Pennacchi che ci regala un altro viaggio nel tempo in compagnia del clan dei Peruzzi capitanati da zia Santapace e Zio Benassi. Lo stile narrativo è sempre lo stesso: finto ingenuo che racconta in modo sarcastico e pungente la storia italiana attraverso le vicissitudini di una semplice famiglia, con l’utilizzo dei dialetti che questa famiglia ha ereditato dalla terra di provenienza. Purtroppo nonostante questo, il racconto è prolisso in certe sue parti e perde la verve che contraddistingue Pennacchi in Canale Mussolini, già scemata grandemente nel secondo libro. A volte sembra che l’autore riempia le pagine di altro, di divagazioni, solo per riempire di pagine questa narrazione

Lucia Zenobi

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Terza parte della saga della famiglia Peruzzi, “La strada del mare” continua a raccontarci le vicissitudini della famiglia emigrata dal Veneto e giunta nella pianura pontina a seguito delle bonifiche del periodo fascista. Il cammino dei protagonisti è perennemente in salita ma “bisogna andare avanti” e nel testo ci troviamo ormai negli anni Cinquanta, durante il cosiddetto boom economico, quando prendono avvio i lavori di costruzione della strada che da Littoria (divenuta ormai Latina) conduce al mare. È da qui che si dipana la nuova avventura in cui Pennacchi ci accompagna con la sua ineguagliabile ironia, facendoci sorridere, commuovere e rendendoci participi emotivamente delle vicende dei protagonisti. Un romanzo corale, intenso, scritto con uno stile scorrevole ed originale, che contribuisce a farci conoscere un pezzo di storia d’Italia. Consigliato

Cinzia Silvagni

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Pioltello “Biblioteca di Pioltello”
coordinato da Fiorenza Pistocchi
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M’agò inzognà un manto nero, Benassi. Un manto che m’involtoleva tuta e am fasea sofegar. Am parea propi da morir”, sogno premonitore che rivelerà poi l’indole, di fronte alle avversità, di andare avanti e “seguitare a lavorare” dei Peruzzi, numerosa famiglia veneta dell’Agro Pontino. Romanzo familiare di un clan che “…tanto uniti e volersi bene per davvero tutti quanti, non lo siamo mai stati”, nel contesto degli avvenimenti sociali e politici, dal dopoguerra al boom economico. La costruzione della strada che collegherà Latina al mare e della centrale nucleare, “Dalle paludi all’atomo” l’annuncio della stampa nel 1958, sono alcuni degli avvenimenti significativi della corsa verso il benessere. L’uso del dialetto in buona parte dei dialoghi e il tono colloquiale “... lei ricorderà… Come dice, scusi? “e spesso ironico delle vicende narrate, coinvolgono il lettore nella storia. Romanzo che, sebbene si dilunghi un po’ troppo nel raccontare alcune vicende storiche, nel complesso è intenso e profondo.

Giuseppe Maltese

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Uno scrigno dei ricordi che si apre su un centro Italia tra la seconda guerra mondiale e il dopoguerra. Quell’Italia povera, semplice, paesana che ancora oggi si scorge in qualche serie TV. Lo stile di scrittura lineare, quasi documentaristico che presenta in dettaglio dialoghi e situazioni.

Michele Re

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Grandi lettori
di Robinson
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Il problema è il ritmo, le clausole, la metrica di questo anti-épos che non sa scandire la saga dei Peruzzi con il magnetismo (pur stabile e regolare) di prose intergenerazionali alla Mann. Il rispecchiamento distorto tra Muse e Pace, cancheri della palude e marinai nostalgici, l’andare per mare e l’andare alla malora, maghe circuenti e beghine della Madonna della Valle, è frenato nella sua potenziale dinamica di fascino dalla lentezza del procedere dell’odissea. Neanche l’espressione in dialetto padano-laziale può ibridare la luce dell’Agro Pontino di sfumature di colore attraente. Le pagini migliori: quelle sull’assassinio di Kennedy. Immaginare l’intrecciarsi di vicende spicciole del basso Lazio con il grande corso di eventi destinati a memoria imperitura, ecco quest’osare immaginarlo offre la caratura del talento dell’autore.

Marta Rondi

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Terzo volume della saga dei Peruzzi, iniziata con Canale Mussolini con cui lo scrittore vinse lo Strega.

Non ho letto gli altri 2 e non avrei letto questo, non amo questo tipo di saga familiare, non amo l’ambientazione storica e questo modo di raccontarla.

Un libro estremamente lungo, seppur non letteralmente lungo. Inutilmente intricato e con una miriade di personaggi in parte trascurabili.

Interessante l’uso della prima persona che si rivolge al lettore ma non riesce a coinvolgerlo a pieno.

Non arriva al cuore, ed essendo un romanzo, dovrebbe.

Cristina Meglioli

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“La strada del mare” di Antonio Pennacchi è ambientata a Latina negli anni ‘50. La storia italiana del dopoguerra si mescola con la storia della famiglia Peruzzi. La famiglia veneta Peruzzi si è trasferita a Latina durante l’epoca fascista, dopo la bonifica dell’Agro Pontino. Il dialetto veneto si scontra con la parlata laziale, mettendo in contrapposizione la prima generazione emigrata e l’integrazione dei più giovani con l’ambiente che lo circonda. Gli eventi familiari si mescolano con la famiglia Kennedy, l’attrice hollywoodiana Audrey Hepburn e altre personalità storiche del periodo. Nonostante la minuziosa precisione storica delle vicende italiane la narrazione risulta a volte molto lenta e dispersiva, facendo quasi fatica a ricordare tutti i personaggi che si susseguono.

Beatrice Adeante

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La Strada del Mare di Antonio Pennacchi è scritto divinamente e questo permette di immergerti nella lettura di una saga familiare ambientata in un periodo storico difficile e discusso della storia italiana. L’autore riesce a coniugare la pura narrativa con la storiografia. Entusiasmante.

 Federica Boncristiano

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Potrebbe essere questa una storia di puro realismo magico dove ci si chiede quali altri mondi esistono nel nostro pulviscolo, se abbiamo bisogno di sorsismi per il demonio dei puteleti, della strolega che parla con le ombre, dove le galline per farle uscire dal recinto attraversano la sala da pranzo, di oltremondi bislacchi, di sacri ancestrali poderi, di chi amministra e amminestra, delle bubole, di fondazioni e latifondi e privì. È invece un’epica di tempi duri e luoghi malarici, di case dove si nasceva e si moriva nello stesso giorno, di uomini e donne amorevolmente ruvidi e di grandi famiglie, perché: “E l’alveare che conta, non la singola ape” - diceva l’Armida.

Roberta Giovannetti

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Antonio Pennacchi ha il vizio (e la virtù) di tenerti per mano lungo tutte le pagine del suo libro. Ogni tanto ti abbandona, ma poi ti viene sempre a prendere. La scrittura asciutta e armonica in un tempo solo ti permette di avere una tua visione delle cose, concede la possibilità di acuire il proprio spirito critico rispetto ai fatti della storia italiana. La famiglia Peruzzi (e Otello in particolare) alla fine diventano i tuoi famigliari, semplicemente perché in passato lo sono già stati, perché da loro, da noi, parte ogni strada che conduce al mare.

Gaetano De Virgilio

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Per quanto l’inizio in medias res possa risultare stimolante, l’interesse diminuisce drasticamente, pagina dopo pagina. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a un testo decisamente sovraccarico di informazioni. Inoltre, in diverse occasioni, l’autore si rivolge direttamente al lettore, spezzando la linea principale del racconto. La fitta rete delle vicissitudini dei personaggi, frutto dell’inventiva dell’autore, si intreccia con una meticolosa indagine storica. L’interpretazione in chiave comica della realtà della famiglia Peruzzi crea una connessione empatica tra il lettore e i personaggi e conferisce leggerezza al racconto.

Karolina S. Biec

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Roma 27 “AnieneLegge”
coordinato da Luigi Bonito

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Pennacchi è un narratore senza vuoti. L’ambientazione dei suoi romanzi, la brillantezza delle immagini che riesce a costruire, la definizione dei personaggi e dei loro diversi caratteri, il dialogo che si innesta sulla trama dandole ritmo e pienezza, sono aspetti che raramente si riescono a incontrare tutti insieme in un solo romanzo. La strada del mare ritorna nei luoghi di Canale Mussolini e riprende le fila delle storie, di Zio Benassi e dei Peruzzi, per proiettarle sullo schermo della Storia, del boom degli anni ‘50, dando alla narrazione un respiro epico che pochi scrittori sono in grado di restituire – peraltro, nel caso di Pennacchi con una buona dose di ironia – al lettore.

Fabrizio Ravidà

 

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Pennacchi fa letteratura con il suo linguaggio “sporco”, infarcito di dialetti, un po’ alla Fenoglio (con tutto il rispetto, chiaramente) anche se i luoghi e le lingue che si mescolano con l’italiano sono diversi. Chi non ha letto i due capitoli precedenti della saga farà un po’ fatica ad entrare in sintonia con la narrazione, a immedesimarsi nei molti personaggi (ed è normale che ciò avvenga), ma in ogni caso a poco a poco si entra nel vivo del racconto, e ci si resta con piacere: Pennacchi ci porta indietro nel tempo, in una Storia che è la nostra e che si rivela intessuta e alimentata dalle storie umanissime che avrebbero potuto essere le nostre o quelle dei nostri padri. Un libro tragico, comico e a tratti commovente. 

Matteo Giuffrida

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Affascinante affresco storico e umano questo terzo libro di Pennacchi sull’Agro Pontino del dopoguerra, in cui il lettore diventa spettatore partecipe delle vicende tragicomiche di questa formidabile ingegnosa famiglia Benassi Pizzetti, vicende che l’autore alterna sapientemente con i grandi avvenimenti politici dell’epoca. Il tutto, anche gli eventi più tragici, viene narrato con leggerezza e spesso con umorismo. È un libro ottimista nonostante le descrizioni della povertà e del sacrificio di queste genti che dall’Altitalia vengono trapiantate in una terra ostile che nulla concede se non la speranza di una vita migliore da guadagnarsi con il sudore della fronte. E la strada del mare ne è il risultato finale, il sogno che diventa realtà: “verum factum” come dice il romanzo.

Maria Claudia De Petris

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Pennacchi chiude la sua saga sulla famiglia Peruzzi e ci mette tutta la sua forza narrativa, la sua idea di romanzo, fatta di ricostruzione, documentazione, originalità, linguaggio. Gli anni del boom, la fondazione della sua Latina, si intrecciano con le storie personali dando vita a un romanzo storico e di formazione, dove formazione significa crescere, confrontarsi col tempo e con la storia, ma anche scoprire il mare, costruire una comunità.

Rosa Polacco

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Si tratta di una epopea, il trasferimento di centinaia di contadini dal Veneto ma anche dall’Emilia nella zona delle paludi pontine appena bonificate. Antonio Pennacchi è un abile e appassionato scrittore che a questo argomento ha dedicato gran parte dei suoi scritti fino a vincere Lo Strega con Canale Mussolini. Sono ricordi personali, emozioni provate, sentimenti autentici. C’è l’attaccamento dei vecchi alle terre lasciate lassù nel nord e la speranza di un futuro migliore per i loro figli in questa terra intorno alla vecchia Littoria dura da coltivare. Non è un caso che molte frasi siano in dialetto veneto, il segno di una memoria che non passa. Il limite di questo testo è di essere un monologo di circa 500 pagine e quindi di proporsi come una lettura faticosa. Neanche Tolstoj ci sarebbe riuscito. L’altro limite è la folla di personaggi: fratelli, padri e madri, cugini, zii lontani e vicini, nonni, amici, una folla che impedisce al lettore di seguire un filo conduttore in un affastellamento che però, grazie alla scrittura, ha comunque il suo fascino.

Simonetta Robiony

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Parte alla grande il libro di Pennacchi, sessanta pagine lette di un fiato, una evocazione di una saga familiare di emigrati veneti nelle paludi pontine densa di personaggi e storie intense, avvolgenti e commoventi. Originale e tutta sua, vedi il suo libro “Canale Mussolini” la sua scrittura italo veneta.
Purtroppo a questo lungo e appassionante incipit segue una ripetizione lunga sempre uguale delle storie che non si sviluppano ma riprendono sempre lo stesso scenario senza articolarsi in una evoluzione narrativa.

A ciò si aggiunge una serie di inserti che parlano dei fatti storici tra la seconda guerra mondiale fino agli anni 60, anche questi inutili per la narrazione e oltretutto ben conosciuti ad un lettore anche scarso di cognizioni di storia, per tirare la volata ad un finale che legherebbe la costruzione della strada da Latina al mare all’assassinio di Kennedy.

Comunque meglio, senza nessuna possibilità di confronto, del libro sulle Ciociare di Capizzi.

Luigi Bonito

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La saga dei “Peruzzi” di Antonio Pennacchi comprende questo libro e che riprende il filo della narrazione del “Canale Mussolini” che trattava della vita e le vicende di una famiglia di contadini facenti parte del grande esodo dal Veneto dal Friuli e dal Ferrarese, a seguito della bonifica delle paludi Pontine. “La strada del mare” illustra la vita e le vicende della seconda generazione dei “Peruzzi”. 

Il racconto è godibilissimo, svolto in un contesto colloquiale che lo rende agile, spesso ironico, spiritoso ma mai superficiale. 

Il romanzo abbraccia un periodo comprendente la caduta del fascismo, la fine della seconda guerra mondiale e prosegue con le modifiche sociali conseguenti al passaggio della popolazione, delle zone Pontine, da componenti di Comunità tacite famigliari, già obbligate per legge a mantenere i poderi indivisibili, ad una diaspora tra i componenti della Comunità stessa. Si aggiunga l’industrializzazione che obbliga la grande quantità di contadini abituati a vivere all’aperto a diventare operai. (un cambio di vita spesso difficile che ho potuto riscontrare da vicino). Il romanzo prosegue come una cronaca: l’emigrazione, il potere della D.C., la speculazione edilizia, la crisi dell’Ungheria, il rock and roll, Trieste all’Italia, Pio XII, l’esodo verso il nord, sino a Kennedy. Qui il racconto prende colori fantastici e poetici. 

È stato un romanzo che ho avuto il piacere di leggere tutto di un fiato, riconoscendo lo stile e la grande umanità, che ne traspare, di un grande autore. 

Filippo Rebecchini

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Il libro si lascia leggere velocemente e facilmente. Il racconto di una vita semplice, lasciando intravedere la storia del periodo in cui questa vita si è svolta, è facile e tutto sommato molti avrebbero il desiderio di raccontare la propria esperienza. La vita di ognuno di noi ci sembra speciale e degna di essere raccontata, ma spesso non è così e ancor più spesso non abbiamo i mezzi letterari e culturali per farla diventare un libro. Canale Mussolini aveva un altro spessore, forse anche perché rifletteva i drammi della guerra, (mentre qui ci confrontiamo con la lotta alla povertà del dopoguerra), e vi era tutto il desiderio di Antonio Pennacchi, covato per decenni, di raccontare la sua storia. Per scrivere però un secondo libro bisogna essere scrittori veri e credo che Pennacchi, con tutta la sua umanità e la mia ammirazione, non lo sia stato.    

Fernando Sonnino

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Con l’ultimo romanzo di Antonio Pennacchi si chiude forzatamente la saga familiare dei Peruzzi, “un feuilleton operaio”, protagonisti i Peruzzi ed i loro sogni, il paesaggio della pianura malarica ed inaspettatamente il jetset internazionale, Audrey Hepburn, John Kennedy, Jacqueline Bouvier. I Peruzzi con i loro nomi operistici sono ancora i candidi attori di un melò nostrano dove progetti e sogni si strutturano, e forse si avverano, con il diploma, la fabbrica, la piccola proprietà contadina con i fiori nell’orto e ti accorgi che Pennacchi ti incanta mescolando memoria, storia e magia. Deve farlo, onorare i suoi morti. Mentre ‘contavano’ del dolore la zia Antinesca, la zia che parla con le ombre, si raccomanda: Inpara ben a lézare e scrìvare, toso! No star desmentegarte gninte e così se Dio vorrà, tea scrivarà ti, la istoria de nantri. La narrazione segue l’evoluzione del paesaggio da scenario paludoso, il deserto mortifero della Selva di Terracina tra fossi, pozzanghere, stagni e canali, fino alla sua bonifica in Agro Pontino. La scrittura aderisce ai pannelli del ciclo pittorico di Duilio Cambellotti al Palazzo del Governo di Latina: la piana redenta, bonificata con disboscamento ed appoderamento dagli ex combattenti, diventa campagna, cibo, integrazione e dignità, financo ‘Paradiso dell’Agro’, distesa di terre fertili con quel portento di strada che da Latina va al mare. Intanto negli anni 50 l’autore canta con Nilla Pizzi e Claudio Villa Chi gettò la luna nel rio, Chi la gettò? e con un primo scarto nel fantastico pian piano gli par di vedere, nella foresta di Sabaudia di notte, una selva giunglosa come negli amati romanzi di Kipling, dove, tra topi e canne autoctoni ed eucalipti alloctoni come i gatti ed i coloni compaiono un puma, una lince, una tigre, un cinghiale arrabbiato, mentre sugli argini del canale, passeggiando tra canne ed eucalipti, appare l’ombra di Ligabue, intenta a disegnare tigri tremolanti (Ligabue il pittore, no il cantante) È colpa del vento, che dal Sisto e gli eucalipti esala filtri e misture magiche. Con gli anni ‘60 il registro narrativo, forse ancora per colpa del vento del Sisto tra gli eucalipti, sfuma nella magia spionistico-esoterica verso docu-fiction, spy-story ed anche fantascienza con la comparsa della Cia, dei servizi segreti, financo degli alieni dell’avvistamento Roswell in Nuovo Messico. Tra narrativa storica e narrativa fantastica l’autore tratteggia l’ontica del potere del capitalismo gringo attraverso la presenza di personaggi famosi degli anni ’60 come John Kennedy, descritto un po’ come eroe di guerra sopravvissuto grazie a una noce di cocco e un po’ malavitoso appartenente al clan Riina. Nel finale si disegnano sulla duna, senza imago, le orme dei fantasmi di John e Jacqueline sotto il cielo stellato ed il Plò-plòplò-plòtp! dell’elicotterone grosso dell’Us Army. Il lettore è smarrito tra cronaca e fantasia, ma realmente questi personaggi sono passati per Latina e Pennacchi insiste: È tutto vero, o quasi e, rifacendosi alla poetica di Aristotele, chiede il diritto alla non verosimiglianza “Alla fine non so dire cosa è falso e cosa è inventato” un racconto è un racconto e non gli si va anche per educazione a rompergli le scatole cercandone le pulci.

Bruna Pollio

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Circolo dei lettori del torneo letterari odi Robinson
di Milano 6 “Critici in progress”
coordinato da Barbara Monteverdi
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Davvero un bell'affresco di umanità varia, tanta tanta umanità. Famiglie venete, umbre, marchigiane a mischiare sangue e sudore nell'Agro Pontino dalla fine degli anni '40 e oltre, durante il dopoguerra e la ricostruzione. Littoria/Latina che si popola di ragazzini vocianti, sgarrupati e determinati, pronti a rubare assi di legno per costruirsi capanne e barconi che affondano nel primo fosso, dolori e allegrie a ritmo continuo e molta povertà. Mi sono commossa, sono esplosa in risate incontenibili a ritmo continuo, come su di un ottovolante e avrei voluto che questo libro non finisse più.

Barbara Monteverdi

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Circolo dei lettori del torneo letterari odi Robinson
di Vigevano “Circolo bibliosofia”
coordinato da Raffaella Barbero
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Terzo romanzo della saga della famiglia Peruzzi, ambientato in Italia, negli anni Cinquanta, nel paese di Littoria, ora Latina. Non ho letto i romanzi precedenti, e ho faticato molto nella lettura di questo. Il libro è denso di personaggi, ne ho perso il conto dopo poche pagine, sono descritte innumerevoli fatti familiari, che non hanno reso molto scorrevole la lettura.

Sono descritti anche molti accadimenti storici, non solo riguardanti l’Italia, ma di come questi, ad esempio quelli americani, abbiano influenzato l’opinione pubblica italiana. Ricca anche la prosa, grazie all’uso del dialetto, che rende più veri e coloriti i dialoghi.

Maria Basiricò

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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