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L.O.V.E. Libertà. Odio. Vendetta. Eternità di Giancarlo D’Arcangelo

Saggiatore

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
“I mercoledì del libro”
coordinato da Leda Ruggiero

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 “E’ dal momento che ormai mio padre è disperso nell’universo, eccovi la mia verità, con tutti i suoi aculei”.

Giordano, voce narrante, è l’ultimo erede della sua famiglia: il nonno vendeva cianfrusaglie nelle fiere paesane, “scorrazzando in lungo e in largo per tutto il Mezzogiorno”; il padre Italo ha accumulato, predato a oltranza, dominando senza scrupoli, in nome di un unico imperativo morale: l’autoaffermazione.

Isacco è il suo erede designato, ambizioso e amorale; la sorte lo farà perire in Iraq.

Muore con lui il sogno di un erede forte e intrepido, alla guida di una piovra di espansione planetaria con un fatturato superiore al miliardo di euro.

Alla morte di Italo, stroncato da due infarti, Giordano deciderà di affondare, distruggere, annullare la Sunrise Inc. un impero tentacolare: purificare per purificarsi.

La sua modernità è rappresentata dall’obesità di Giordano: eccesso, sovrabbondanza, esagerazione di sebo, una corazza di adipe, necessario e utile cuscinetto tra la coscienza e la vita.

Graziella Iannuzzi

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Giancarlo Liviano D’Arcangelo , nel suo romanzo "L.O.V.E." ( inteso come acronimo di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità), pubblicato da Il Saggiatore, propone una saga familiare imponente e fluviale.

Italo Giordano, il patriarca e fondatore di un impero economico, e il figlio maggiore Isacco, pensano solo alle sorti della Sunrise Inc. e ai relativi, cospicui guadagni, ottenuti spesso in modo a dir poco spregiudicato.

Padre e primogenito, destinati entrambi n modo a dir poco spregiudicato.

Padre e primogenito, destinati entrambi a una fine prematura, sono accomunati entrambi da un atteggiamento predatorio riguardo all'espansione del capitale, come pure nei confronti delle donne: niente scrupoli né remore, sia in affari che nel sesso. Solo avidità, eccessi, sfrenatezze di consumo sembrano dare senso alla loro esistenza.

L'io narrante è il figlio minore, Giordano Giordano - singolare già a partire dalla ripetizione del cognome nel nome - , diverso in tutto, nell'aspetto fisico, nelle inclinazioni, nei comportamenti e nelle abitudini, nonché, soprattutto, nell'atteggiamento verso l'impresa familiare, che, inizialmente ignorata o trascurata, si troverà suo malgrado a dover guidare.

Una volta trovatosi a capo della Sunrise, Giordano oscilla tra il desiderio di cambiare tutto, e quello di provare, senza crederci affatto, a continuare l'opera del padre e del fratello. Un ritratto cinico e spietato del capitalismo e di una società in cui il potere è solo sopraffazione, e la gestione e le relazioni si riducono solo al possesso, declinato in tutti i suoi risvolti più atroci.

D'Arcangelo affronta un soggetto difficile, senza però raggiungere né una sufficiente tensione narrativa né tanto meno una compiuta costruzione critica e teorica, e lascia nel lettore solo confusione e senso di impotenza.

Maria Carla Zarro

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L'eterna dialettica padre-figlio é il motivo conduttore del romanzo che, attraverso questo strumento, rinnova una riflessione sul capitalismo e sui suoi esiti sulla società e sulla psiche degli individui.

Il figlio, Giordano, afflitto da un'obesità che lo relega inizialmente ai margini della considerazione sociale e degli affetti familiari, subisce la figura paterna che si rappresenta come lo spettro del titanismo di un moderno Prometeo proteso verso una concezione economicista della vita e delle relazioni. Italo, nella ascesa impetuosa che lo accomuna , per molti versi, al personaggio verghiano di Mastro Don Gesualdo, si é fatto da sé disprezzando i compromessi e le liturgie del potere ma rivela una condizione di solitudine e fragilità di fronte alla malattia e alla morte.

La famiglia é totalmente aggiogata alla sua ansia dell'accumulo e al feticismo verso i simboli del potere e della ricchezza e, pur nella apparente perfezione, è malata di anaffettività e individualismo narcisistico.

Destinato alla successione nella gestione della Società, é il figlio maggiore Isacco sul quale l'inetto Giordano proietta i segni del doppio paterno,con tutti i suoi idoli. Giordano lo osserva, lo invidia per la bellissima e infelicissima moglie Erica ma senza lo spirito corrosivo e livoroso della rivalità, quasi consapevole anche lui, sempre pirandellianamente “fuori ruolo”, del naturale diritto alla successione, del fratello.

Giordano confessa di aver incosciamente coltivato la sua condizione di obeso per rendersi visibile agli occhi del padre che invece, come Isacco, è snello e muscolare ma sarà proprio lui, il figlio trascurato, che assiste il padre nel periodo della malattia e della morte, ad assumere lo scettro del comando della Società. Nei lunghi giorni trascorsi al letto del genitore ormai fragile e insicuro, in un tempo di inconsueta intimità, egli apprende i “codici più segreti per decifrare l’enigma della vita” e le strategie truffaldine dell’ascesa paterna.

Da questo momento, l’obeso e marginale Giordano, si rivela imprenditore capace e illuminato che si impegna per rinnovare il modello di un capitalismo umano, sulla falsariga di Adriano Olivetti. Ma questa esperienza si rivela ai suoi occhi fallimentare perché gli appare evidente che il capitalismo non è riformabile, strutturato com’è sulla violenza e la sopraffazione: non si può essere che vittime o carnefici.

Ora l’inconscia aspirazione al parricidio che ha coltivato fin dall’infanzia, può trovare realizzazione in tutta la sua complessità, a cominciare dal funerale del padre, grottesco nella solennità pacchiana e concomitante casualmente con la cerimonia chiassosa e volgare del matrimonio di Erica, la vedova di Isacco che Giordano ha invano desiderato quando il fratello era in vita.

Giordano adesso è preso dalla smania di un “cupio dissolvi” personale ma finalizzata soprattutto alla demolizione della Società: cancella per prima cosa le utopie riformatrici grazie alle quali aveva cercato di umanizzare i rapporti di produzione e mette in atto anche lui le strategie del più bieco capitalismo mentre alimenta malignamente la leggenda, ormai logora della sua famiglia.

Solo così gli incubi, che lo ossessionavano mentre era un imprenditore illuminato, si dissolvono perché si è liberato dai sensi di colpa che lo tormentavano da quando le condizioni di lavoro gli erano apparse disumanizzanti ma connaturate inevitabilmente al sistema capitalistico. Intanto completa la sua personale discesa agli inferi il demone del gioco che travolge definitivamente la Società.

Il parricidio è compiuto. L’ultimo sguardo è la contemplazione delle ceneri paterne. Adesso, moderno Vitangelo Moscarda, può nascere il nuovo Giordano, obeso sempre ma pacificato.

Annamaria Scibelli

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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