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Mi prendo il mondo ovunque sia di Letizia Battaglia con Sabina Pisu
Einaudi

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Messina 2 “La Gilda dei narratori”
coordinato da Roberta D’Amico
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Ammetto che quando si parla di Sicilia ho sempre un debole nel “premiare” gli autori, ma stavolta ho trovato questo saggio molto difficile da leggere. Ho faticato parecchio per concluderlo e non mi ha lasciata soddisfatta.

Personalmente penso che la prima parte, quella trattata dalla fotografa Battaglia sia più un’autobiografia, dove parla della sua rinascita come donna, madre, lavoratrice, fotografa e del suo impegno politico. Ho apprezzato il suo ideale di lotta contro la mafia e in particolare ho apprezzato il racconto in cui, quasi per caso, si è trovata “narratrice” dell’assassinio di Piersanti Mattarella; la fotografa, infatti, racconta che, pur se con il cuore pesante, ha fatto una scelta, tra dolore e rabbia, quella di raccontare quel momento straziante, di cristallizzare l’orrore. Tutte le foto, quelle dei morti ammazzati dal morbo della mafia, anche se dure, erano, sono e saranno necessarie a scegliere: scegliere da che parte stare, scegliere di non nascondersi, di ribellarsi a chi vorrebbe comandare con la forza.

Tuttavia, ho avuto spesso difficoltà perché la stessa ha una scrittura farraginosa e spesso confusa, tra un passato in cui accavalla date ed eventi.

Purtroppo la seconda parte, scritta dalla Pisu è stata altrettanto, se non di più, difficile da sostenere e portare a conclusione.

Ho trovato questo saggio/autobiografia davvero lungo e faticoso, probabilmente poteva essere anche ridotto, ci sono stati passaggi ridondanti e spesso mi è sembrato un flusso di coscienza infinito, con una pessima punteggiatura e periodi interminabili.

Giada Costa

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Biografia interessante e appassionante sulla vita della fotografa palermitana Letizia Battaglia che ha fatto della fotografia uno strumento di lotta contro la Mafia. Nella sua vita il privato è fortemente interconnesso con la passione civile per una società fondata sulla cultura, la legalità e la giustizia. Battaglia ci insegna come la lettura e la cultura dell’immagine possano rendere gli individui dei cittadini migliori sviluppando il senso civico che ci porta ad avere maggior rispetto delle nostre città e delle istituzioni dello Stato. Un libro quanto mai attuale visto la tendenza sempre più diffusa da parte di alcune frange della popolazione di avere un concetto alquanto distorto della libertà – spesso intesa in senso negativo come libertà da – che alimenta la sfiducia nelle istituzioni e sostiene la presenza di una fantomatica dittatura sanitaria, senza accorgersi che un simile atteggiamento favorisce le mafie e il controllo che queste hanno del territorio. Non ero a conoscenza dell’avventura editoriale e dell’esperienza politica di Letizia Battaglia e ho apprezzato che lei abbia parlato anche di questi aspetti della sua vita. Il fatto che tenga sul comodino l’Ulisse di Joyce mi ha riempito di gioia. Avrei assegnato il mio voto a quest’opera ma, a mio parere, si avverte troppo la voglia della co-autrice Sabrina Pisu di mettere troppa carne sul fuoco col risultato di rendere il libro poco scorrevole e ripetitivo.

Piuttosto, a mio giudizio, avrei strutturato la biografia in maniera diversa, trasformando la seconda parte in appendice e lasciando soltanto i capitoli sull’esperienza editoriale, la carriera politica della fotografa e infine l’intervista al sindaco di Palermo Leoluca Orlando. L’intervento parlamentare del giudice e deputato Cesare Terranova in cui si definisce l’omertà e si tratta del rapporto tra mafia e politica l’avrei inserito nell’introduzione, che trovo ben impostata.

Infine ci sono troppi errori e svarioni grammaticali.

Roberto Cavallaro

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Bella avventura personale, intima. Nonostante Letizia, la sua storia, il suo impegno, i progetti che ha realizzato siano noti e abbiano avuto un impatto per la comunità e per molte persone più o meno vicine a lei, ho apprezzato l’aspetto introspettivo, personale della narrazione. Prima che una storia pubblica è una storia privata. È un diario di emozioni, paure, traguardi, riscossa di una persona, incidentalmente nota ad altri, ma che avrebbe avuto non meno valore e bellezza se avesse riguardato un perfetto signor nessuno. Al di là della fotografia, Loredana rompe gli schemi: non solo sul ruolo della donna a Palermo in decenni non semplici, ma soprattutto sul porsi di fronte a quello che spesso opprime in posti come la Sicilia. Non solo la mafia, ma la difficoltà di fare qualcosa di non canonico, come ad esempio la fotografia. Cambiare la mentalità delle persone con l’esempio: non predicare, ma semplicemente fare. Vivere la propria cultura e i propri valori. E avere la pazienza di aspettare di avere effetto su chi ci è intorno, anche se ci vorrà molto tempo. L’esempio di avere dei sogni e impegnarsi con costanza e tenacia per realizzarli, non attribuendo mai valore o forza superiore a nessuna delle possibili difficoltà che si incontreranno. Il titolo è quindi ben scelto.

Una nota a margine riguardo la mafia. Sono cresciuto in un periodo in cui scrivere o parlare di mafia era un argomento totalizzante. Provo a spiegarmi: guardando ad esempio film come la Piovra, 100 giorni a Palermo, ecc. sembrava che a Palermo ci fosse solo mafia e che i palermitani passassero ogni ora della loro esistenza a contatto col crimine. Come ben poi sintetizzò anni dopo PIF, nel frattempo in Sicilia le persone lavoravano, si incontravano, amavano, andavano al mare, avevano sogni e ambizioni, ecc. semplicemente avevano una vita, come in tutte altre parti del mondo. Ma questa dimensione, nella rappresentazione letteraria o televisiva gli era totalmente negata. Apprezzo dunque molto il modo in cui Letizia tratti anche del problema mafioso ma ponendolo sullo sfondo, certo importante, predominante in certi momenti, ma solo uno degli elementi della sua esistenza. Ho letto il libro qualche settimana fa e ho già dimenticato molti dettagli, le mostre, le specifiche iniziative. Ma andati via successi, riconoscimenti, difficoltà e ostacoli, questo è quel che resta e resterà in me: l’idea di una donna coraggiosa, che ha saputo raccontare una storia dal di dentro. Queste mia recensione è quindi positiva soprattutto su Letizia, ragazza prima e donna poi, e del modo in cui si è approcciata alla narrazione. Il libro in sé è a volte lento a volte ridondante, ma di certo è una storia che meritava di essere raccontata.

Dino De Luca

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Non avevo mai sentito parlare, lo confesso contrito, della siciliana Letizia Battaglia, fino allo “scandalo” delle modelle-Lolite del servizio fotografico sulla Lamborghini di fine 2020. MI ero perso molto! Una grande siciliana, molto legata alla sua Palermo, dove è nata e cresciuta, socialmente e professionalmente. Abbastanza restìa a scrivere di sé, è convinta da Sabrina Pisu, coautrice di questo libro, a vergare la propria autobiografia, che ci troviamo ora davanti. Nata a Palermo, si trasferisce con il padre al nord per poi tornare in Sicilia. Pur non descrivendo apertamente il genitore come un vero padre-padrone di leddiana memoria, pure ci dice che a sedici anni si fa la sua “fuitina” nella speranza di liberarsi da una figura maschile oppressiva, ma in realtà cadendo nella brace di un marito che la ama, a modo proprio, ma che non le conferisce abbastanza spazio per la propria realizzazione personale, per esprimere quelle potenzialità umane e sociali che sente potenti dentro di sé. Nemmeno la nascita di tre figlie, che ama visceralmente, servirà a salvare il matrimonio. Si lega sentimentalmente a Santi Caleca che la spinge verso la fotografia e che diventerà uno strumento privilegiato per aprirsi una propria strada nel mondo. Vive in prima persona il Sessantotto frequentando gli ambienti esclusivi e dinamici dell’epoca, “succhiando fino al midollo” quella fantastica esperienza. Viene assunta al quotidiano palermitano “L’Ora” come fotoreporter e sarà testimone della guerra civile che insanguinerà negli anni ‘70-’80 il capoluogo siculo, di cui lascerà, insieme a Franco Zecchin, ampie testimonianze iconografiche. Fino al Centro Internazionale di Fotografia fortemente voluto e poi realizzato anche con il contributo dell’amico sindaco Leoluca Orlando, creatura che poi lascia non senza rammarico, per incomprensioni.

Mi prendo il mondo ovunque sia è la storia della vita ma soprattutto dell’impegno civile e politico di una donna che non avremmo difficoltà a definire femminista, se lei stessa non abborrisse questo termine. Molti dei suoi soggetti fotografici sono donne di ogni età, da bambine ad anziane, viste con l’occhi di una donna, dandone una rappresentazione diversa da quella convenzionale maschilista. Se questa scelta sia dipesa da una sostanziale sfiducia nel genere maschile, come da lei stessa sostenuto in questo libro, non sappiamo, ma godiamo di un punto di vista innovativo. È la storia di una donna che, nonostante abbia viaggiato molto e abbia conosciuto migliaia di persone, sembra rimanere solitaria e gelosa di questa solitudine. Non facciamo, però, l’errore di scambiare il bisogno si solitudine con l’egoismo: Letizia rimane una persona dal cuore immenso.

L’opera non avrà grande valore letterario, ma rimane la gradevole e potentissima testimonianza di una donna, che ora, avanti con gli anni, fa un ultimo decisivo sforzo per offrirsi alla gente.

La seconda parte dell’opera è un’analisi di Sarina Pisu. Interviste, testimonianze, che poco aggiungono al racconto di prima mano di Letizia Battaglia.

Letterio Rizzo

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Ho letto Mi prendo il mondo ovunque sia con curiosa avidità e confesso di averlo finito in poco tempo, nonostante il numero corposo di pagine e l’editor che è in me dal sopracciglio alzato che avrebbe tagliato, aggiustato e ridimensionato moltissime di quelle stesse pagine corpose. Il pregio di questo libro dal volto doppio, un po’ intimo memoir, un po’ saggio d’approfondimento, è proprio il suo presentarsi, all’inizio, come un racconto puro e semplice, che noi lettori leggiamo, o quasi ascoltiamo, con grandissima partecipazione dalla viva voce della sua protagonista, battagliera di nome e di fatto. Una voce che ha l’urgenza e anche la gioia di raccontare sé stessa il più possibile, dal passato al presente, divagando, perdendosi, tornando a volte su certi episodi già trattati come in un flusso di coscienza anche spiritoso; una voce che parla della propria memoria, del ricordo personale che diventa collettivo e di tanto tanto lavoro importante svolto dietro e davanti all’obiettivo di una fidata macchina fotografica. Letizia Battaglia è per noi siciliani una icona, un personaggio memorabile che appartiene alla collettività, per questo a volte sembra di partecipare a una storia di famiglia che ci riguarda da vicino. Lo stesso vale per Palermo, non solo nostro capoluogo, ma città che sentiamo tutti e sempre, anche nella descrizione dei suoi anni più bui.

 Cosa avrei asciugato? La seconda parte, che oltre a fare quasi da esegesi e compendio alla prima parte “parlata” dalla mitica fotografa non aggiunge granché alla narrazione. Cosa conserverò con più cura? La frase molto bella riportata come citazione secondo cui “bisogna fotografare sempre da molto vicino”. Ed è proprio così.

Roberta D’Amico

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Questa autobiografia ci racconta con passione e onestà, ma anche con leggerezza, la lunga vita di una donna forte e indipendente che ha saputo lottare per conquistare la sua vera identità. È una testimonianza storica acuta e dolorosa della Palermo da lei vissuta che ci coinvolge emotivamente. Letizia Battaglia ci narra la sua esistenza ricca di eventi e di sofferenza, ma anche di gioia e gratificazione. Ci parla dell’infanzia dominata dal padre padrone, della “fuitina” a soli 16 anni per affrancarsi dalla prigionia familiare e poter studiare, della triste scoperta che anche il marito la voleva solo madre e moglie, quindi la fuga dalla gabbia del matrimonio, l’incontro con il compagno Santi Caleca e l’esperienza del soggiorno a Milano e, successivamente, con Franco Zecchin con cui fotograferà le scene della guerra di mafia a Palermo ma, soprattutto, la passione tardiva per la fotografia. La protagonista del libro è ovviamente la Battaglia, ma anche la macchina fotografica che le permette di esprimersi, realizzarsi e divenire indipendente. Dalle sue foto trapela anche il piacere di immortalare tutta la bellezza femminile dalle bambine alle donne anziane. Attraverso il suo obiettivo riviviamo gli innumerevoli delitti di mafia della Palermo della seconda metà del secolo scorso. Le sue foto oltre a documentare scuotono le coscienze. Tutti ricordiamo gli scatti, acquisiti al processo, in cui ha immortalato l’incontro tra Andreotti e gli esattori della mafia. Ci racconta con passione il suo impegno politico quale consigliera comunale del gruppo Verde a Palermo e con immensa soddisfazione l’inaugurazione del Centro Internazionale di Fotografia da lei diretto. E dichiara che una delle sue maggiori soddisfazioni è quella di riuscire a formare nuove leve che possano offrire al mondo i frutti di quest’arte che lei ama tanto. Nella sua narrazione mi ha emozionata il rispetto con cui fotografava i morti di mafia, la passione e l’umanità con cui ha raccontato dei trattamenti cui venivano sottoposti i malati mentali nell’ospedale psichiatrico, in particolar modo le donne, e la facilità con cui venivano internate e dell’amore con cui parla delle figlie rispettandone la diversità da sé. La seconda parte del testo, scritto da Sabrina Pisu, affronta attraverso dei temi più tecnici, la fotografia, la lotta alla mafia, la realtà editoriale del giornale “L’Ora”, la “Primavera palermitana” e si conclude con un’intervista al sindaco Orlando. Lo stile narrativo dell’autobiografia è scorrevole, descrittivo e procede come un racconto per immagini che coinvolge e, a volte, commuove il lettore. Diversamente, la seconda parte è piuttosto ripetitiva rispetto a quanto narrato in precedenza e risulta meno interessante e coinvolgente. Resto perplessa sulla necessità di concludere il testo con l’intervista al sindaco Orlando.

Caterina Manzella

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Bella storia, bella esistenza vissuta con coraggio e intensa passione. La fotografia strumento e fine per scandagliare le mille sfaccettature di una terra e di un’epoca assai complicate. Narrazione intima e profonda.

Giovanna D’Urso

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Biografia molto appassionante che racconta un periodo davvero buio e quasi senza speranza per Palermo. Il tono quasi colloquiale del saggio fa scorrere velocemente la storia della Battaglia, tra fotografia, cronaca nera e momenti di vita vissuta.

Dario La Sala

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“Mi prendo il mondo ovunque sia” è una bella biografia di Letizia Battaglia, la fotoreporter siciliana sempre in prima linea a dare testimonianza delle guerre di mafia che si sono succedute soprattutto a Palermo e che hanno visto morire più di 1000 persone. In questa biografia, che vede anche la partecipazione di Sabrina Pisu (ha curato la prefazione e la seconda parte del libro), non si parla solo di mafia. Anzi, tutt’altro, Letizia Battaglia si racconta attraverso le sue storie d’amore e le sue esperienze lavorative, il suo periodo redazionale nell’Ora, il primo matrimonio e il panico da angor pectoris per una vita che le stava evidentemente troppo stretta. E poi il lungo rapporto con Franco Zecchin, il rapporto con le figlie avute nel primo matrimonio, il breve esilio auto indotto da Palermo, per quel troppo sangue che non riusciva più a fotografare. Nella seconda parte del libro Sabrina Pisu prova a raccontare lo stesso periodo vissuto da Letizia Battaglia ma da un punto di vista esterno, dando voce agli altri protagonisti, e probabilmente il tutto suona un po’ ripetitivo. È una biografia per chi vuole ripercorrere o conoscere un periodo molto buio per la Sicilia, ma anche conoscere la forte personalità di una donna caparbia che si racconta senza filtri.

Marco Antonio D’Arrigo

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Nella prima parte del libro, Letizia Battaglia si guarda indietro e ripercorre le tappe della vita che l’hanno portata, grazie alla sua caparbietà, al bisogno di realizzazione e alla sua pura passione, a emanciparsi dalla dimensione di moglie e madre casalinga per diventare, infrangendo tutte le regole del luogo e del tempo in cui era nata, partecipe e protagonista del fermento culturale e politico tra gli anni ‘60 e ‘80, della resistenza e vivacità e dell’esperienza de “L’Ora” e, infine, fotografa in prima linea dei delitti di mafia a Palermo, ma anche autrice di ritratti di spiccata di sensibilità, attivista politica e culturale. Il racconto, in prima persona, è reso in una lingua semplice, spezzata, molte volte ripetitiva, come si trattasse di una versione per iscritto di un lungo monologo in presa diretta. Fa da contraltare la seconda parte del testo, affidato a Sabrina Pisu, in cui in una scrittura più saggistica, per struttura e citazioni, si ricostruisce il contesto in cui è nata e cresciuta

la fotografia di Battaglia, la Palermo delle guerre di mafia, il giornalismo de “L’Ora”, l’amministrazione Orlando. Il pregio della lettura è l’offerta di uno spaccato della Sicilia e dell’Italia della fine del Novecento da

punti di vista - quello soggettivo di Battaglia e quello storico - tra loro complementari.

Dorotea Fazio

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Premettendo che la saggistica non è il mio forte né il mio genere di lettura preferito, non ho fatto molta fatica a leggere questo libro, per il coinvolgimento che attraverso la fotografia l’autrice ha saputo sviluppare intorno alla vita della protagonista. Si respira la passione della vita, la curiosità, la voglia di esplorare e conoscere e capire in un momento storico cruciale per la storia di Palermo.

E se il libro nasce per narrare la biografia della fotografa Letizia Battaglia, finisce per non trascurare ed occuparsi anche della sua sfera più intima e personale.

Così è la donna e non solo l’artista, la protagonista ed è proprio questo che ha reso più interessante quest’opera rispetto all’altra ed è a questa che ho dato il mio voto.

Un appunto, poteva essere sicuramente più breve e meno ripetitivo.

Sonia Consolo Giaccotto

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"Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Marostica "Insieme per leggere"
coordinato da Liliana Contin
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Avevo letto qualcosa su questa grande fotogiornalista, ma non avevo mai avuto l’occasione di approfondirne la conoscenza. Quindi sono stato contento di avere avuto l’opportunità di approfondirne la conoscenza e proprio leggendo la sua autobiografia, un genere che io amo molto. La Battaglia poi si racconta con onestà, senza infingimenti anche nei suoi momenti più intimi, come il matrimonio in giovane età, la separazione dal marito.... La parte che ho apprezzato di più è stata quella relativa alla descrizione dei momenti più cruciali e difficili della storia del nostro paese, i delitti di mafia momenti che lei ha immortalato e di cui resterà per sempre testimonianza. La fotografia è a tutti gli effetti una forma d’arte che giunge a trasformare un attimo in un racconto, in una storia. E Letizia racconta, la macchina fotografica è la sua compagna di vita, attraverso l’obiettivo legge ed interpreta il mondo, con uno sguardo di donna che esprime tutta se stessa. Come lei stessa ha scritto “Agli inizi fotografare era un lavoro, un normale lavoro che mi riscattava da una vita di dipendenza economica. (…). Poi – ma dovevano passare proprio tanti anni – ho realizzato che con la fotografia volevo raccontare me stessa, raggiungere ed esprimere le mie emozioni più intime, senza remore e pudori”.

Mario Guserzo 

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Un libro sul senso etico del proprio lavoro. Una foto non è una foto, è uno specchio in cui guardarsi, una porta attraverso cui passare. Letizia e la sua Palermo, la Sicilia martoriata dalle bombe e dagli agguati di mafia. Il bianco e il nero. Una donna coraggiosa, una fotografa in prima linea. Non la conoscevo e ne ho apprezzato l'impegno, la tenacia .Bello ma non semplice.

Susanna Garofalo

 

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale”
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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Il libro è un manifesto della libertà: come donna, come siciliana, come amante della vita in tutte le sue pieghe, anche quelle più dolorose. Il suo amore per Palermo la porta ad esporsi in prima linea, e la sua fotografia diventa un manifesto contro la mafia, più potente delle parole, che non lasciano dubbi a interpretazioni o incertezze. Leggendo si viene coinvolti in una vorticosa sequenza di esperienze personali e non degli ultimi 50 anni dell’Italia e della Sicilia in particolare: dalle fotografie di una bambina, ritrovata dopo quasi 40 anni, alle stragi di mafia, agli impegni nel sociale, nella pubblica amministrazione, nell’editoria, all’amore per la poesia di Ezra Pound, al monologo di Molly Bloom dell’Ulisse di Joyce, alla lettera confessione di Adriano di Marguerite Yorcenaur

Salvatore  Spanò Greco

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Non ho avuto alcun dubbio nella votazione, questo è proprio un bel libro. Conoscevo già la fama dell'autrice, essendo

anche io appassionata di fotografia. La seconda parte, oltre a spiegare meglio  l'importanza nel mondo di queste opere, fa un atto di denuncia molto particolareggiato di quel sistema.

Donatella Mambrini

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Un testo che parla alla mente ed al cuore… La biografia di Letizia Battaglia si legge e appassiona come un romanzo… Nel racconto trovano posto le dolorose e commoventi vicende umane di una donna protagonista del suo destino, le sfide e le lotte che la porteranno alla realizzazione di importanti progetti sociali e soprattutto l’amore sconfinato per la fotografia che diviene testimonianza preziosa nella lotta alla mafia che imperversa e imbratta di sangue le strade di Palermo.

Letizia battaglia è da sempre e ancora oggi un’indomita guerriera, sempre pronta a rischiare in prima persona e a sostenere qualsiasi causa abbia al centro l’uomo e i bisogni della collettività. 

Quale esempio o insegnamento migliore, soprattutto per le nuove generazioni?... Lettura consigliatissima

Cinzia Silvagni

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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