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Non superare le dosi consigliate di Costanza Rizzacasa d’Orsogna
Guanda

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Parma 2 “Voglia di leggere Ines Martorano”
coordinato da Pietro Curzio
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Il tema della bulimia e della anoressia femminile viene affrontato non in modo drammatico, viscerale, catastrofico, ma diventa un modo di vivere e di affrontare la vita. La scrittura ironica stempera le situazioni di sofferenza personale e famigliare, esce sempre l’amore che lega i genitori ai figli e i figli ai genitori, una analisi della realtà che può essere affrontata e accettata con sufficiente serenità. 

Donata Donati

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Si tratta della disamina senza remore della vita di una donna affetta da disturbo del comportamento alimentare, con conseguente grave obesità: è una autobiografia sconcertante e sincera di una donna in cui il rapporto mente-corpo pare dominato dal problema della propria mole sia nel riconoscimento della sua identità che nelle relazioni in famiglia, nella scuola, nella professione di giornalista affermata impegnata all’estero e in Italia. In realtà l’autrice scende - in modo quasi paradigmatico - nel profondo dell’esistenza dell’uomo moderno e della sua autodeterminazione priva di limiti, in cui anche gli altrui giudizi e pregiudizi scorrono senza limitarla.   In tale efficacissima rappresentazione letteraria dell’uomo moderno i condizionamenti, che potrebbero essere indotti da altrui osservazioni, finiscono generalmente nel ridicolo sfociando nell’assurdo. Così infine l’autrice riesce a catturare la nostra simpatia.

Franco Zasa

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Dopo aver esaminato la disabilità la scrittrice ci accompagna nella esplorazione dei disturbi alimentari, realtà che conosce molto bene perché in lotta con l’obesità fin dall’infanzia. La protagonista ci mostra non solo la sua lotta quotidiana, ma anche come i comportamenti delle persone che la circondano spesso le causino ulteriore dolore. Dal testo emana tanta sofferenza che spesso ho dovuto sospendere la lettura. Peccato che la scrittrice abbia scelto di narrare zizzagando nel tempo rendendo più difficoltosa la lettura. 

Carla Guastalla

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Matilde, 46 anni , 91 chili , racconta la storia della sua vita Una famiglia complessa in cui mancano il dialogo e il confronto, un curriculum scolastico prima difficoltoso poi sempre più di successo ,una situazione sentimentale arida e deludente, un’attività lavorativa di grande rilevanza tra New York, Roma e Milano vengono descritti con ricchezza di particolari Risulta contraddittoria l’immagine di una donna capace di raggiungere così’ alti livelli nell’attività’ pubblica ma che si dimostra così fragile e sofferente nella vita privata

Lucilla Del Poggetto

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Non so se si possa definire romanzo il racconto senza filtri in prima persona di una Matilde di 44 anni che si sente vecchia e che da subito ci dice che pesa 130 chili. Si precisa che è una storia di invenzione, ma sorge subito il sospetto che ci sia qualcosa che ha a che fare con l’autrice. Ingrassare e dimagrire è il leitmotiv del libro in questione. Dietro Matilde, un po’ balenottera, un po’ delfino, c’è una madre magra, ma che vomita dopo aver mangiato, un padre assente troppo impegnato nel lavoro e un fratello che ha solo la colpa di essere nato e di concentrare almeno per un po’ l’attenzione su di sé. Una famiglia in cui non si parla, ma ci si cura con le medicine Una famiglia disfunzionale, come si direbbe in America, dove Matilde si trasferisce’, per studiare scrittura creativa (mi sbaglio o è quello che fa l’autrice?). L’intenzione è quello di scrivere il grande romanzo americano contemporaneo, il risultato un racconto coraggioso, brutale, ripetitivo e che a un certo punto dice. “non ci sono fini edificanti in questo libro. Se vuoi smettere fallo adesso. Rivendico una narrazione per me stessa”. noi lettori siamo così i destinatari di una seduta psicoterapeuta. Lo stile, per narrare questa vita disordinata, sregolata, è piacevole, preciso, sicuro, per cui sono certa l’autrice che potrà produrre qualcosa di più profondo e condivisibile in un tempo futuro non troppo lontano.

Fiore Caterina

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La storia di Matilde e una storia dura, fatta di sofferenze e di menzogne; una storia di legami sbagliati, con il cibo, con la famiglia, con il mondo. “Non c’è problema che un farmaco non curi, mamma lo dice sempre. A casa nostra non si parla, si prendono medicine. Così io prendo il Dulcolax ogni sera, perché sono una bambina grassa”. Chi si nasconde dietro il personaggio di Matilde racconta il suo rapporto malato con il cibo, oscillante tra anoressia e. bulimia, ricorda la sua infanzia di bambina grassa-quindi-brutta, i suoi successi di giovane donna brillante, ma condizionata nell’intimo da insicurezze antiche, descrive il suo sprofondare in una solitudine disperata, combattuta tra cibo, medicine, menzogne e relazioni malate. È una storia difficile, a tratti incomprensibile, ingiusta e ingiustificabile, intrisa di una fisicità dolorosa, scritta in modo un po’ confuso e ripetitivo. Un libro comunque da leggere, anche se a piccoli pezzi, per non essere sopraffatti dalla scomoda sensazione di ascoltare confidenze intime in una specie di gioco a nascondino con sé stessi.

Liliana Superchi

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“La mia cretina, la cretinetta mia” sono le parole che la madre rivolge alla figlia, protagonista del libro. Lo sguardo materno è di scherno e di disprezzo, e tale resterà a sottolineare i giudizi umilianti rivolti negli anni alla figlia. Le pagine del libro raccolgono il racconto doloroso del rapporto infelice della protagonista con la sua famiglia: la madre fredda, quasi ossessionata dalla cura del proprio aspetto fisico (piangerà per il proprio quarantesimo compleanno e si chiuderà in camera per restare sola), delusa dalle scelte della vita; il padre, rassegnato ed egocentrico; entrambi rivolgeranno alla figlia richieste di prestazioni eccessive e rigide; infine il fratello, che subisce le relazioni familiari distorte. La protagonista, persona sensibilissima ed intelligente, cade nella spirale del malessere psicologico, vivendo il calvario dei disturbi dell’alimentazione, che l’accompagneranno fino all’età adulta. Il suo acume, la sua profondità le consentiranno da un lato di cogliere il senso del rapporto con gli uomini, con lo studio, con il lavoro, ma dall’altro di soffrirne per le distorsioni spesso presenti. Nella sofferenza, la via d’uscita, pur tarda, s’intravede”. C’è una data di scadenza entro la quale possiamo dare la colpa ai nostri genitori. Quando si è grandi abbastanza per prendere il volante della vita, la responsabilità è nostra”. E la via d’uscita sta nella possibilità di accettarsi e di riconsiderare il proprio vissuto, fino ad affermare “E’ questa, infine, una famiglia. La mia famiglia disfunzionale e sgangherata. La mia famiglia bellissima”.

Margherita Tricarico

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Le tematiche affrontate nel libro - bulimia, anoressia, sete di perfezionismo, legami familiari complicati- sono ripetutamente presentate al lettore dall’autrice che ne parla con dovizia di particolari. Matilde ingrassa, dimagrisce, vomita vomita vomita, usa lassativi abitualmente in grandi quantità (oltre a altri farmaci), si scontra più o meno apertamente con la madre (figura dominante) e con il padre (figura lasciata più sullo sfondo). Sono situazioni che tanti adolescenti e giovani purtroppo vivono senza avere le opportunità di Matilde: andare in America, studiare, fare carriera. E il finale del libro non è però felice. Lei ormai adulta ed emancipata si lascia trascinare in un’ulteriore crisi (morte della madre, tracollo finanziario del padre...) Diventa enorme - 130 kg. - e si chiude in casa. L’unico aiuto sono i social dove lei si finge diversa. Storia cruda, difficile, senza dubbio, e penso in parte autobiografica. L’argomento è attuale e di grande interesse, ma come ho detto all’inizio la storia diventa ripetitiva, la lettura stancante anche x l’assenza di ordine cronologico. Stessi concetti, stesse sgradevoli situazioni (vomito e lassativi a volontà) ripetuti e ripetuti e la narrazione si fa via via sempre più noiosa.

Cristina Colla

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Un libro è un messaggio che si trasmette. Un’auto narrazione è uno spaccato di vita vissuta reso pubblico attraverso le parole di un libro. “… Per tutta la vita, sul lavoro e in amore, mi sono messa in situazioni in cui chiedevo qualcosa – un pagamento, affetto, soprattutto affetto – e poiché lo chiedevo, poiché lo elemosinavo mi veniva negato…”. Queste parole racchiudono tutto il tormento di una giovane vita che deve crescere in un contesto familiare molto “distratto” dai propri doveri. Non c’è accusa, non c’è analisi, non c’è soluzione. Solo narrazione. La scrittura è “linguaggio parlato”, quotidiano, segue le esigenze del corpo che cresce, che entra nel mondo con una spinta imperfetta. Si legge tutto d’un fiato per trovare una soluzione: una famiglia disfunzionale. Una famiglia bellissima!!!

Fabrizia Paini

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Racconto di situazioni personali e familiari spesso ripetitivo che ci fa rimuginare i problemi più strani e irrisolti di Matilde, protagonista con troppi sensi di colpa, con legami difficili, con affetti contraddittori. La lettura non mi è risultata piacevole.

Rita Merusi

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La storia di Matilde è una storia in cui quasi tutte le ragazze riescono ad identificarsi, non fino al punto di sviluppare una malattia, ma i dubbi, le parole, la paura del peso con cui inizia il libro sono quelle che ogni adolescente almeno una volta ha provato. Ma non è solo il rapporto di una ragazza con il cibo questo libro, sono anche i rapporti famigliari difficili, gli abusi, le dipendenze, non tutti gli adolescenti vivono tutto questo, ma il romanzo ha la capacità di entrare in empatia con la protagonista che sta crescendo, in mezzo a tutte le sue difficoltà per capire come riuscirà a cavarsela a trovare la sua strada.

 Rita Lucreziano

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È il romanzo di Matilde che dall’infanzia lotta contro il “Dulcolax” e del fratello Leo: lei 130 kg. quasi 131, lui uno stecco! Nel libro Matilde racconta che nell’apice della sua dipendenza ingurgitava 80/100 pillole al giorno; oggi è scesa a 40 e va in bagno anche più di 7 volte a notte. A causa del Dulcolax è stata spesse volte ricoverata al pronto soccorso, sempre aiutata e sostenuta dal fratello Leo. Il rapporto difficile con la madre si stava risolvendo quando ne è intervenuta la morte e in questa sua vita tormentata la vicinanza del fratello Leo diventa fondamentale. È una storia triste, angosciante, tremendamente cruda.

Alberto Mutti

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Esternazione disinibita, come in una seduta di psicoterapia, del proprio vissuto da parte di una donna vittima di disturbi del comportamento alimentare e figlia di una madre sofferente, a sua volta, di anoressia nervosa. Il racconto, caratterizzato da crudezza di linguaggio e di situazioni, si espande coinvolgendo tutti i componenti del nucleo famigliare. Più che una storia personale è ancora, sostanzialmente, una storia di famiglia: di come quattro persone conflittuali, contraddittorie e interiormente lacerate siano riuscite a sentirsi famiglia, a darsi affetto, a sopravvivere. Assolutamente determinata ad una sincerità senza pudori, l’autrice si mette a nudo e nulla è risparmiato al lettore. Il libro ha una sua bellezza. Forse è un po’ di prolisso: maggiore stringatezza non avrebbe guastato.

Giuseppe Montagna

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Un romanzo in cui la sofferenza dei fratelli Matilde e Leo è dominante nella drammaticità della loro famiglia. IL libro merita di essere letto, toccata le tematiche attuali del disagio alimentare e dell’obesità. Qualche difficolta nella lettura per LA non sequenzialità degli eventi. MI e ‘ piaciuto, un libro ‘‘diverso’’.

Ferdinando Folli 

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Una storia deprimente che tuttavia esprime egregiamente come la mente condizioni ancora una volta i meccanismi del nostro corpo.

Loredana Lugaresi

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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