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Piazzale Loreto di Massimo Castoldi

Donzelli

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di  “Borghi della Lettura  “ Venus Verticordia”
coordinato da  Marilena Ferrante      
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Piazzale Loreto, alla fine di corso Buenos Aires a Milano oggi rappresenta un importante snodo stradale tra la via dello shopping e Viale Monza. I nomi però sono importanti, la toponomastica italiana è pregna di storia e di nomi che l’hanno fatta. La storia. E pure l’Italia.

Sui libri di scuola Piazzale Loreto resta il luogo in cui i corpi di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri 18 gerarchi della Repubblica Sociale Italiana furono esposti, privi di vita, il 29 aprile 1945. Una macabra scena quella dei corpi sul traliccio che segna definitivamente la fine del regime, proprio lì, nello stesso luogo dove il 10 agosto dell’anno prima, 15 partigiani furono prelevati dal carcere di San Vittore, fucilati e lasciati per un’intera giornata riversi in Piazzale Loreto, custoditi e oltraggiati dai soldati fascisti. A ricordare i martiri del 10 agosto “c’erano mia nonna e mia madre, che la mattina del 29 aprile rimasero chiuse in casa, chiedendosi, mi raccontavano, dove fosse stata tutta quella gente nei giorni e nei mesi della resistenza.” Si legge in “Piazzale Loreto”, che segna una cronistoria particolareggiata e attenta di quella data, di quel luogo, di quell’avvenimento e di quello che avvenne dopo. La storia senza tralasciare le storie. Le storie di quelli che la storia con la s maiuscola l’hanno fatta e subita. 224 pagine di nomi, dichiarazioni, confessioni, confutazioni, teorie studiate, riviste, confermate, testimonianze recuperate in fogli dimenticati di archivi o librerie, che fanno tornare indietro nel tempo, in quel momento, sentire quelli spari, vedere la scena, rammaricarsi, cercare una spiegazione e andare avanti nella giusta direzione, quella della verità. Quindici nomi, quindici vite, quindici storie. Di persone semplici, ma non banali, raccontate sapientemente, in maniera chiara e decisa, da chi sa esattamente cosa vuole raccontare, cosa vuole comunicare, a tutti. Le sue memorie, le memorie, che non dovrebbero andare mai perdute. A Piazzale Loreto ci furono: Eraldo Soncini, che di lavoro faceva l’operaio, il più piccolo tra i fucilati Renzo del Riccio, che invece era un meccanico, Giulio Casiraghi, tra i fondatori del Partito Comunista, Umberto Fognagnolo, che lavorava alla Ercole Marelli, Libero Temolo, il primo ad essere arrestato tra i 15 martiri. Il meccanico ed elettricista, Vitale Vertemati, Angelo Poletti anch’egli operaio, il maestro Salvatore Principato e gli altri giovanissimi: Giovanni Galimberti, Andrea Ragni, Bravin e Emidio Mastrodomenico. Andrea Esposito, dapprima calzolaio e poi operaio. Domenico Fiorani che teneva i contatti con i partigiani sulle montagne.

E se “per cinquant’anni una parte della memoria, e le vicende politiche nazionali e internazionali

ne avevano oscurato tanta altra parte, almeno le vicende storiche precedenti all’eccidio potevano essere ricostruite”, sostiene l’autore dei saggi Massimo Castoldi, Filologo e critico letterario, che si è occupato di memorialistica della Resistenza e delle deportazioni, collaborando con la Fondazione Memoria della Deportazione e nipote del maestro antifascista Salvatore Principato. “Piazzale Loreto” ci racconta, infatti, le microstorie tra desiderio di libertà, pace e democrazie tra scontri di fazioni opposte, famiglie coinvolte in questo giro clandestino che partiva dal baso ad un unico e comune grido: “W L’Italia”.

Angelica Calabrese

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Terni “Scarabeo c/o Mondadori Point”
coordinato da Gianni Pozzi   
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Come già premesso nella precedente recensione questo lavoro di ricerca e ricostruzione storica fin dall’inizio non ha smosso alcunché in me e devo dire che diversamente da “Il nazista e il ribelle” per tutta la lettura, che a tratti mi è parsa anche noiosa, nulla ha destato in particolare la mia attenzione. Di nuovo una grandissima opera di ricostruzione storica dei diversi e terribili eventi di Piazzale dei 15 martiri (Piazzale Loreto) che alla fine mi ha lasciato solo un grande amaro in bocca e un profondo senso di inquietudine dovuto forse alla analogia con i fatti che ho vissuto in prima persona negli anni in cui lasciavo la Romania per venire in Italia, mentre il cadavere di Ceausescu veniva posto al pubblico ludibrio da coloro che da lui prendevano ordini e che uccidendolo e offrendolo all’ira del popolo hanno ripulito la propria veste e (forse) la propria anima per rimanere a galla nella vita futura.

Cosmina Ioan

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Senza stare a commentare le ragioni storiche e politiche che hanno indirizzato e guidato i fatti avvenuti in particolare a Milano tra l’agosto del ’44 e l’aprile del ’45 ma non solo a Milano un po’ in tutta Italia. Non sono certo io a giudicare la decisione del gruppo di partigiani che decise dio condurre il corpo di Mussolini a Piazzale Loreto. La legge del contrappasso?  un folle atto politico? Non lo so e non mi interessa. Mi sarebbe interessato di più vedere le facce di coloro che sono transitati quel 29 aprile in piazzale Loreto per cercare di capire chi fossero, cosa li spingeva a stare lì, se tutti fossero mossi dalle stesse motivazioni e sentimenti. Capire la folla, la gente, le sue dinamiche più che comprendere i motivi politici che hanno voluto una delle rappresentazioni della tragicommedia della storia italiana, passata e da venire e quelli che subito dopo hanno iniziato il processo di cancellazione di una memoria storica. L’opera di Massimo Castoldi, pur pregevole nel lavoro di ricerca e ricostruzione, non mi ha dato niente più di uno spunto di riflessione.

Marco Dormi

 

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