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Prima sterminammo gli uccelli di Francesco De Filippo
Castelvecchi

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Matera 2 "Svoltiamo pagina"
coordinato da Vanessa Vizziello
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Prima sterminammo gli uccelli è libro diviso in due parti, entrambe accomunate da uno stile noiosamente prolisso e da una trama che non stupisce mai il lettore. Le prime cento pagine le ho trovate talmente ripetitive e intrise di luoghi comuni che più che uno scenario distopico, quello che descrivono pare di più un’accozzaglia dei peggiori film catastrofistici/horror prodotti negli anni. Nella prima parte del libro si narra della rivolta di tutte le specie animali, una alla volta, nei confronti dell’uomo. Niente di nuovo ma uno spunto, sembrerebbe, degno di attenzione. E invece no. L’ambientazione è sommaria, il racconto pieno di castronerie scientifiche e luoghi comuni. Mancano intere parti di storia che, se meglio sviluppate, potrebbero contribuire al phatos emotivo che fa sentire la sua mancanza per tutta la lettura. Mai l’autore riesce a trascinare il lettore dentro la storia, i contorni del personaggio principale sono appena tratteggiati, per non parlare delle altre comparse del racconto, tutti profili appena delineati. Una descrizione ridondante e asettica di ciò che accade, acerba, quasi puerile se non fosse per le note splatter tirate fuori dal cilindro che, assolutamente mal contestualizzate, fanno più sorridere che appassionare alla storia. La seconda parte sviluppa, in modo meno scostante grazie all’uso massiccio di dialoghi, una teoria trita e ritrita secondo cui il passaggio tecnologico attraversato repentinamente dall’homo sapiens migliaia di anni fa, sia in realtà dovuto ad un “dono” della civiltà da cui proveniamo vissuta in un universo talmente lontano da potersi definire parallelo. Nella storia questa civiltà aliena non dona ai terrestri tecnologie ma esseri più evoluti che avrebbero costituito un salto genico molto avanzato rispetto ai primati che al tempo abitavano il nostro pianeta. Peccato, questo è il primo pensiero una volta terminata la lettura. La sensazione non è quella di aver letto un libro ma una serie di spunti grezzi da cui eventualmente costruire una storia degna del tempo richiesto al lettore per scoprirla.

Giuseppe De Rosa

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L’autore con metodica violenza ci racconta lo sterminio che l’umanità opera di tutte le specie animali, che dopo millenni di oppressioni si rivoltano con una regia occulta contro il genere umano. In uno scenario post pandemico questo potrebbe anche essere uno spunto interessante per riflettere sul nostro tempo, la distruzione che stiamo perpetrando sul nostro pianeta o anche solo sull’insensatezza del fine ultimo della vita sulla Terra. Invece nulla di tutto questo: lo sterminio è fine a se stesso e si trasforma in un racconto splatter in cui la scena più abobinevole è il sesso del protagonista, cui degli orsi hanno ammazzato moglie e figli, con una bionda tutta curve del Nord Europa in una casa in campagna tra pezzi di cadaveri e crani spappolati.

E poi arrivano pure gli alieni...Devo aggiungere altro? Nelle migliori sale cinematografiche ad Agosto!!! (ops, mi sa che i cinema sono chiusi ad Agosto…)

Ugo Esposito

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Prima sterminammo gli uccelli è un romanzo ambizioso, che vuole trattare della nascita e della morte di mondi e comunità, ma, in fin dei conti, è un prolisso e sterile esercizio di filosofia della fantascienza, che non lascia messaggi né espone idee.

La prima parte è il cinico e monotono racconto di come, nel 2035, tutte le specie animali cominciano ad attaccare gli esseri umani e vengono, di conseguenza, da loro sterminate. L’umanità non scopre mai cosa abbia causato l’inusuale comportamento animale, né riesce mai a salvarsi, e questa sezione chiude su uno scenario post-apocalittico, in cui vige la legge dell’homo homini lupus.

Nella seconda parte, invece, si esplora l’origine degli homo sapiens sulla Terra, che nel romanzo viene artificialmente impiantato lì da un’altra società molto più avanzata. Alla luce di ciò, la guerra tra le specie della prima parte potrebbe essere interpretata come il destino “genetico” dell’uomo.

È anche opportuno notare la misoginia del racconto: in tutto il libro, le donne sono mogli morte, oggetti sessuali o future madri, emotive e irrazionali, che accettano infine (e per fortuna!) di farsi guidare dalle decisioni degli uomini.

Ambizione apprezzabile, esecuzione mediocre.

Lucrezia Stella

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