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Quando c’erano i comunisti di Mario Pendinelli e Marcello Sorgi
Marsilio

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Bologna 7 "103"
coordinato da Stefania Bassi
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Per i 100 anni del partito comunista il libro ripercorre La storia del partito attraverso i suoi protagonisti.

Contemporaneamente esamina la storia del comunismo europeo da Lenin in poi. Il libro è un po' troppo didascalico anche se non mi è dispiaciuto ripercorrere questi 100 anni di storia.

La cosa che più mi ha colpito nella storia dei protagonisti italiani è la loro giovinezza. Quando Gramsci arriva a Torino e con Togliatti, Terracini e Tasca iniziare attività politica ha solo 23 anni ed è il più vecchio del gruppo, gli altri hanno rispettivamente 21 ,19 e 22 anni.

Teresa Masina

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I due giornalisti autori affrontano la storia del Partito Comunista Italiano a partire dal 1921, Congresso di Livorno. Dalla cronistoria della vita di Antonio Gramsci, dai suoi anni universitari a Torino, dove avverrà l’incontro determinante con Togliatti, a una minuziosa cronaca dei rapporti col nascente Stato Sovietico. Gli autori, nella attenta ricostruzione di fatti, personaggi e gruppi, non si impegnano nell’analisi storica, che richiederebbe approfondimenti sul mutarsi dei rapporti nazionali e internazionali. Il libro può essere utile ed anche avvincente per una informazione su anni di difficoltà e lotte, a mio parere utili soprattutto ai giovani. Dal testo emergono anche le tensioni interne al Comunismo italiano e le difficoltà nei rapporti con i vertici sovietici. È difficile dire qualcosa di ancora non esplorato sulle vicende del Partito Comunista e questo libro ne è un esempio.

Anna Mantovani

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Sono rimasta delusa da questo libro, perché si dilunga troppo sulla cronaca dei personaggi, preferirei una visione da storico e non da giornalista che raccoglie informazioni.

Mi sto convincendo che i giornalisti dovrebbero limitarsi a svolgere il loro lavoro, lasciando agli storici scrivere saggi ed ai romanzieri raccontare storie.

Mara Broschi

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Vigevano "Circolo Bibliosofia"
coordinato da Raffaella Barbero
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La storia del Partito Comunista Italiano attraverso la vita, il pensiero e le azioni di alcuni dei suoi più significativi esponenti. Se le pagine dedicate a Gramsci e a Togliatti occupano una fetta consistente del volume, significativo è anche lo spazio dedicato alla figura di Enrico Berlinguer. I due autori propongono poi un modello alla sinistra futura: un capitalismo temperato da politiche di welfare e di contrasto alle disuguaglianze sull’esempio del New Deal. Libro pesante e che non incontra i miei gusti

Maria Basiricò

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Grandi lettori
di Robinson

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Il partito comunista italiano: partito espressione di un paese operaio o gruppo di intellettuali? Gli autori di questo libro ne ripercorrono la storia, attraverso i protagonisti, le loro vite, le loro modalità di interpretazione di un fenomeno che ha superato indenne rivoluzioni e cambiamenti, fino alla scissione di Livorno, che in qualche modo ha rimescolato le carte. Spazio privilegiato in questo volume per le figure di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, fondamentali ciascuno a suo modo per la nascita e la vita del PCI, molto meno delineate le personalità da Natta in poi.

Luisa Musto

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Libro molto costruttivo, descrizione dettagliata al punto giusto. Testo che ti aiuta a capire la storia del Pci senza essere ponderoso.

Fabiana Semeraro

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Un excursus sulla colonna portante del viaggio sociale e politico che il Regno d’Italia, poi Repubblica compie nel 1900: Il Pci. Oggi utopia datata e spesso disprezzata contribuisce alla resistenza antifascista e alla stesura della nostra Costituzione, immortale valore che permette di vivere il sogno democratico. Lo sguardo miope lo circoscrive al politico, è essenziale invece riconoscere un valore comunista trasversale: l’ideale filosofico lo rende tema sociale concretizzato in politica, sino alla spinta patriottica nel Ventennio. Quando c’erano i comunisti, “gli ultimi” erano sempre portati avanti.

Silvia Filisetti

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Un'appassionata croni-storia e un'appassionante indagine tra le vite e le idee dei protagonisti della storia del PCI (e del nostro mondo), una lettura chiara e precisa, scorrevole e ricca di aneddoti e interviste brillanti che aiutano a seguire e a fare luce sulla parabola di uno dei punti più determinanti della nostra storia. Marc Bloch diceva che “la storia non è la scienza del passato” e questo testo lo dimostra, per la sua intrinseca capacità di attualizzazione dei temi trattati e perché ci ricorda, quasi pungolandoci proprio mentre siamo intenti a distrarci, che il sogno di cambiare l’Italia è ancora urgente e vivo, e che ogni italiano è chiamato a fare la sua parte.

Francesca Castioni

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Quando c'erano i comunisti: Il testo di Pendinelli e Sorgi è una buona introduzione alla storia del PCI che coniuga una puntuale ricostruzione storico-cronachistica, per quanto senza grandi approfondimenti, essendo, a mio parere, la parte cronachistica predominante, ad una scrittura pulita che tiene viva l'attenzione del lettore. Da leggere soprattutto come primo approccio all'argomento.

Antonio Toscano

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storia, con uno stile scorrevole, attraverso la vita dei protagonisti e di un gran numero di personaggi. Particolarmente interessanti le figure femminili, donne dalle vite affascinanti e per la prima volta con poteri politici. Si delineano vicende pubbliche e private (quasi da gossip il rapporto di Gramsci con le tre sorelle Schucht) ma non altrettanto incisiva la presenza del “popolo”, motore del partito. Così come manca una bibliografia degna dell’enorme quantità di dati storici e aneddoti che meriterebbe di essere maggiormente supportata.

Stefania Bonacasa

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Rieti “Rocca Sinibalda”
coordinato da Mirella Letizia
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Le origini del PCI e del suo gruppo fondatore, e poi la svolta di Livorno, i primi passi, la cultura che permeava il gruppo riunito intorno ad Antonio Gramsci, i primi scontri interni, quindi il difficile rapporto con l’Unione Sovietica ed il costante rischio di esserne fagocitati, infine il fascismo che azzera il gruppo dirigente ed ancora le nuove figure emergenti, tutte emigrate dall’Italia mussoliniana. Il racconto è storico, giornalistico nel taglio, scorrevole ma senza penalizzare la ricerca storiografica, il risultato è quello di un saggio ben riuscito grazie a due grandi autori: Marcello Sorgi e Mario Pendinelli. Il libro è una carrellata sulla storia del PCI con una attenzione particolare ai primi venti anni quelli che si concludono con la caduta del fascismo, forse i meno conosciuti ma decisamente significativi. Il volume si conclude con una lunga intervista di Mario Pendinelli a Umberto Terracini risalente al 1981, che da sola vale quanto il libro intero.

Paolo Vaccari

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Ho trovato il libro coinvolgente anche se appesantito da una gran mole di osservazioni minuziose. Molto interessanti le informazioni sui legami personali e le esperienze comuni dei personaggi che hanno fatto la storia del comunismo.

Non gettare a mare l’eredità del comunismo, i principi, alcuni elementi fondativi; ecco questa parte finale mi è molto piaciuta.

Pasquina Feliziani

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mi è sembrato un buon libro su un periodo storico molto importante, ma anche qui niente di nuovo. In ultima analisi due libri di cui si sarebbe potuto fare a meno.

Mariano Pitorri

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Luci ed ombre, nella resistibile ascesa e caduta del partito comunista italiano: la mancata palingenesi rivoluzionaria, l’obbedienza a Stalin, la lotta al fascismo, la scelta democratica, il miraggio del compromesso storico, il crollo dei regimi comunisti: un lascito pesante e talvolta contraddittorio per la nostra democrazia, che ha illuminato la scena politica del secolo scorso, con i protagonisti (Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer) visti da vicino e senza agiografismo. Per finire una lunga e a volte commovente nonostante la volutamente scarna ricostruzione dei fatti, testimonianza, recuperata dopo quarant’anni, di Umberto Terracini.

Piero Cinelli

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Scrittura scorrevole e molto curata. Lavoro eseguito e costruito con professionalità e serietà. Senza fare troppi sconti, pone l’attenzione su luci ed ombre di un partito che è stato per tanti anni parte integrante della nostra storia recente. Una riconferma della mia stima a Marcello Sorgi ed una scoperta (per me) Marco Pendinelli.

Mirella Letizia

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Il testo ripercorre cento anni di storia del partito che nacque con il nome di PCI e che attraverso scissioni, trasformazioni e unioni è arrivato fino ai giorni nostri.

La storia del PCI attraverso il pensiero di tre esponenti molto significativi: A. Gramsci, P. Togliatti ed E. Berlinguer.

Il testo, costruito con documenti e interviste inedite, è scorrevole e avvincente. Vi si ripercorre tutto il processo di allontanamento del PCI dal Cremlino per porsi come riferimento a difesa della Costituzione italiana, interloquendo con i riferimenti politici del mondo cattolico fino all’idea del Compromesso storico e contrastando il terrorismo delle famigerate Brigate rosse.

Franca Giacomini

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Lettura avvincente per chi vuole approfondire una parte recente della nostra storia politica. La lettura è resa più leggera dalle storie personali dei vari personaggi.

Molto bello il colloquio con Terracini.

Paola Guadagnoli

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Ho apprezzato la linearità e la chiarezza di questa breve storia del comunismo in Italia che, rispetto ai libri scritti da storici, trovo abbia il vantaggio della fruibilità e dell’immediatezza garantita dalla scrittura di bravi giornalisti. La brevità e la concisione con cui sono condensati 100 anni di comunismo non hanno impedito agli autori di riportare dettagli e piccole storie a margine poco o per nulla conosciute.

Come quasi tutte le pubblicazioni odierne, che pagano il prezzo della fretta con cui si susseguono, anche a questo testo avrebbe giovato un editing più accurato.

Livia Lazzara

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“Un libro celebrativo, certo degno di entrare negli scaffali della Biblioteca Gramsci, ma con scarso appeal per la storia attuale nel mainstream di un Partito (quello Democratico) che di comunista non ha più nulla come mostrano alcune carriere (vedi Renzi). Dunque più che un libro di attualità un testo meditativo su un passato che si è chiuso. Dopo la lettura al massimo si potrà dire: “Il comunismo ha perso ma neanche il capitalismo si sente molto bene”. Utile per misurare la distanza tra l’ideologia marxiana di partenza e la piattaforma ideologica di una sinistra che non sembra avere futuro in Italia, nonostante che in Francia e Germania i post-profeti del comunismo riscuotano ancora un ampio credito. I padri del comunismo si ribellerebbero certamente alla vulgata attuale”.

Daniele Poto

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Il saggio di Sorgi e Pendinelli ricostruisce con ricchezza di particolari la storia del Partito comunista italiano non tralasciando di approfondire la trama complicata dei rapporti con il PCUS e Stalin. Molto interessante l’intervista a Terracini. Un posto centrale è naturalmente riservato alla figura di Gramsci con una attenta riflessione sui temi che hanno caratterizzato il suo pensiero e che hanno determinato le vicende successive del partito e le scelte operate nel secondo dopoguerra da Togliatti.

Maria Rita Munzi

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Una bellissima storia del partito comunista italiano, a cento anni dalla sua fondazione.

Il racconto scorre velocemente, e pur essendo storia nota, risulta avvincente grazie a una sintetica e valida rappresentazione dei fatti, corredata da note e aneddoti sulla vita dei personaggi coinvolti, che danno modo di comprendere meglio le loro storie, scelte e opinioni. Consiglierei il libro anche a tutti coloro, soprattutto giovani, che, in continuità con il titolo della bellissima testimonianza di Umberto Terracini, sognano ancora di cambiare l’Italia, perché possano trarre da questa lettura motivazione e ispirazione per il loro impegno politico.

Emilia Romano

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Enna "Amici della festa del libro - Il Sasso nello stagno"
coordinato da Sabrina Ferrarello
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Lodevole e piena di spunti d’interesse è la riproposizione della conversazione del 1981 tra Pendinelli e Umberto Terracini, tra i fondatori del Partito Comunista Italiano. Con le sue parole e ricordi Terracini attraversa i diversi momenti del partito dalla nascita a Livorno, lungo le notevoli difficoltà del periodo fascista, al rapporto distaccato del partito con Gramsci, fino alla relazione tra Togliatti e Stalin, passando per i racconti dal confino a Ventotene, e in seguito la Guerra Fredda, gli anni di Piombo a Berlinguer. L’analisi di Sorgi risulta a confronto delle parole di Terracini meno convincente, troppo scolastica e distaccata allo stesso tempo, scadendo a volte nella mera cronaca di fatti già conosciuti         

Mario Margani

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L’ideale sogno comunista nella dormiente Italia del Novecento.

Il saggio politico-storico Quando c'erano i comunisti di Mario Pendinelli e Marcello Sorgi indaga in chiave giornalistica il sogno italiano del XX secolo verso la prospettiva del comunismo come movimento protagonista nella cultura, nella società e nella politica, dell’Italia del’900. Con documenti e interviste inedite i due coautori indagano le forme della presenza comunista iniziata prima con Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti e poi con Luigi Longo ed Enrico Berlinguer, giungendo sino al suo crepuscolo con le figure di Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Attraverso le tappe delle biografie umane e politiche vissute dai più significativi esponenti del comunismo italiano gli autori si confrontano con il loro operato nelle vicende politiche e sociali della storia italiana del ‘900. In tal modo tutta la parabola del partito comunista in Italia dal 1921, anno di fondazione del partito comunista d’Italia a Livorno, sino alla svolta finale degli anni 1989-1991 è affrontata non in modo ideologico ma d’interno dei concreti processi socio-politici ed economici che la società italiana ha attraversato nel più generale divenire dell’economia e della politica globale. A chiusura finale del testo è posta una lunga intervista di Mario Pendinelli allo storico dirigente comunista Umberto Terracini dal titolo “Il sogno di cambiare l’Italia”, già pubblicata con Rizzoli nel 1981. Proprio questa intervista, però, oltre ad essere una preziosa fonte per la memoria storica, permette di cogliere il valore che il saggio riconosce all’autonoma traiettoria del Pci come il vero snodo nella storia d’Italia che tutto un tempo ed un mondo non hanno mai voluto accettare. Pertanto il saggio di Pendinelli e Sorgi attraverso le figure dei dirigenti del Pci intervistati si fa cifra nascosta di una prospettiva interpretativa che legge i cento anni del comunismo italiano nella prospettiva di una sinistra riformatrice, individuando proprio nel pensiero di Antonio Gramsci la vera paternità ideale di un nuovo metodo comunista operante in una società politica liberal-democratica e dentro strutture economiche capitalistiche.

Antonio Gramsci e il suo pensiero nei «Quaderni dal Carcere» è dagli autori giustamente indicato come la base teoretica delle peculiarità del comunismo italiano e della sua autonomia progressivamente sviluppata anche nei confronti dell’Unione Sovietica. Le analisi gramsciane sulle cause dell’arretratezza dello Stato nazionale e l’introduzione nell’analisi storico-economica delle categorie di «egemonia», «blocco storico» e «rivoluzione passiva» sono, infatti, la chiave interpretativa dello strutturale rapporto tra la cultura politica del comunismo italiano e la specificità della condizione sociale, economica e culturale della situazione italiana nel ‘900.

Nella riflessione gramsciana assume un ruolo centrale la prospettiva dell’alleanza tra la classe operaia del Nord industriale e il mondo rurale del Mezzogiorno con i suoi braccianti sfruttati. Infatti l’unitario legame tra le due forze sociali di operai e contadini è per Gramsci la forza propulsiva non solo per realizzare una trasformazione radicale della società italiana all’insegna della nuova centralità del mondo del lavoro, ma anche, viste le capacità rigenerative del capitalismo e l’assenza delle condizioni per il suo crollo, per fare del Pci la forza centrale del progresso sociale e civile dell’Italia. Ed infatti gli Autori giustamente sottolineano come sia gramsciana la visione, fatta propria dal Pci, che solo dopo il pieno inserimento del Pci nella società italiana il partito potrà assumere la direzione morale ed intellettuale sia delle classi sfruttate che dei ceti dirigenti borghesi, in tal modo impegnandosi come forza centrale per una progressiva costruzione del socialismo in Italia. Gli autori in tal modo attraverso la descrizione della biografia di Gramsci spiegano in nuce tutta la vicenda del Pci che, inserito nel mondo operaio delle grandi fabbriche e alleato con gli strati progressisti dell’intellettualità italiana, persegue la strada dell’autonomia dall’Unione Sovietica anche quando tanta sua base militante vi resti ancora legata. Ed è in tale dato che Mario Pendinelli e Marcello Sorgi mettono in rilievo la contraddizione che sempre accompagnerà il percorso del Pci nel ‘900 italiano. Da un lato le sue radici nella cultura e nella storia italiana, come fra l’altro l’influenza di Benedetto Croce su Gramsci, e dall’altro la subordinazione a Mosca e alla sua guida, il giudizio sui fatti dell’Ungheria nel 1956, le ambiguità della “via italiana al Socialismo”, per arrivare sino alle incomprensioni con le socialdemocrazie e alla diffidenza verso l’economia di mercato. Contraddizioni che sino ad Enrico Berlinguer conviveranno in un partito pienamente dentro la vicenda democratica nazionale italiana, ma ad un tempo frenato nel suo sviluppo dai legami con l’internazionalismo comunista guidato dall’Unione Sovietica.

L’altra figura centrale nell’ideale viaggio che gli autori propongono tra gli uomini e le donne che sono stati protagonisti principali nella storia del Pci è quella di Palmiro Togliatti, cioè colui che, nella sua azione politica sia a Mosca che poi in Italia, impersonerà la linea gramsciana convinto che solo un pieno e vasto consenso nella società può essere la base duratura perché il Pci possa conquistare e gestire il potere in Italia. Palmiro Togliatti sarà il segretario generale del Pci quasi ininterrottamente dal 1926 sino al 1964, anno della sua morte, ed è grazie alla sua azione, come sottolineano gli autori, che il ricchissimo materiale ideale lasciato da Gramsci diventerà patrimonio politico del Pci segnandone l’identità nel corso del secondo dopoguerra. Togliatti è colui che riceve i «Quaderni» di Gramsci mentre è a Parigi, di ritorno dalla Spagna diretto a Mosca, e non li distrugge, anzi li salva dalla distruzione. Se non li fa subito pubblicare è perché sa che le visioni gramsciane, con la teoria dell’egemonia ed il consenso da conquistare nella società, contrasta con la logica dell’apparato stalinista di Mosca, così aspetterà la fine della guerra per affidare la curatela della pubblicazione dei «Quaderni» a un giornalista. Sarà, così, proprio Togliatti a fare del Pci un partito di massa, profondamente inserito nella società, democratico e legalitario, dedito non ad un immediato e violento rovesciamento del sistema secondo la visione leninista, bensì volto alla ricezione delle istanze provenienti dalle masse popolari per un loro successivo ruolo di mediazione e governo nella gestione nella vita della nazione. Questo nuova centralità popolare si realizzerà in primo luogo tramite l’applicazione dei diritti civili già sanciti idealmente dalla Costituzione e sarà la forza propulsiva per la costruzione progressiva della via nazionale al socialismo. Non a caso sarà Togliatti a dare forma a un partito che, pur dotato di una chiara identità di classe, non rinuncia a farsi portavoce di obiettivi generali riguardanti tutto il Paese, fra cui il superamento della situazione di arretratezza del sistema produttivo e l’impegno politico per la ricomposizione del divario tra Nord e Sud dell’Italia. La natura del Pci, di essere un partito di responsabilità nazionale secondo la logica politica togliattiana spiega, come è ben individuato da Pendinelli e Sorgi, la scelta più collaborativa che conflittuale con le varie classi al potere e l’azione decisiva per superare svolte nazionali decisive nel corso del ‘900. Tutto ciò, infatti, ha determinato la disponibilità del Pci a sostenere il secondo governo Badoglio; la scelta di firmare gli articoli 7 e 8 della Costituzione sui rapporti tra Stato e Chiesa; ed, anche, il fermo rifiuto opposto da Togliatti a qualsiasi ipotesi di sollevazione popolare dopo l’attentato del luglio 1948 da lui subìto.

Le vicende di vita dell’altro segretario generale del Pci Luigi Longo sono utilizzate dagli autori per evidenziare la continuità del togliattismo che permette al Pci di diventare il maggiore partito comunista dell’Occidente, anziché esaurirsi come uno qualsiasi tra i partiti satelliti del modello sovietico. In tal senso gli autori organizzano l’esposizione delle principali azioni della vita combattente di Luigi Longo come una testimonianza del confluire della lotta alla gestione di una politica atta a sostenere pacificamente il farsi della via nazionale al socialismo. Da qui la presentazione della parabola dell’azione di Luigi Longo: commissario politico delle Brigate internazionali in Spagna, vittorioso a Guadalajara, ferito a Pozuelo de Alarcon, clandestino in Italia dal 1941 per organizzare la Resistenza, poi comandante delle brigate Garibaldi ed infine segretario generale del partito comunista in Italia.

Altrettanto ampio è lo spazio che il volume dedica alla figura di Enrico Berlinguer, il segretario del partito protagonista del compromesso storico, scelta con cui, secondo gli autori, «il Pci raggiunge il punto più alto della strategia comunista, e insieme l’inizio del declino». Infatti con la segreteria politica di Berlinguer il Pci, pur pervenendo a un grado di ampia autonomia dall’Unione Sovietica, avrebbe perso, secondo gli autori, l’occasione di recidere definitivamente i legami con l’ideologia comunista, tanto che l’esaurirsi della politica del compromesso storico non avrebbe condotto la politica del partito verso nuovi sbocchi. Così gli autori commentano come proprio «il fallimento del compromesso storico ha consumato anche le reali possibilità di un’alternativa. Dopo la rottura con Mosca il leader è angosciato dalla necessità di trovare una strada che gli consenta di approfondire il fossato che ormai lo divide dal mondo sovietico, individuando tuttavia una linea che superi anche il modello capitalistico».

Dopo la fine della «solidarietà nazionale», non a caso, il Pci si sarebbe rinchiuso in una sorta di opposizione di testimonianza senza produrre nuovi sbocchi politici. Una stasi che nel saggio è rappresentata da Alessandro Natta, successore di Berlinguer e penultimo segretario del Pci. Questi agli autori pare ricondurre il Pci ad una pratica politica «non esente da simpatie filorusse». In realtà la insuperata contrapposizione tra il realismo togliattiano ed il moralismo dell’ultimo Berlinguer continua ad inserire la politica del Pci nel solco di una sua consolidata storia costruita sulla dialettica tra «egemonia» e «libertà».

Così alla domanda di come nacque e del perché fini, alla fine degli anni Ottanta del ‘900, la vicenda del Pci, Mario Pendinelli e Marcello Sorgi sembrano rispondere con il metodo e le categorie interpretative della storia proprie di Gramsci rilevando che la specificità del Pci, nata da circostanze storiche, è potuta crescere sulla volontà di uomini che aspirando a una libertà più grande ne hanno fatto il loro modo di stare nella società. Non a caso quando non ci sono più uomini mossi da tali idealità più grandi si disperde lo stesso patrimonio d’intelligenza e di analisi politica di tutta una lunga storia. Nel centenario della fondazione del Partito Comunista in Italia (1921-2021) Mario Pendinelli e Marcello Sorgi con il loro eccellente saggio Quando c’erano i comunisti. I cento anni del Pci tra cronaca e storia, edito da Marsilio, non solo hanno offerto una viva e reale ricostruzione storica, ma hanno pure dato risposte su ciò che è morto e su ciò che è ancora vivo dell’esperienza del comunismo italiano. Così proprio la drammatica storia di Enrico Berlinguer permette a Pendinelli e Sorgi di cogliere il punto nodale del comunismo italiano nel bisogno di trovare una via al socialismo che superi sia il modello sovietico che quello capitalistico. Invece proprio «il fallimento del compromesso storico ha consumato anche le reali possibilità di un’alternativa. Dopo la rottura con Mosca il leader è angosciato dalla necessità di trovare una strada che gli consenta di approfondire il fossato che ormai lo divide dal mondo sovietico, individuando tuttavia una linea che superi anche il modello capitalistico». Quindi secondo gli autori del saggio il declino del Pci, pur nascendo all’interno di una “crisi strategica del partito”, è stato possibile per il diffondersi nel consenso sociale dell’idea «che il nuovo capitalismo finanziario diventerà, insieme ai prodigi dell’economia digitale, l’alleato naturale dei partiti democratici di sinistra nella loro missione di modernizzazione». Alla fine del saggio gli autori riconducono i loro lettori al valore delle riflessioni gramsciane che fanno emergere il valore storico e la necessità di un solido legame tra la cultura politica ed il contesto socio-economico e culturale di una società in modo tale da poter continuare ad assicurare una reale trasformazione di questa. Non a caso, quindi, negli ultimi capitoli, più che concentrarsi su specifiche vicende del postcomunismo, i due autori scelgono di porre l’attenzione sui processi generali che hanno profondamente trasformato la società e l’economia globale dell’Occidente negli ultimi tre decenni.

In tale ambito la sinistra italiana avendo perso ogni riferimento all’utopia, non solo comunista ma anche del valore dello stesso progresso sociale, pare avvitarsi in una subalternità alla globalizzazione neoliberista. Da qui l’invito sotteso degli autori al bisogno di ritrovare rinnovate politiche di welfare così da poter contrastare sia le nuove disuguaglianze che il risorgere del sovranismo nazionalista. Il loro invito alla sinistra del XXI secolo è, pertanto, come un auspicio affinché questa possa ritrovare il senso sia degli esempi del New Deal rooseveltiano negli Usa degli anni Trenta, che quelli del «compromesso socialdemocratico» dell’Europa del Secondo dopoguerra recuperando proprio da Antonio Gramsci il metodo per costruire una nuova storia sociale. Basare «la direzione politica sul consenso» e fare crescere nella società italiana una «visione della realtà più alta e persuasiva» può certamente riportare alla centralità di una democrazia progressiva che potrà anche combattere la visione del mondo propria dei nuovi «sovranisti».

Luigi Di Franco

                                                                                                                                                                                                                                           

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Grandi lettori
di Robinson
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Quando c’erano i comunisti. I cento anni del Pci tra cronaca e storia è un volume in cui è narrato il ruolo del comunismo in Italia.

Ricco di nozioni storiche, personalità di spicco e interviste, è il libro perfetto per coloro che dovessero avere voglia di approfondire la storia del nostro Paese in modo specifico e articolato; scelta meno buona invece per chi è in cerca di una mera infarinatura, che rischia di confondere e disperdere l’attenzione del lettore per la troppa ricchezza di contenuto.

Nadia Caruso

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Ho preferito il libro di Pendinelli e Sorgi per le descrizioni dettagliate e soprattutto accurate. Penso che si tratti di un libro molto importante per capire la storia italiana del ‘900 e la storia del partito.

Maria Dininno

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Il saggio di Mario Pendinelli e Marcello Sorgi illustra nel dettaglio la nascita e lo sviluppo del Partito comunista italiano proprio nel momento del consolidarsi e diffondersi del fascismo, con la conseguente difficoltà ad avere rilievo politico fino alla Resistenza, quando «i comunisti assumono finalmente rilievo da protagonisti nella storia d’Italia», e al secondo dopoguerra, che vedrà la rifondazione del partito grazie a Togliatti. Di lui emerge il fatto che alla base delle sue decisioni, sempre misurate e ponderate, ci siano le teorie e i pensieri di Gramsci, collega fondatore ma anche intimo amico: il saggio racconta infatti la storia dei protagonisti del comunismo italiano con occhio attentamente biografico, ricostruendone tanto la vita quanto i rapporti privati con il costante confronto e riscontro di tante fonti diverse, dai ritratti diretti delle mani di chi li ha conosciuti alle analisi critiche degli storici; racconta degli stretti e direttissimi legami con la Russia prima di Lenin e poi di Stalin; racconta gli affetti, i caratteri, i pensieri degli uomini e delle donne direttamente coinvolti. Il risultato è un lungo e interessante percorso di ricostruzione storica sempre ancorato al presente, per gli effetti che gli avvenimenti della storia del partito hanno avuto nella politica italiana oltre il Pci. Arricchente l’intervista, che giunge a coronare il viaggio nella storia del Partito comunista italiano, del dirigente Umberto Terracini a Pendinelli, rilasciata nel 1981 e qui riportata: le parole dirette di chi ha vissuto ciò di cui fino ad ora si era letto regalano nuova concretezza e coinvolgimento.

Emma Zurru

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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