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Quello che non di dicono di Roberto Calabresi
Mondadori

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Pontedera “LaAV”
 coordinato da Maria Rolli
Under 45

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Lo scrittore Mario Calabresi lo conosco, non avevo però ancora letto un suo libro quindi leggere “quello che non ti dicono” mi ha fatto piacere.

potrei definire questo libro, un libro di inchiesta e autobiografico.

Personalmente ho sentito un po’ di pesantezza in questo libro, Nonostante lo stile di Calabresi sia molto semplice, diretto; probabilmente perché gli anni 70 e comunque i cosiddetti “anni di piombo” sono anni in cui io ero molto piccola e per cui non ho molti ricordi.

È un libro che si legge bene solamente è molto denso di personaggi, fatti accaduti, quindi diciamo almeno per me una lettura non rilassante ma che comunque richiede attenzione. Quindi consiglierei questo libro in primis a tutti coloro che erano presenti in quel momento storico e poi a tutti i lettori appassionati di inchieste e comunque di avvenimenti storici del nostro paese. 

Giulia Cacelli

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 “Quello che non ti dicono” è stata una lettura piacevole, scorrevole e ho apprezzato molto i vari riferimenti alla situazione attuale dovuta alla pandemia, abituata a leggere sempre di epoche lontane o di accadimenti fantasiosi è stato bello leggere qualcosa che, seppure trattava fatti accaduti negli anni ‘70, li inseriva bene nella nostra attuale situazione contemporanea. È stata questa la maestria dell’autore: attualizzare un fenomeno accaduto vari decenni fa. La storia della disonestà, della prevaricazione del dio denaro sui rapporti umani, del dolore di una donna, di una figlia, allo stesso tempo moglie e mamma, che esplode all’improvviso alla ricerca di verità dopo anni di silenzio, sono gli ingredienti per un libro dalla trama che rapisce.

Benedetta Basile

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Una ricostruzione dettagliata del contesto politico e sociale degli anni settanta, attraverso il racconto di una vicenda familiare. Un lavoro minuzioso che comunque risulta fluido ed avvincente, anche se in alcune parti perde il suo fascino narrativo, trasformandosi in un’indagine giudiziaria vera e propria.

Panos Kechagiopoulos

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Una storia vera, un'inchiesta lucida e rigorosa ma anche appassionata e delicata. Una indagine personale per dare delle risposte a una figlia a cui sono state censurate anche le domande, ma anche un'analisi sociale e storica. Istruttivo e amaro: un testo da leggere nelle scuole. 

Elena Ciampi

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Con questo libro Calabresi ci aiuta a scoprire e a ripercorrere le tappe che ci sono state prima del rapimento e dell’uccisione di Carlo Saronio, tradito dai suoi amici e dai suoi stessi ideali. In una Milano degli anni 70, ci troviamo coinvolti in complotti, tradimenti ed inganni e ci sembra di essere lì, personaggi di questa tela intricata che Calabresi ci racconta con oggettività ma senza celare un coinvolgimento a tratti personale.

Laura Brunetto

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Pontedera “LaAV”
 coordinato da Maria Rolli
Under 60

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Mario Calabresi ripercorre in queste pagine gli anni ’70, periodo storico che ha profondamente segnato il nostro paese. Il pretesto è l’incontro con Piero Masolo e con Marta Saronio, rispettivamente nipote e figlia di Carlo Saronio, una delle tantissime vittime dei sequestri di persona con cui si finanziavano i gruppi eversivi e ucciso nel 1975. Il libro è un’indagine per scoprire chi fosse Carlo, perché Marta non lo ha mai conosciuto. Carlo è morto prima di sapere di lei e, dopo anni di battaglie per ottenere il riconoscimento da parte della famiglia paterna, sente il bisogno di conoscere quel padre che le è sempre mancato e fare pace con il passato.

Sulle sue tracce scopriamo i personaggi che hanno attraversato gli anni di piombo, i gruppi eversivi, le bande della mala e i nomi delle vittime. La scrittura non convince del tutto. A volte perdiamo il punto di vista, le voci si confondono, ma la storia regge la struttura. Per apprezzarlo si devono superare le prime pagine. Una storia di amicizie sbagliate, tradimenti e pentimenti mancati in cui la verità è un chiaro-scuro. 

Maria Rolli

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Il testo incrocia in modo interessante le vicende italiane di un passato non troppo lontano con l'attualità e con la storia personale dei protagonisti. Sebbene lontane le storie personali di Marta e del narratore in prima persona si intrecciano al fine di creare una sorta di complicità e intimità che aiuta entrambi per vie diverse alla ricerca di sé stessi e per indagare profondamente nel proprio animo.

Il narratore utilizza una sorta di pretesto letterario per raccontarci gli eventi degli anni settanta in Italia parallelamente allo sviluppo delle varie personalità sia vittime che artefici degli eventi (anche di sangue) narrati. Raccontare l'epoca della strategia del terrore utilizzando l'ingrediente della ricerca personale conferisce al testo qualcosa in più di un mero elenco di eventi, ma ci mette a parte della ricerca inquieta dell'animo umano nel quale ognuno di noi può riconoscersi.

Lucia Mennella

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Con stile asciutto ma accorto e sensibile, Mario Calabresi ci accompagna alla scoperta della storia di Saronio ucciso dai suoi stessi compagni nell'Italia degli anni '70. E nascono domande su un pezzo della storia d'Italia, ancora oscuro. 

Il libro però resta a metà strada tra la narrativa e l'inchiesta. 

Rosita Ambrosio

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Un libro coinvolgente fin dalle prime pagine.

La necessità, il desiderio profondo di una figlia, Marta, di capire a fondo chi era Carlo, suo padre, un padre morto prima che lei nascesse, è lo spirito guida del libro.

Calabresi si immerge negli "anni di piombo" per ricostruire la vita di Carlo Saronio. Ne esce il ritratto di un ragazzo che vive come una colpa la sua posizione privilegiata, la sua ricchezza. Un ragazzo che ha un forte senso della giustizia sociale che lo porterà ad avvicinarsi con fiducia al gruppo di estrema sinistra potere operaio, da cui nascerà il gruppo del fronte armato rivoluzionario. Gruppo che tradirà la sua fiducia, amici (uno in particolare Fioroni) che dopo averlo sfruttato, non esiteranno a organizzare il suo rapimento, provocandone la morte.

Una storia narrata con delicatezza, in cui attraverso documentazione di quegli anni e testimonianze di chi quegli anni li ha vissuti, viene "restituito" a Marta suo padre, e viene data al lettore una visione di quegli anni bui della nostra storia. 

Manuela Nazzaro

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L’autore dice di aver voluto scrivere una biografia di Carlo Saronio una vittima del terrorismo degli anni Settanta su richiesta della figlia di lui, Marta, che non l’ha conosciuto ma che la “accompagna sempre”. In realtà la vicenda particolare è uno spunto per sviluppare anche una cronaca di quegli anni, tentando di fare ordine tra gli avvenimenti attraverso parallelismi, approfondimenti ed ampliamenti, cercando una spiegazione, a volte una giustificazione delle scelte del protagonista,  per  consegnare alla figlia un ricordo ed una immagine del padre magari riabilitata, ripulita da sospetti per le scelte fatte; alla fine il suo ricordo resta all’ombra di quanto accaduto, tanto che il nipote toglierà la sua fotografia esposta in casa dopo un incontro con il principale personaggio di questa tragica vicenda, tra i  responsabili della morte dello zio, e che sta  trascorrendo tranquillamente la sua vita in Francia dopo avere scontato una pena di dieci anni di carcere e che a lui appare “non pentito”, ma anche a noi, e che “continua a mentire”, lasciando l’amaro in bocca per quel che è stato e soprattutto per come” è stato”.  Con uno stile chiaro, semplice e lineare, adottando un criterio narrativo logico ed analitico l’autore, in maniera distaccata, apre una finestra/ferita, su uno dei periodi più bui della nostra storia recente, mettendo in luce un episodio forse meno noto di altri. Anche questa una buona lettura.

Enza Scotto

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Un buon incipit ci cattura e ci coinvolge nei primissimi capitoli in quella che crediamo essere la narrazione di un romanzo che si snoda su due livelli temporali diversi e paralleli: da una parte il presente, in cui una donna più che quarantenne cerca verità sulla morte di suo padre, dall’altra il passato risalente agli anni settanta, ad un periodo storico difficile per il nostro Paese, segnato dalle violenze e dal terrorismo. Minuziosa e dettagliata la ricostruzione storica di un’Italia alle prese con fermenti sociali ed economici, con disuguaglianze ancora troppo marcate che porteranno alla nascita di organizzazioni eversive di estrema sinistra. Il rapimento di Carlo Saronio è un fatto di cronaca realmente accaduto: il Fronte Armato Rivoluzionario operaio rapì ed uccise il giovane poco più che ventenne nel 1975. Una storia veramente forte ed intensa.

Eppure, subito dopo i primi capitoli, la narrazione si sviluppa in un lungo “spiegone”, una sorta di documentario, di reportage giornalistico di inchiesta.

Il racconto si snoda attraverso uno snocciolarsi di date, di nomi, di luoghi, di fatti. La scrittura è chiara, eppure ho faticato un po' a portare avanti la lettura. Non ho provato empatia per nessuno dei personaggi, non ho sentito la loro personalità. L’autore me li ha presentati nei loro ruoli, descrivendomi i loro pensieri e sentimenti senza però mostrarmeli, mi ha raccontato tutti i retroscena di questa triste vicenda in un modo freddo, quasi distaccato, che non mi ha coinvolta. Non sono riuscita a provare compassione, paura, gioia, amore, simpatia, dolore, non facevo il tifo per nessuno dei personaggi perché mi sembravano quasi irreali, sentivo di non conoscerli, erano estranei, distanti. Riconosco all’autore di aver effettuato un egregio lavoro di ricerca e ricostruzione sicuramente encomiabile. La lettura è stata per me un arricchimento culturale, non un momento di emozione e coinvolgimento.

Cinzia Di Luzio

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Una storia quasi dimenticata, almeno per me adolescente in quegli anni. Bella la narrazione che sembra una fiction invece è pura e documentata realtà. Il romanzo si svolge principalmente su tre grandi piani: uno storico, documentato dalle vicende vere di quegli anni, gli anni di piombo (seppur il protagonista non muore "di piombo" ma per una dose eccessiva di narcotizzanti), uno socio economico con la narrazione dell'ascesa e della caduta di una importante famiglia di imprenditori lombardi, i Saronio, e l'ultimo più squisitamente psicologico nel tratteggiare in modo gentile, delicato e con una sorta di pudore, i sentimenti e la figura di Marta figlia non conosciuta da Carlo e non riconosciuta in un primo momento dalla stessa famiglia biologica da parte di padre.

Anna Maria Agostino

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Una bella narrazione, fatta di pezzi che si incastrano in un puzzle che diventa unica storia, quella di MARTA e della sua ricerca alle origini. S’intrecciano avvenimenti degli anni di piombo, e storie personali dove il filo conduttore è l’amicizia che ahimè diventa tradimento e porta all’irreparabile. CALABRESI descrive il tutto con delicatezza, entrando nella vita dei personaggi quasi in punta di piedi, accompagna il lettore per mano e lo porta a volerci vedere chiaro fino alla fine, non per curiosità ma per capire i tanti perché si pone in ogni racconto con uno stile pacato, mai interlocutorio.

Candida De Marco

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Mario Calabresi, oltre a essere un bravissimo giornalista, in questo libro ci immerge in una dimensione e una realtà a cui ci fa appassionare. Personaggi di cui lui stesso si innamora, trasmette nella storia qualcosa che ha vissuto sulla sua pelle. Un libro che appassiona e si legge con molto gusto.    

Salvatore Papaianni

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Il libro di Calabresi è tanto accurato nella ricostruzione quanto doloroso nel ripercorrere quel tempo storico e anche Silvia, fidanzata di Carlo Saronio, lo ricorda quando dice “scappavo dalla sofferenza”.
Gli anni tra il 68 al 79 furono anni densi di avvenimenti: le contestazioni pacifiste partirono dall’Università di Berkley, arrivarono in Europa e si modificarono in lotta armata. Da noi presero il nome di “anni di piombo”. Carlo Saronio, non frequentò una scuola elementare ma la grande terrazza di casa sua fu trasformata in una classe dove insegnanti privati ogni mattina facevano lezione. Visse così i primi 10 anni della sua vita continuando poi gli studi presso i gesuiti, la famiglia pensava in questo modo di difenderlo dalla sofferenza, così quando iniziò a frequentare Carlo Fioroni gli mancarono gli strumenti per capire che quell’amicizia era negativa, malata, nociva. E per ironia della sorte, Carlo perde la vita a causa di un prodotto chimico utilizzato in modo errato da una mano maldestra. Allora mi è tornato in mente “La banalità del male” (Hannah Arendt): quando si ha una completa inconsapevolezza delle proprie azioni e quando si prendono decisioni senza valutarne le conseguenze, i risultati sono nefasti e portano quasi sempre alla rovina. 

Margherita Di Francesco

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Il lavoro di Mario Calabresi è stato meticoloso ma arduo e anche se tanti dettagli non saranno mai svelati, è stato in grado, secondo me, di rispondere almeno a questa domanda di Marta, restituendole un padre e un passato che il nostro paese le ha tolto. Il silenzio delle autorità, di una nonna che non aveva la forza di ricordare, di una mamma che ha dovuto andare avanti da sola, il rifiuto di familiari che per tanto tempo hanno cercato di estrometterla dal testamento, hanno trovato sfogo nella richiesta di una figlia senza passato e di un nipote sacerdote che sperava di poter comprendere e perdonare, unica via per guardare al futuro. Perché quando il silenzio nasconde la verità troppo a lungo, questa inizia a soffocarti e deve trovare la via per uscire e recuperare un po’ d’aria.

Anna Scerra

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Treviso “5 del 42”
 coordinato da Laura Pegorer
Under 60
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I sogni di rivoluzione delle giovani generazioni, la grande sensibilità verso certi temi sociali, l'urgenza di mettersi a disposizione, ma al contempo l'importanza della visione d'insieme e di tener accesa 'quella luce che non deve mai spegnersi, qualunque notte attraversiamo'.  'Arriva sempre il giorno in cui si deve fare il conto con le memorie, anche le più dolorose'.    Un libro pulito, centrato, interessante, attuale.  L'autore narra con metodo giornalistico e tono solo poco distaccato un tratto di storia e di memoria del nostro paese che lo riguarda direttamente e che ritiene doveroso aiutare a ripercorrere e ricostruire; lo fa attraverso la narrazione del rapimento e uccisione del brillante giovane milanese Carlo Saronio; lo fa in un momento in cui la pandemia concede a tutti il tempo di riordinare, rimettere insieme dei pezzi, riprendersi cura di se stessi, di persone e di ambiti troppo a lungo trascurati.  Nel cuore del libro, per me, il dilemma dello strano binomio cultura-violenza. Soffermandomi su questo, anche se altri sono i temi principi del libro, Calabresi è riuscito sapientemente a far emergere e a spiegare il 'peso' dell'animo umano.    Molto piaciuto.

Roberta Zanatta

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Il libro di Calabresi cerca di far luce sulla vicenda di Carlo Saronio, figlio della Milano bene degli anni Settanta che cova un profondo disagio verso i suoi privilegi. È un libro ben scritto, scorrevole, nato dalle richieste di una figlia che vuol conoscere il padre e quel che ne viene fuori, in un ridotto scorcio di un periodo storico molto complesso, è il ritratto di un ragazzo diviso tra il volontariato e la militanza in gruppi facinorosi e le frequentazioni di brigadisti.

A voler essere generosi questo ragazzo risulta talmente ingenuo al punto da farsi abbindolare da gente pericolosa senza aver compreso (ce lo chiediamo) la gravità delle sue azioni pagandone il prezzo più caro.

Avrebbe potuto sfruttare in modo più costruttivo e durevole le sue qualità, i suoi studi e le sue possibilità ma ha scelto la strada forse più affascinante di una lotta folle che non ha portato a nulla.

Mara Paladini

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Treviso “5 del 42”
 coordinato da Laura Pegorer
Over 60
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Un solo termine posso esprimere per questo testo " NOIOSO", e non dico altro.

Eugenia Mungari

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Ho trovato questo libro a tratti interessante; a livello storico le vicende avvenute durante gli Anni di Piombo sono narrate minuziosamente, in maniera dettagliata e riescono a rendere l’idea della situazione socio politica di quegli anni difficili.

Le vicende realmente accadute mi hanno riportato alla mente il libro "M. Il figlio del secolo" di A. Scurati.

Leggendo il libro di Scurati, nonostante non sia una semplice biografia di Mussolini quindi non si legge solamente della sua vita, le vicende sono intrise della personalità del Duce e la sua presenza è sempre costante anche quando non ne è partecipe.

Mario Calabresi affronta varie tematiche e presenta vari personaggi ma non ho sentito, leggendo il suo libro, la presenza costante del protagonista Carlo: si pone il focus su molti personaggi a discapito della vicenda principale.

Il dolore della ragazza turbata e insoddisfatta non è riuscito ad emozionarmi tranne per il fatto che questa storia è accaduta realmente.

Marta Marcazzan

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Entrambi i libri, “La bomba atomica” di R. Mercadini e “Quello che non ti dicono” di M. Calabresi sono di lettura scorrevole, scritti con linguaggio piano, accattivante, catturano l’attenzione. È proprio questo tono quasi confidenziale a rendermi preferibile il testo di Calabresi piuttosto che quello di Mercadini. Trovo che un linguaggio simile sia più consono per ricostruire una vicenda di storia minuta, che ha coinvolto tragicamente una persona e la sua famiglia, inserita in un breve arco di tempo che vede storicamente coinvolto il nostro intero paese.

Tiziana Niero

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Un altro libro sugli anni ‘70 non se ne sentiva il bisogno! La storia di Carlo Saronio, la sua vita confusa tra il disagio della famiglia di appartenenza e l’utopia del cambiamento.  Sono gli anni di piombo, sono tutti colpevoli per ingenuità o per calcolo. Per lui vale la prima ipotesi avvalorata dalla sua morte per mano dei brigatisti che comunque aiutava. La sua storia si intreccia a quella di Fioroni che lo sfrutta lo tradisce lo uccide.  L’autore traccia il ritratto di un ragazzo dolente che decide di espiare la colpa di appartenere ad una famiglia ricca. Ne viene fuori una figura ingenua fino all’assurdo senza spessore, banale. Nella sua storia niente commuove veramente ci si irrita di più per la sua scarsa consapevolezza. Dallo scritto non emerge un innocente ma un superficiale senza attrattiva.

Nat Mungari

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Storia del rapimento e dell’uccisione di Carlo Saronio nella Milano dei tormentati anni ’70. Il fatto provocò allora sentimenti contrastanti perché sembrò all’inizio che la vittima fosse complice dei suoi rapitori e forse in qualcuno il dubbio rimase anche dopo. Inoltre, probabilmente, si incolpò Saronio di essere stato amico dell’organizzatore del suo rapimento e di aver frequentato e aiutato personaggi che poi si impegneranno nella lotta armata. Calabresi fa un racconto misurato ma mai freddo della breve vita di questo ragazzo, della sua inadeguatezza nel sentirsi ricco e privilegiato e del suo desiderio di partecipare ai cambiamenti in atto nella società. L’autore riesce a rendere in modo efficace l’atmosfera di quegli anni, di quanto fosse facile scivolare in derive pericolose e del danno fatto da troppi “cattivi maestri”. Si percepisce nel racconto un affetto per questo giovane uomo e il rimpianto per la sua vita spezzata, per un amore incompiuto, per una figlia mai conosciuta, per tutto quello che avrebbe potuto essere e che non è stato perché distrutto da quella follia che fu il terrorismo in Italia.

Laura Mosele

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La storia di un rapimento e delle sue conseguenze, ma soprattutto la Storia di quegli anni, (gli anni ’70) soprattutto la Storia della società italiana, di quei “tempi feroci” e dei valori che pervadevano quella società, valori condivisi e talora imposti che avevano reso  Carlo Saronio (la vittima di cui Calabresi ripercorre le vicissitudini) un soggetto dilaniato dall’appartenere a due culture, quella a cui avrebbe forse voluto assimilarsi e quella da cui proveniva, dilemma che lo fece vivere tormentato dai forti sensi di colpa e che lo portò anche alla tragica morte, forse, suggerisce Calabresi, un’espiazione.  Nonostante sia scritta con l’uso del tempo presente, il tempo che crea pathos e partecipazione, la temperatura emotiva del romanzo rimane tiepida. Si crea un contrasto evidente tra la neutralità della forma e l’incandescenza dei temi. Calabresi non crea ganci, non provoca attesa o mistero, la scrittura è quasi sciatta; non sa o non vuole sollecitare l’interesse? La struttura poco attraente e faticosa, sembra aver bisogno di un editor. Ma servirebbe? Solo il breve racconto di Olga Tokarczuk, inserito nel finale, ci solleva da questo insipido affastellamento di fatti. Seppure importanti. E proprio per questo, degni di essere ricordati con maggiore intensità.

Laura Pegorer

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Perugia “LaAV”
 coordinato da Carlo Floris
Under 45

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Quello che non ti dicono è una lucida e precisa ricostruzione di un sequestro di persona, quello di Carlo Saronio, rapito e ucciso il 15 aprile 1975. L’autore scava nelle vite private di numerose persone, oltre che nella vita politica e istituzionale degli anni di piombo. Ma il tono è molto freddo, non coinvolge, sono storie per me lontane e il ritmo è lento, da verbale da indagine poliziesca.

Carlo Floris

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Dolorose storie personali che si intrecciano, restituendo il sapore di una pagina oscura della nostra Storia, il terrorismo degli anni Settanta. Attraverso gli occhi della figlia Marta e del nipote Piero, decisi a rompere anni di omertà, il coraggio, l’apertura al dialogo e la determinazione fanno luce sulla figura di Carlo Saronio, giovane ragazzo della Milano bene, ucciso nel 1975, conducendoci verso quello che molti, troppo spesso, non ci dicono. 

La recherche è sapientemente ricostruita con la giusta dose di suspense e pathos.

Elisa Amadori

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“Mi aiuti a scoprire chi era mio padre? Non l'ho mai conosciuto, ma è sempre con me.»

“Quello che non ti dicono” è un libro che parla della necessità di una figlia, ormai donna, di capire chi fosse davvero quel padre che non ha mai conosciuto e di cui nessuno vuole parlarle. È la storia di una vicenda familiare che ruota intorno ad un episodio di cronaca nera politica degli anni ’70: il sequestro e l’uccisione di un ragazzo di 26 anni, Carlo Saronio. È il racconto di un tradimento, di un’amicizia fondata su ideali sbagliati. È la ricostruzione, basata sulle testimonianze raccolte dall’autore, della vita di un ragazzo che spesso con senso di inadeguatezza smarrimento cercava il suo posto nel mondo…

Calabresi è riuscito a trascinarmi in un periodo storico di cui conoscevo ben poco e lo ha fatto con grande accuratezza nella descrizione dei fatti, mostrando però, e questo mi ha molto colpito, una grande sensibilità e un grande rispetto di tutte le persone coinvolte.

Sara Volpini

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Calabresi racconta la storia di Carlo Saronio e ci immerge con parole dirette in una Milano degli anni 70. Grazie alla richiesta di Marta, figlia di Carlo, si scopre la vita del padre che lei non ha mai conosciuto.

La storia è ricca di testimonianze interessanti e il libro si legge in maniera scorrevole, si è spinti verso il finale - anche se già se ne conosce l'esito - nella speranza di poter ridare a Marta i ricordi nascosti per troppo tempo.

Libro carino ma non mi ha incuriosito più di tanto.

Rossella Venegoni

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Perugia “LaAV”
 coordinato da Carlo Floris
Under 60

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Mario Calabresi in Quello che non ti dicono narra una storia pubblica di cronaca nera negli anni di piombo: il sequestro, la morte e il riscatto di Carlo Saronio, figlio ventiseienne di industriali chimici milanesi arricchiti durante il regime fascista.

Come in un reportage, tratteggia dopo quarant’anni di silenzi la storia della rimozione di una tragedia familiare a cui la figlia Marta e il cugino padre Piero, che vive a Algeri, vogliono dar luce, e riscrive la storia di una tragedia che è anche sociale, tra depistaggi e verità giudiziarie, tra toluolo e Porsche rubate.

Annamaria Gotti

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Con la lucidità di chi vorrebbe restare fuori dai fatti, ma non può perché fanno parte del suo bagaglio biografico, e con la dolcezza di un narratore che entra in punta di piedi nelle vite degli altri, l’autore cerca di svelare segreti ancora irrisolti degli anni di piombo, riguardanti il rapimento di Carlo Saronio. E lo fa documentandosi in maniera certosina: scavando tra atti mai rivelati e articoli di giornale dell’epoca, attraverso fotografie di un passato che è ancora presente, e intervistando i personaggi coinvolti nell’arco di cinquant’anni.

La prima è Marta, la figlia di Carlo: lei, che non ha mai conosciuto suo padre, perché nata dopo il suo assassinio da parte del gruppo politico di estrema sinistra Potere Operaio, vuole far luce sulla vicenda. Assieme a lei anche il cugino Piero Masolo, prete missionario in Algeria, chiede all’autore di sciogliere i tanti nodi che avvolgono la figura di suo zio. Poi, sullo sfondo ci sono Silvia, la compagna di Carlo, la madre Angela e tanti altri personaggi della famiglia Saronio, e ad essa collegati, che fanno da cornice a ciò che più viene messo in luce dalla narrazione: la figura di Carlo, un ragazzo perennemente diviso tra ciò che è il suo background economico-familiare di ricchezza e agio, e i suoi ideali di contestazione verso questo stesso mondo.

E sarà questo suo bipolarismo identitario a liberarlo – in una sorta di “espiazione”, come dice l’autore, della sua colpa di essere ricco e “diverso” – dalle ombre che avvolgono il suo rapporto con la persona che più di ogni altro approfitterà di questa sua dualità: Carlo Fioroni. Attivista di Azione Partigiana e poi delle Brigate Rosse, lo tradirà organizzando il suo rapimento per estorcere soldi alla famiglia. Nemmeno dopo mezzo secolo, Fioroni rinnegherà ciò che ha fatto, ma continuerà a tenere la maschera di fronte all’accertata evidenza di aver organizzato il sequestro di “... quell’amico che lo ha sempre difeso, finanziato e tenuto nascosto”.

Luisa Lanari

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Perugia “LaAV”
 coordinato da Carlo Floris
Over 60

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Questo libro ha molte cose in comune con il testo di Mercadini. Anche in questo caso si ricostruisce una storia con frammenti di altre storie per giungere a un finale conosciuto. Ho però trovato questo libro abbastanza noioso. Non c'è un crescendo del ritmo, anzi, diventa puntiglioso, dispersivo e anche un po' ripetitivo.

Laura Guarino

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La lettura del testo è stata piacevole e interessante. Io mi ricordo bene delle vicende legate al terrorismo poiché le ho sentite raccontare dai giornali e dai media dell’epoca mentre succedevano.

Il libro di Calabresi mi ha riportato il sapore di quell’epoca. In complesso definirei questo lavoro come una paziente, artigianale e onesta ricostruzione, compiuta da qualcuno che è emotivamente molto coinvolto nelle vicende che racconta.

Claudia Delfino

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Il libro mi ha colpito e, direi, affondato. Rileggere come le persone si sono lasciate coinvolgere in modo consapevole in fatti come quelli che sono narrati mi lascia sempre molta amarezza. Avendo vissuto un po' l'atmosfera di quegli anni, anche se molto marginalmente in quanto avevo un’età non del tutto e propriamente consapevole ma ancora adolescenziale, posso capire come Carlo Saronio abbia vissuto il forte dissidio interiore tra la sua sensibilità altruistica ed il suo stato sociale. Leggendo il libro, ad ogni pagina mi sono chiesto che cosa abbia impedito ad un giovane intelligente di capire di avere intrapreso una strada che lo avrebbe portato solo verso l'oscurità. E, ovviamente, non ho trovato risposta. Peraltro il percorso narrativo che utilizza Calabresi è avvincente e direi in senso normale: dall'evento finale, il rapimento e la morte di Saroni, cerca di risalire alle cause che hanno indotto e spinto questo ragazzo verso la fine che ha fatto. Ma le cause intime restano chiuse nella sfera privata del protagonista e non ci sarà dato di saperle, solo immaginarle.

Franco Monticelli

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Occupandosi del rapimento di Carlo Saronio, Calabresi ritorna sulle orme di un passato ingombrante che finisce per penetrare tutta la narrazione. La scrittura è scorrevole sebbene dolente e velata di tristezza. Secondo me il romanzo si struttura principalmente intorno alla contrapposizione tra il Carlo buono – la bellezza, la cultura, l’America, l’intelligenza, la bontà, il francescano rifiuto della ricchezza e dei privilegi, gli ideali, e il Carlo cattivo, “personaggio equivoco” di cui non fidarsi, cattivo, infido, pericoloso, traditore. Ho visto in questa scelta non tanto un tentativo di dare un senso a quel particolare momento storico ma piuttosto un reiterare con forza chi sono i giusti. Non sono sicura che fosse necessario e mi sembra che questa scelta chiuda il racconto in un angolo dal quale alla fine non riesce più a uscire.

Daniela Delfino

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Grandi lettori
di Robinson
Under 30
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Il libro è incentrato sulla figura di Carlo Saronio, vittima di rapimento per mano dell'estrema sinistra negli anni '70, è quindi una ricostruzione di ricordi e di testimonianze di chi conosceva il giovane.

Il percorso risulta a volte lento, con digressioni su racconti di poco conto, come la descrizione di cambiamenti paesaggistici o il ritrovamento di vecchie foto scolastiche, per poi prendere velocità al momento di riportare i cenni storici realmente accaduti.

La storia, che tutti conosciamo, viene soffocata per dare invece ossigeno alla vita personale e privata di Carlo.

L'unità narrativa è scandita dai racconti che cambiano ad ogni nuovo capitolo, ma assente è la traccia temporale che potrebbe guidare meglio il lettore nei salti in cui avvengono i fatti.

Per riassumere, prevale il piano personale del protagonista assente (Carlo), come se l'autore volesse dare una descrizione privata dell'uomo che fu per la figlia Marta che nacque dopo la sua morte.

L'approccio dell'autore predilige un piano più umano e romanzato, piuttosto che quello crudo e storico. Dipende dai gusti, dicevano.

Domiziana Peretti

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Quello che non ti dicono, di Mario Calabresi è una storia raccontata tramite l’intreccio di più storie.

Ambientato negli anni ’70 il romanzo svolge una funzione civica, riportando alla luce una delle tante stragi dimenticate degli anni di Piombo, il rapimento di Carlo Saronio.

La finzione letteraria si compone nelle indagini portate avanti dall’autore del romanzo, nonché giornalista, che cerca di ricostruire un ritratto della vittima interrogando chi gli era stato vicino nei suoi pochi anni di vita. Lo stile del redattore si sposa bene con la scelta dell’ambientazione, che appassionerà tanto i Milanesi, i quali si ritroveranno in diversi luoghi i conosciuti, quanto chi gli anni ’70 li ha davvero vissuti, grazie agli sparsi richiami storici che la contestualizzazione permette di comanda allo stesso tempo. L’unica pecca del libro, forse, è il pacato coinvolgimento emotivo: le passioni e i dolori dei personaggi restano sullo sfondo, il linguaggio è semplice e poco intrusivo ma certamente questa è una scelta stilistica. L’autore non aspirava a raccontare la storia d'amore di Carlo Sorini ma la sua tragedia.

Irene Binaghi

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In “Quello che non ti dicono” vediamo una narrazione parallela di quello che l’autore vive con lo scoprimento della verità su Carlo. Mario Calabresi ci rende partecipi di quello che è un lavoro di inchiesta, ci introduce le fonti, gli avvenimenti, i luoghi, leggendolo ci sembra di indagare con lui su quello che poi ci racconterà: la storia di un uomo scomparso e di cui i suoi cari non sapevano più nulla. Non ci sono giudizi, leggiamo un racconto in prima persona di come l’autore si avvicina alla storia di Carlo Saronio, un uomo buono che vive un forte conflitto interiore e sociale.

Lisa Fioriello

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Splendido. "Quello che non ti dicono" di Mario Calabresi è uno scenario di una vita tra più vite. Amori, amicizie, tradimenti, segreti, ribellioni. Un puzzle della vita di Carlo Saronio, tra i suoi silenzi, le inquietudini, la brama di normalità. Oppresso dalla colpa di esser ricco, un ragazzo intelligente e tormentato, smanioso di una vita diversa, viene sequestrato dagli amici che aveva sempre protetto e aiutato. Una narrazione scorrevole e avvincente che avvolge le parole mai dette e le vicende nascoste di un giovane ragazzo, la cui vita è stata strappata ingiustamente. L'autore riesce a cullare il ricordo di Carlo, riuscendo a dipingerlo nei quartieri di Milano nella seconda metà del 1900 e, alle volte, invece, oltre oceano. Quello che colpisce di più è che l'autore non riesce a svelare tutto. Rimangono ancora dei dubbi, qualcosa che manca, che forse a noi lettori non basta, eppure questo libro, forse, placherà in parte il cuore di Marta, la figlia che Carlo non ha mai conosciuto.

Sara D'Aniello

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Con questo libro Calabresi ricostruisce le vicende attorno al rapimento e all’assassinio di Carlo Saronio, facendoci rivivere gli anni del terrorismo in Italia, in particolare a Milano. È un fatto di cronaca, politico e familiare. È quasi sconosciuto ai più giovani, ma si rivela piuttosto interessante anche per chi quella realtà la sente lontana. Devo ammettere, però, che in questo libro non ho trovato quella scintilla che invece mi aveva colpita leggendo Cosa tiene accese le stelle (2011). È una prosa diversa, dal tono più giornalistico ed estremamente dettagliata, a tratti difficile per chi non conosce abbastanza bene le vicende qui narrate. 

Arianna Ghiglione

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Mario Calabresi si pone davanti a una sfida maestosa: raccontare la vita di una persona che non c'è più. Con una semplicità e una linearità, Calabresi ripercorre la storia di Carlo Saronio, sotto richiesta della figlia.

Da qui inizia il racconto: non quello del suo rapimento, non una storia di terrorismo ma letteralmente la vita di Saronio, la sua persona.

Attraverso le sue parole ripercorriamo gli anni di piombo, incontriamo vite che si intrecciano e risposte che a loro volta fanno sorgere altre domande.

Calabresi ridona memoria a una persona che, per motivi anche comprensibili, è stata dimenticata.

Questo non è un libro, è un dono.

Marta Gabucci

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In questo libro emozionante, Calabresi torna a scrivere degli anni ‘70, un periodo ancora oscuro e con il quale l’Italia non ha mai fatto davvero i conti. Per la mia identità di italiano, e di giovane italiano, il lavoro di Calabresi

è preziosissimo: per provare a comprendere il contesto, la cultura, e immedesimarsi in un mondo lontanissimo da quello di oggi. Che però è storia. Una storia minore, perché per molto tempo non si è voluto raccontarla e approfondirla. Così molti dei protagonisti di quegli anni, alcuni di quei terroristi, oggi sono anonimi settantenni, con figli e nipoti e potrebbero essere, come scrive l’autore, i nostri grigi vicini. Per non parlare di chi continua ad occupare posizioni pubbliche, magari di rilevo, o gode di fama, pur avendo fatto parte, in varia misura, di quel fenomeno.

Luigi Apa

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Calabresi mostra una scrittura toccante, pacata, ma lucida e incisiva. Attraverso uno stile giornalistico, il romanzo tenta di mettere insieme i tasselli sparsi negli ultimi cinquant’anni, per ricostruire la storia di una donna alla ricerca della propria identità attraverso quella del proprio padre. Ne deriva una cronaca storica di una vicenda oscura, sia perché fino ad ora inesplorata, sia perché estremamente dolente. Privo di particolare suggestione, leggere questo romanzo è come ritrovare, perse in una scatola in cantina, delle vecchie fotografie di famiglia.

Liliana Albano

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Sono gli anni Settanta, per le strade e i quartieri di una Milano percorsa da scandali, violenza, rapimenti e attentati. Una città che era specchio di un Paese in cui il dibattito pubblico era sempre più teso, polarizzato in ideologie che non ammettevano sfumature o compromessi e che hanno scavato una frattura nella storia d’Italia. Calabresi racconta le vicende di Carlo Saronio e della sua famiglia, vicende che diventano specchio di una storia collettiva, fatta di contraddizioni e tentativi di redenzione. La narrazione alterna tra pagine molto godibili, in cui traspare il coinvolgimento emotivo dell’autore e in cui i sentimenti dei protagonisti emergono con dolorosa autenticità, ed intermezzi dal tono un po’ troppo cronachistico che raffreddano e rallentano eccessivamente lo svolgimento dei fatti.

Cecilia Tomassini

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Mario Calabresi accompagna il lettore in quegli anni settanta, contraddittori e ricchi di linee d'ombra, oscuri e familiari allo stesso tempo. Lo stile asciutto del cronista dipana in modo graduale una vicenda paradigmatica di quel periodo, fatto di stragi, terrorismo e lotte sociali, di speranze sogni e violenza.

In “Quello che non ti dicono” l’autore offre, soprattutto a chi non ha vissuto quegli anni, tutte le tensioni e le incongruenze sperimentate dai protagonisti, senza la volontà di giudicare, con il bisogno di comprendere e il desiderio di conoscere.

Simone Salussolia

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Dal generale si scende al particolare nella storia di Calabresi, che rispolvera uno degli angoli più oscuri nella Storia italiana. Ho apprezzato molto lo stile giornalistico e lineare, che si adopera a presentare le contraddizioni umane e ideologiche di persone che hanno vissuto attivamente un capitolo per molti versi ancora logicamente inspiegabile, tra cui il suo stesso padre, in un passato che non è poi così lontano da noi.

Fabia Brustia

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“Quello che non ti dicono” è un libro che narra una storia molto delicata, quella del padre di Marta, sconosciuta a molti. Calabresi è riuscito a ricostruire la storia con meticolosità, raccontandola con cura e rispetto. È una storia fatta di sacrifici, di viaggi, di fughe, di racconti, lettere ritrovate e altrettante perdute, di amici e parenti che vogliono ricordare e comprendere a fondo. Lo stile è semplice e diretto, perfetto per la storia di Carlo. Le parole sono scelte con cura e non risultano mai fuori luogo. È incredibile la passione e la voglia di raccontare dell’autore che si è documentato a lungo per poter raccontare al meglio questa storia tanto delicata.

Chiara Gizzi

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Calabresi ci dimostra come si scrive un libro che narra una storia reale, un episodio amaro della storia italiana, attenzione però a non confonderlo con un libro di storia è si un insieme di documenti e articoli, ma è anche un insieme di sofferenze, di scelte, di una vita fermata a 26 anni, di sogni e speranze di una famiglia infranti.

 

 È la figlia Marta che dopo 40 anni decide di riaprire questo capitolo della sua vita e chiede aiuto allo scrittore per ripercorrere il Timeline della sua vita e della vita di un padre mai conosciuto. Incentrato sulla vicenda di Carlo Saronio rampollo dell'alta borghesia milanese, ingegnere e ricercatore, simpatizzante di una sinistra estrema da cui negli anni si era distaccato. La sera del 14 aprile 1975 viene rapito e scomparso nella cerchia del terrorismo, nato da poco, Italiano. Scrittura e lettura molto fluente, mi è piaciuto molto come a tratti fa leva sulla nostra empatia, sulle nostre emozioni e la nostra conoscenza e consapevolezza della storia Italiana.

Giulia Paiano

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Catapultati in una sorta di “Finestra sul cortile”, che affaccia sugli omertosi anni settanta della sinistra italiana, “Quello che non ti dicono” rivelasi essere un mosaico di immagini, figure, fatti ed atti, incastrati armoniosamente in un quadro che rispecchia la situazione di quell’Italia frammentata, fragile. Calabresi riesce a far convergere in un punto di indefinita chiarezza, con uno stile tipicamente giornalistico ed a tratti piacevolmente lapidario, ogni tassello di una storia troppo spesso dubbia e, oserei, dimenticata; scava in questa “contraddizione, in questa frattura temporale tra due mondi dove Carlo, (come tanti altri) è stato inghiottito" (“Quello che non ti dicono”, Mario Calabresi ,2020). Il risultato è per me un vero e proprio encomio alla verità, o per lo meno, all’instancabile ricerca di essa.

Benedetta Pascucci

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Grandi lettori
di Robinson
Under 45
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Difficile scegliere uno dei due perché, anche se parliamo di due storie molto diverse, in due epoche diverse, entrambe hanno in sottofondo tematiche che ho trovato comuni, ma anche di come queste abbiamo un ruolo centrale nella vita reale, che ognuno di noi vive. Mentre le leggevo mi hanno fatto, di continuo pensare e ritornare agli stessi identici ragionamenti:

- l'idea delle scelte che si impongono ai protagonisti (reali) e che (in)volontariamente si prendono senza pensare adeguatamente alle conseguenze che queste sottintendono;

- l'importanza della relazione tra i protagonisti, di come questa si trasformi e di come diventino snodi fondamentali per lo sviluppo di due storie che, diversamente, non sarebbero mai diventate Storia;

Davvero due belle storie che ci aprono uno spazio temporale su un mondo, più o meno lontano, ma anche molto vicino e che chiedono un esame di coscienza alle nostre identità.

Quello Che Non Ti Dicono risente di uno stile che è più giornalistico, più aperto alla comprensione di tutti ma senza voler essere accattivante. Asciutto anche se non distaccato.

C'è un capitolo, in particolare, in cui si mette a nudo la sostanza e il nocciolo della storia narrata. Forse anche il senso che spinge l'autore a scrivere di questa storia a tutti noi. È il capitolo dell'ACQUA SCURA" in cui ci si chiede "Quanta gente che è ancora viva potrebbe parlare".

Una parte della nostra storia che ha coinvolto così tante persone, e molte in processi e rivendicazioni violente, come mai non ha potuto produrre un numero adeguato di testimoni che ci raccontassero cosa fosse il terrorismo. Certo c'è la storia del libro ma il fondo di tutto, che poi si riverbera anche sulla famiglia del giovane Carlo Saronio, è che quella è una parte di noi che no vogliamo o che facciamo fatica a raccontare in qualsiasi forma e da qualsiasi punto di vista.

Gianni Vacchiano

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Intenso, a tratti malinconico ma sempre "reale". Immerge il lettore in un’epoca vicina ma al tempo stesso poco conosciuta per i ragazzi della nostra generazione che ha segnato la storia italiana del dopoguerra.

La storia di un uomo che non conobbe mai sua figlia. Un uomo diviso tra il cognome che portava e ciò che avrebbe voluto essere. Una pagina nera della cronaca italiana. Un libro scritto per raccontare a sua figlia Marta chi era Carlo Saronio.

Roberto Romiti

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Nella verità di una storia accaduta, Calabresi riesce a ricamare la trama di vite legate da un filo unico: il tradimento.

Calabresi è un maestro della minuziosità che caratterizza i personaggi, i fatti, la ricostruzione di un passato che poi tanto lontano non è.

Il suo modo di farci calare nel profondo di una storia familiare è molto attento e rispettoso delle Persone e della Storia, senza mai giudicare.

È proprio la ricerca delle radici a renderci giudici di una vita vissuta, anche nei tradimenti...soprattutto in quelli.

È, infine, stato bravo a farci percorrere la nostra storia rimettendo insieme pezzi di storie.

F.to Luigi d'Alauro

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È difficile guardare al futuro se non si ha un passato da cui partire. Per questo Marta cerca disperatamente la verità su suo padre, morto ancora prima che lei venisse al mondo. Ma fare luce sulla Milano degli anni 70, densa di segreti e violenza, non è un’impresa facile. Così interviene l’autore che si cimenta in una raccolta di testimonianze, spesso concatenate con difficoltà saltando vorticosamente in momenti temporali diversi, cosa che ostacola il lettore nel seguire la vicenda con coinvolgimento. I personaggi vengono tratteggiati approssimativamente, senza scavare troppo a fondo, forse per la lecita difficoltà di recuperare testimonianze. Il libro apre uno spiraglio su un tratto di storia italiana che ancora infiamma, raccontando la sofferenza e la paura vissuta da molte famiglie. 

Francesca Garbagnati

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Grandi lettori
di Robinson
Under 60
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Gli incontri sono già dei libri, sono dei romanzi. Non hanno nulla di inventato. La scrittura arriva liscia, perché sincera, naturale. E con gli incontri si arriva a fare inchieste, ad indagare. Non c'è bisogno di essere commissari di polizia. Un incontro, soprattutto come quello raccontato da Mario Calabresi, fa pensare, fa riflettere, rimuginare. E fa scattare un meccanismo vorticoso che vuole arrivare alla verità. Perché non riguarda solo un giornalista (ahimè, non posso far finta Giorgio di non sapere chi sia l'autore del libro perché lo stile con cui questo viaggio viene condotto per disvelare “quello che non ti dicono” ha i ritmi e i modi del cronista!!!). L'incontro di Calabresi racconta anni particolari della nostra storia repubblicana, non certo in modo didascalico o saggistico, che potrebbero essere anche noiosi, ma attraverso il dialogo con persone, con le loro storie, con le loro vite. Quelle che i libri ci aiutano a capire, a sognare, a vivere (oltre la nostra!).

Tiziano Zengarini

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Un’indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: è quello che Mario Calabresi costruisce nelle pagine del suo libro “Quello che non dicono”. Un duro ed emozionante rimestare nelle tristi e note vicende degli “anni di piombo” che continuano ancora a celare aspetti, storie e personaggi ambigui ed oscuri. L'indagine sulla morte di Carlo Saronio, figlio di una delle famiglie più benestanti di Milano, diventa la narrazione personale e collettiva dell’espiazione di un’anima e di anni della nostra storia più recente che nel suo continuo interrogarsi e condannarsi cerca una via di salvezza.

Calogero Messina

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È stato come trovarsi in un tribunale ed ascoltare la propria vita raccontata dall'avvocato della controparte.

Forse non è proprio calzante, ma è stata la prima sensazione che ho avuto quando ho finito di leggere "Quello che non ti dicono".

I fatti ci sono. Ci sono le date, gli orari, i contesti, le storie che compongono la grande storia, i personaggi hanno nomi e cognomi, tutto sembra già scritto: perfetto. Tutti i tasselli si ricompongono con la precisione di un puzzle. Insomma, questa indagine sembra risolta...Eppure...

"Quello che non ti dicono alla fine te lo vai a cercare", si...ma

perché chiedere ad un estraneo di rimettere insieme i pezzi di quello che era il nostro mondo prima di noi?

Forse Marta ha già il suo enorme fardello e non ha bisogno di altro? Vuole solo conoscere esattamente i fatti? Ci sta.

Ma ogni ricerca che ci riguarda dovrebbe portare l'apertura di altre sconosciute porte, le verità nascoste una volta conosciute non dovrebbero risolvere bensì innescare. E forse quando c'è troppa chiarezza, troppa luce...alla fine anche gli occhi più coraggiosi si chiudono.

Fabrizia Testatonda

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Quello che non ti dicono di Mario Calabresi
Mondadori

 

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Gruppo di Lettura del Torneo letterario di Robinson
di Buccinasco “Biblioteca di Buccinasco”
coordinato da Silvia Mincuzzi
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Un libro che ho trovato estremamente interessante. Si torna con la memoria ai tempi bui del terrorismo: con scrittura secca e documentata, con stile giornalistico si scandagliano avvenimenti, motivazioni giustificazioni di un odioso atto criminale. Mi è molto piaciuta questa voglia dell’autore di capire le ragioni di tutti, di far parlare i protagonisti. Un libro da leggere per comprendere la nostra storia.

Maurizio Berra

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Questo libro ha avuto la mia preferenza: è una storia avvincente e piacevole e come altri libri di Calabresi è scorrevole. La storia di Carlo S. racconta di un periodo difficile (gli anni ‘70), fatto di sogni ma anche di tanta violenza, di anni che non ho vissuto e di cui poco si parla. È una vera e propria fotografia dei tempi e di pensieri che risultano quasi difficili da spiegare; come per Marta - figlia del protagonista - anche il lettore non trova alcune risposte nel libro, ma un’analisi perfetta, scritta con molta eleganza. Bellissimo.

Paola Boni

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L’ho scelto perché è un periodo che ho vissuto, purtroppo ricordo poco la vicenda di Carlo Saronio, mentre ricordo lo scalpore per la morte di Feltrinelli. L’ho ripercorsa volentieri con curiosità. È una bella ricostruzione dei fatti del ‘68, allora molto confusi, da parte di Calabresi in quanto giornalista. Mi ricorda la stessa indagine di Nicola Lagioia nella "Città dei vivi", la stessa dinamica. Mi ha fatto molto riflettere come l’educazione imposta a un bambino, nell’ottica di preservarlo da pericoli o cattive amicizie, abbia ottenuto per Carlo Saronio esattamente l’effetto opposto; così come ha influito sul suo carattere riservato e nel rifiuto alla ricchezza ostentata dalla sua famiglia, che veniva interpretata come una vergogna. Bravo Calabresi, lavoro titanico. Lettura da consigliare

Franca Cerri

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Nessuno dei due libri proposti mi ha convinto pienamente e la scelta cade sul libro che meno mi ha angosciato: Calabresi, Quello che non ti dicono. Non certo un romanzo, ma un libro di ricerca. Non sempre rigoroso, a volte scivola in supposizioni e immaginazioni. Attraversa anni difficili e confusi che ancora, a vederli da lontano, non regalano certezze e visioni chiarificatrici. La richiesta di Marta alla fine quasi sfugge allo scrittore e probabilmente non sapremo mai chi fosse Carlo.

Donata Ferrari

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Mario Calabresi ha sicuramente fatto un ottimo lavoro di ricostruzione storica, seguendo tracce, cercando documenti, contattando persone toccate dalla tragica vicenda di Carlo Saronio. Chi, come me, ne aveva solo un ricordo vago, ne ha tratto una conoscenza maggiore, che aggiunge un tassello al quadro di quegli “anni settanta”, che rappresentano uno dei periodi più complessi della nostra storia. Peraltro il limite di questo lavoro sta nel fatto che “per capire, bisognerebbe immergersi in un’acqua scura dove riuscire a dare un nome preciso alle cose è impresa impossibile. Ricostruire nei dettagli quello che è successo negli anni Settanta è un’illusione”. Così ti accorgi che i testimoni diretti a volte sono reticenti, a volte mentono per difendere sé stessi, a volte danno versioni contraddette da altri. Allora “Quello che non ti dicono”, anche se lo vai a cercare, spesso ancora non è dato sapere.

Raffaella Invernizzi

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Un romanzo che tenta di fare luce su aspetti della storia del nostro Paese mai chiariti, tentativo che peraltro può riuscire solo in parte, dal momento che le risposte ai tanti interrogativi legati alla fine di Carlo Saronio sono scomparse con lui. Romanzo onesto, nel quale l’autore non tenta mai di forzare la realtà o piegarla a un’interpretazione, utile per inquadrare il contesto storico, senza la pretesa di spiegarlo a chi non c’era. Impresa forse impossibile, dal momento che anche a molti di coloro che hanno vissuto quegli anni il ricordo restituisce un quadro di complessiva incertezza, in cui il confine tra bene e male appare come avvolto da una nebulosa e ancora più labile di quanto non sia in generale. 

Agnese Manzo

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Ho preferito il libro di Mario Calabresi perché - con mano felice - ricostruisce un periodo di cui poco si sapeva e meno si capiva. La ricerca della verità nel caso Saronio è una lente di ingrandimento per mettere a fuoco tensioni e ideologie degli anni 70, in modo efficace e comprensibile. L’umanità delle persone coinvolte inoltre emerge con prepotenza.

Monia Marchiori

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Storia difficilissima da raccontare senza scadere nella banalità del luogo comune, nella sufficienza di un moralismo da senno di poi, di una condanna superficiale e senza comprensione di un periodo cosi complesso e contraddittorio, istintivo e razionale, angelico e diabolico. Calabresi ce la fa in modo egregio, esplorando le pieghe recondite di una storia recente (che molti di noi a Milano hanno vissuto in ruoli diversi), senza mai indulgere alla superficiale e arrogante faciloneria, con la modestia di chi sa (e dice) di non avere le parole per spiegare tutto, con la leggerezza di una impostazione giornalistica, controllata al punto da non spezzare l’azione, ma invece darle fondamento, eppure con un ritmo incalzante, che riesce a trasformare la cronaca in letteratura. E Carlo Saronio è l’antieroe perfetto, tormentato e sofferto apprendista stregone, dilaniato dai sensi di colpa per colpe non sue, ossessionato dalla voglia di riscatto, di espiazione, (umana e cosmico-cristiana), che non riesce a trovare pace e quando ci prova, è troppo tardi. Credo sia un libro da usare nelle scuole perché offre strumenti di comprensione, ma mette in guardia continuamente dal cedere alla tentazione di imbrigliare la storia in categorie, perdendone tutte le sfaccettature.

Silvia Mincuzzi

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Il racconto biografico di Calabresi ci riporta agli anni di piombo, del terrorismo brigatista, alla vicenda di Carlo Saronio. Nel descriverci il suo rapimento, le sue vicende familiari, Calabresi ci descrive le contraddizioni tra le condizioni di vita agiate di Saronio e le sue velleità rivoluzionarie, un modo neanche tanto nascosto e neanche poco comune, per riscattare un’origine borghese mal accettata. Tutto ciò precipiterà Carlo nel rapimento e nella morte, accidentale o voluta dai suoi carcerieri, nonché complici dell’assurdo progetto, mai chiarita. Il cinismo dei rapinatori brigatisti, l’assurdità delle loro velleità rivoluzionarie, la mancanza di pietà anche di fronte all’ assurdità dell’utopia rivoluzionaria, si confronta con l ‘ingenua generosità di Saronio. Un racconto storico che attinge non solo ai ricordi di alcuni protagonisti, ma anche al vissuto e alle esperienze di Calabresi, che più volte si è misurato, con quel periodo tragico della storia italiana. Non ho scelto questo pur valido testo, perché ho voluto premiare la Ventre per l’impegno di fantasia che rappresenta la vera caratteristica di un romanziere.

Guido Morano

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Letto tutto d’un fiato, anche perché é strutturato come un giallo. Solo che in questo caso l’analisi delle azioni è soprattutto rivolta verso la vittima, più che verso i suoi carnefici. In questo modo si scoprono le tante zone d’ombra che fin dall’inizio hanno fatto dubitare che il sequestro fosse stato in realtà un autosequestro. È anche un’analisi attenta del periodo (gli anni ‘70 a Milano) che io ricordo molto bene, come mi ricordavo molto bene di questo sequestro, finito così tragicamente. Soprattutto è un’attenta analisi dei legami familiari, riconosciuti o negati, che portano alla domanda principale del libro, che cosa sia una famiglia e quale sia la sua influenza sulla vita delle persone. La scrittura scarnificata pur se dettagliata, non risulta mai priva di una pietas verso la vittima e le donne a lui vicino.

Lorena Parretti

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Grande, prezioso esempio di ricerca storica e sociale. Calabresi è ammirevole per la puntualità della sua ricostruzione di un complesso fatto di cronaca, iniziato con il rapimento e concluso, a distanza di mesi, con il ritrovamento del corpo di Carlo Saronio. Lo stile della narrazione, asciutto, squisitamente giornalistico, consente di seguire agevolmente lo svolgersi degli eventi, nonostante l’alternanza fra rimandi al passato e descrizione del presente. L’autore non esprime giudizi, sebbene certamente non nasconda il suo coinvolgimento emotivo, ma vuole capire e far capire. Molto interessante la caratterizzazione dei protagonisti della storia. Ben descritta anche la personalità del terrorista Fioroni capace fino all’ultimo di mentire senza ritegno, di negare anche la più semplice evidenza, di tradire, per l’ennesima volta. Anche l’intreccio con la storia della famiglia Saronio fino alle vicissitudini vissute dalla figlia di Carlo, Marta, e dalla di lei madre Silvia offre spunti di riflessione. Mi dispiace aver classificato con 0 questo bellissimo libro ma l’“avversario” mi è piaciuto di più, per motivi diversi.

Donatella Panico

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L’argomento è interessante ma il linguaggio troppo giornalistico

Tiziana Prina

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Mario Calabresi, giornalista-scrittore e scrittore-giornalista, ancora una volta si immerge nel passato per ricostruire la storia di Carlo Saronio, la cui morte avvenuta circa quarantacinque anni fa è rimasta avvolta nel mistero.

Alessandra Sala

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Un bel libro che illumina un’epoca di grandi contraddizioni. L’autore non prende posizione, non c’è bianco o nero, semplicemente si espongono i fatti, a partire dalle fonti originarie con interviste dirette, con l’esame minuzioso dei documenti. Non ci sono né vincitori né vinti, solo un periodo drammatico di storia nazionale. Ho molto apprezzato, infine, lo stile di scrittura, conciso ed efficace.

Licia Schirosi

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Ho scelto questo libro come primo da leggere, perché avevo già letto il libro di Mario Calabresi Sposta la notte più in là ed ero molto curiosa. La mia curiosità è stata soddisfatta appieno perché questo libro mi è piaciuto molto. L’ho letto in un paio di giorni e sono anche andata a rileggerne dei brani che mi avevano particolarmente interessato. Grazie a questo testo ho conosciuto meglio un periodo degli anni del terrorismo che, durante il loro reale accadimento, non mi avevano colpito così tanto da approfondire la conoscenza. Certo mi dispiaceva per le vittime innocenti, ma non sono mai andata più a fondo. Questo libro con grande garbo ti “porta dentro questo tema”. Mi ha davvero molto affascinata la capacità di Mario Calabresi che - per colpa di questi terroristi non ha neppure avuto la possibilità di conoscere suo padre - è riuscito ad affrontare questo tema, ad incontrare queste persone che hanno stravolto la sua vita è quella della sua famiglia, facendolo con grande tatto senza mai far trasparire la propria rabbia o condanna. È un libro che comprerò perché mi è stato di grande insegnamento nel capire come si può affrontare ogni cosa, se lo si fa al tempo giusto, quando ci si sente pronti.

Tina Solano

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lanciano “Ex Libris”
 coordinato da Maria Rosaria La Morgia
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A seguito di un incarico ricevuto da Marta Saronio e dal cugino di lei, Piero, missionario in Algeria, M. Calabresi indaga su una storia dimenticata, il sequestro e l’uccisione da parte di gruppi terroristici di Carlo Saronio avvenuti nel 1975. Attraverso un’indagine capillare fatta di interviste, foto, scritti vari, l’Autore ricostruisce la storia del giovane e dei tanti che egli ha incontrato nel suo percorso di vita, nella sua ricerca di ruolo, e offre un quadro esauriente di quegli anni violenti, gli anni di piombo. Carlo, figlio della ricca borghesia milanese, vive con profondo disagio e desiderio di espiazione la sua ricchezza, il suo ceto sociale. Di estrazione cattolica, prima si avvicina ai sacerdoti della teologia della liberazione, poi ai gruppi terroristici di Potere operaio, con cui collabora offrendo loro nascondigli e denaro. Da questi, nella figura di Carlo Fioroni, personaggio ambiguo e meschino fino all’ultimo, sarò sequestrato e ucciso. La figlia Marta, nata dopo la morte del padre, va, attraverso Calabresi, a cercare “quello che non ti dicono”, i lati della storia e della vicenda rimossi dalla famiglia e dalla società. Il libro mi ha molto appassionata perché la mia generazione quegli anni li ha vissuti, ne ha subito la violenza, ne è stata segnata

Rita Foresi

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Dopo quasi cinquanta anni Marta e Piero decidono di non scappare più da quella sofferenza alla radice delle loro vite, di sanare le ferite che la storia ha segnato sulla loro carne e finalmente poter aprire gli occhi al mattino dopo.

Con l’aiuto di uno "scampato" come loro frugano nei sotterranei delle case dei nonni, nelle vite delle loro famiglie, nelle carte di nonna Angela, nei ricordi di quella gente " che è ancora viva, sa, ha visto, sentito, vissuto".

«Quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare».

Dalle fratture, le incoerenze, le passioni, le lotte, le ombre degli anni Settanta, passo dopo passo, si delinea il ritratto di Carlo Saronio, un uomo inquieto come il suo tempo e come esso trascinato e travolto da un desiderio di cambiamento rabbioso appassionato rivoluzionario che non concede ai delicati sentimenti amorosi e alla vivace intelligenza di scienziato di arrivare a compimento. E la figlia finalmente può iniziare a conoscere e riconoscere suo padre.

Paola Fasciani

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Una storia quasi dimenticata, sepolta nella memoria. Un rifiuto iniziale da parte dellautore, che non vuole più occuparsi degli anni Settanta. Ma di fronte a Marta che per quaranta anni non ha mai parlato di suo padre, Carlo Saronio, rapito e ucciso nel 1975, quando lei non era ancora nata e a Piero, suo cugino, missionario che vive ad Algeri, decide di iniziare questo viaggio alla ricerca di una verità.

 Ricostruendo i tasselli della vicenda di Carlo, lautore ci consegna il ritratto di un ragazzo che nella sua breve vita ha cercato di espiare una "colpa" che lo tormentava. Ingegnere milanese, ricercatore allIstituto Mario Negri di Milano, rampollo di una delle famiglie più ricche della città, si vergognava della propria ricchezza, si sentiva diverso e voleva trovare un nuovo posto e una missione più alta nel mondo. Inizia così a frequentare le periferie, Quarto Oggiaro per contaminarsi con il mondo popolare e fare del bene, mosso da una sua idea di giustizia sociale. Si avvicina al gruppo di estrema sinistra Potere Operaio, da cui fuoriuscirà il gruppo del Fronte armato rivoluzionario che lo rapirà e ne provocherà la morte. La ricostruzione minuziosa e precisa di Calabresi che riporta alla luce personaggi e movimenti di quegli anni, rivela soprattutto la lacerazione di Carlo, diviso tra mistero e scienza, innocenza e colpa " grano e zizzania"

"Quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare", immergendoti in unacqua scura dove diventa impossibile dare un nome preciso alle cose, ma non dobbiamo mai arrenderci a trovare il filo che ci porta verso la luce della verità.

 Rita Crisanti

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Il saggio di Calabresi lo avvicina al George Simenon de " Il Presidente" ma con qualità superiore perché l’autore, attraverso una ricostruzione dettagliata del contesto politico e sociale di quegli anni, indaga su una vicenda vera: il tragico rapimento e l’uccisione, nell’aprile del 1975, di Carlo Saronio, 26 anni, figlio di Piero, industriale della chimica, per mano di una banda di balordi incaricati del rapimento, a fini di un riscatto, dagli stessi amici della vittima. Sollecitato da Marta Saronio, nata dopo l’assassinio del padre, Calabresi tenta di rispondere alla domanda " Chi" era Carlo? ripercorrendone la vita, l’ambiente familiare borghese (precettore, tata, Liceo Parini, studi in America..), e rintracciando tutte le persone che possano raccontargli qualcosa di lui emerge, così, la " doppia identità" di Carlo : dalla " Gioventù studentesca" all’impegno con Potere operaio, dal desiderio di una vita normale con l’amata Silvia ai contatti con Toni Negri, dalla ricerca scientifica agli ambigui rapporti con Carlo Fioroni...Con straordinaria capacità narrativa Calabresi ci riporta a quegli anni difficili e, ripercorrendo una vicenda individuale, ci fa ripercorrere le vicende di un’ intera comunità nazionale e di una generazione, la mia, suscitando ricordi ed emozioni ancora molto vivi.

Luigina De Santis

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“Quello che non ti dicono alla fine lo vai a cercare” così sostiene il cugino di Carlo, desideroso di sapere insieme a Marta, figlia di Carlo, chi fosse stato realmente suo padre, mai conosciuto. Interessante è il passaggio del testo dove l’autore condivide con il lettore le motivazioni che l’hanno spinto ad avviare questa ricerca. Il suo intento è stato quello di dare una risposta ad una figlia che desidera sapere chi fosse suo padre. Un’ indagine dove la falsa idea, quasi mitizzata di Carlo e avvolta in un alone di mistero viene lentamente ridimensionata nel lungo processo di ricerca. Si vuole rivelare chi è l’uomo Carlo, attraverso non solo atti ufficiali ma anche testimonianze dirette. La ricostruzione della storia personale di questo padre mai conosciuto, sequestrato ed ammazzato è legata strettamente alle vicende terroristiche che negli anni 70’ hanno interessato l’Italia. Una storia nella storia.

Elvira Martelli

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È un fatto reale che si muove con la dolcezza di quelle favole create sull’amore e sui perché, fra fatti di cui in qualche modo abbiamo ricordo parziale.

Si ripercorre la vita di Carlo Saronio che “sembra sempre distratto, lo sguardo lontano”, uno che “aveva una possibilità di silenzio infinita” e tanti episodi da privilegiato, come la possibilità di attraversare continenti.

Bella la figura di Piero Masolo, cristiano nel senso migliore, mosso da carità verso la cugina Marta per togliere quei veli che le impediscono di sapere del padre, dell’amore di Carlo e Silvia e anche di conoscere i luoghi dove è stata concepita prima ancora della creazione del suo zigote.

“Sarebbe molto bello trasmettere a Marta l’immagine di un papà che gustava le cose del quotidiano della vita” che pensava a lei, esistente da tempo nella mente e nel cuore di Carlo.

Belli, per me, i riferimenti a Gianni Tognoni persona che tanto ho stimato e di cui non conoscevo questa parte di storia, belli i riferimenti a Silvio Garattini e alla nascita del Negri.

Bravo Mario Calabresi, cresciuto senza mai abbandonare la compagnia di suo padre. Bella la sua logica e la sua scrittura.

Annarita Frullini

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Scritto durante la pandemia, questo romanzo di ricerca e di memoria riporta Mario Calabresi ad occuparsi degli anni ‘70, quando, nel caos della ragione, parte della protesta del ’68 degenera in lotta armata e causa lacerazioni individuali e collettive profonde. La storia riguarda Marta Saronio, anche lei, in qualche modo vittima del terrorismo. La ragazza vuole sanare lacune e ferite profonde della sua vita, scoprire chi era davvero suo padre, fare luce sulla sua morte, perché “quello che non ti dicono alla fine te lo vai a cercare”. Con tenera comprensione l’autore aiuta Marta a fare pace con la propria storia. Lo stile di Calabresi è pacato e chiaro, lineare e attento. Con la serenità di chi ha già fatto i conti con quell’epoca, ricostruisce con rigore i fatti intrecciandoli sapientemente con situazioni e sentimenti che rendono la lettura avvincente.

Alba Simigliani

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Una figlia, Marta, che non ha mai conosciuto il padre e suo cugino, Piero Masolo, un prete missionario, che vorrebbe “celebrare lanniversario dello zio”, Carlo Saronio rapito e ucciso il 15 aprile 1975. Sono loro a chiedere a Mario Calabresi di portare alla luce una storia tabù per la famiglia e rimossa dal racconto pubblico. “Quello che non ti dicono” ci riporta agli anni 70, un periodo tribolato già indagato dallautore, figlio del commissario Calabresi, che si mette alla ricerca delle tracce di un ragazzo di 26 anni, figlio della ricca borghesia milanese. Carlo Saronio era un ingegnere, ricercatore dellIstituto Mario Negri, che aveva la sua sede nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro, un luogo dove si avvertiva il malessere di chi labitava. E non poteva sfuggire al giovane Saronio che viveva una profonda crisi tra lagiatezza della sua famiglia e la povertà operaia delle periferie. Voleva impegnarsi Saronio, voleva fare del bene, voleva compensare quelle diseguaglianze che vedeva intorno a sé. È il suo profondo conflitto interiore a spingerlo verso un gruppo di terroristi e a stringere un rapporto di amicizia con uno di loro, Carlo Fioroni. Un legame dal quale non riuscirà a liberarsi e che lo porterà alla morte.

Calabresi trova documenti, intervista amici, insegnanti, persone che hanno conosciuto Saronio, racconta con precisione e sensibilità permettendo a Marta e Piero di ritrovare il padre e lo zio.

Una scrittura limpida, lucida, scorrevole e rispettosa dei sentimenti. Un libro imperdibile per chi vuole saperne di più su quegli anni, ancora così pieni di ombre, affrontati dallautore con umanità, rigore e desiderio di verità. Grande giornalismo e straordinaria narrazione.

Maria Rosaria La Morgia

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Il libro di Calabresi apre di nuovo lo scenario sugli anni di piombo” per raccontare, ed indagare, la vicenda di Carlo Saronio. Linquietudine ed il conflitto interiore del protagonista tra la realtà non accettata della sua vita ed un ideale politico vissuto con ingenuità, vengono resi con una narrazione fondata su una documentazione accurata che ci proietta in un passato dai molti lati oscuri e molto spesso dimenticato. In questo viaggio a ritroso conosciamo il mondo dei militanti politici di quegli anni che passano dalla lotta ideale a quella armata, in cui lavversario non è un interlocutore ma un nemico da abbattere. In questo contesto, Carlo Saronio è il militante ideale: è disposto a finanziare la lotta e vive un forte conflitto tra la vita che vive e quella che ritiene di potere e di dover costruire. Per questo cerca una soluzione alla sua inquietudine entrando con entusiasmo in un gioco da cui gli sarà impossibile uscire.

Anna Ciarelli

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Questa acuta e puntuale indagine condotta con rispetto e lucidità mi ha permesso di conoscere più a fondo un periodo terribile che ho attraversato leggendo semplicemente la storia che vivevo senza capirne il senso. Tutti i tasselli che lautore compone per permettere a Marta di dare un volto e un senso al padre, Carlo Saronio, permettono al lettore di ricomporre quegli anni quasi rivivendoli. Una bella testimonianza di una pagina triste di questo paese che con la leggerezza della scrittura di Calabrese ci si apre senza sconvolgerci e permettendoci di darne la giusta valutazione.

Luisa Carinci

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Un libro che è anche una inchiesta, ambientato negli anni 70 rivive tutto il peso della memoria, delle vittime e degli affetti, alla ricerca di quella verità ancora negata. Racconta la storia del padre di Marta, Carlo Saronio, rapito ed ucciso, lo stesso giorno, da criminali appartenenti alle frange di Potere Operaio, a soli 26 anni, senza sapere che la compagna aspetta un bimbo da lui.

Lo scrittore, con la meticolosità di un investigatore, ricompone pezzo dopo pezzo la figura di un ragazzo che per anni è rimasta all’oscuro, al silenzio ma, Marta ha bisogno di sapere chi fosse suo padre per conoscere sé stessa e per poter andar avanti.

Carlo Saronio è giovane ingegnere della borghesia milanese, di quei potenti industriali che detengono la ricchezza della città e del Paese. È l’erede dei Saronio, famiglia benestante proprietaria dell’omonima industria chimica, fondata dal padre Piero, e di ingenti possedimenti terreni, Carlo, però si vergogna della propria ricchezza, non vuole sentirsi “un diverso”, un privilegiato. Esce quindi dal palazzo dove vive e va nelle periferie di Milano, per confondersi con la

gente comune.

Colpisce molto senso forte di Carlo di giustizia sociale che, col tempo lo porta a entrare nel gruppo politico di estrema sinistra Potere Operaio, da cui si distaccherà il nucleo del Fronte Armato Rivoluzionario Operaio. E sarà proprio un compagno a tradirlo sequestrandolo e poi uccidendolo.

Molto bello il libro, cattura fin dall’inizio per la facilità in cui lo scrittore “sviscera” una storia oscura, ancora sconosciuta e dolorosa, perché non c’è solo la questione politica e il tradimento, ma anche la complessa realtà familiare. È una storia di una famiglia che tocca tutti perché è la storia di un Paese dilaniato dal piombo e dalle bombe, che ne porta ancora le cicatrici, e che piange ancora tantissime vittime degli anni di Piombo.

Arrivi alla fine del libro, coinvolta emotivamente ma anche con un po’ di tristezza…

Rosella Travaglini

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Un libro veramente commovente, a partire dalla richiesta di Marta al giornalista – scrittore Non ti voglio far perdere tempo ma mi piacerebbe farmi aiutare nella scoperta di un papà che non ho mai conosciuto ma che è sempre dentro di me”. A 44 anni Marta, supportata dal cugino Piero, vuole affrontare un percorso doloroso, ma necessario, per cercare di sanare le ferite procurate da un rimosso nella storia familiare. Una storia coinvolgente e dolente, un fluire di sensazioni e ricordi collettivi, nel ripercorre quegli anni di piombo” di cui Carlo Saronio, padre inconsapevole di Marta, è stato vittima. Un periodo che ha duramente colpito anche Mario Calabresi, che però ha saputo portare alla luce, con grande accuratezza e sensibilità, una vicenda umana lasciata nell’oscurità per troppo tempo.

Franca Pierdomenico

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Calabresi torna a parlare di anni di piombo cercando di restituire ad una figlia, Marta, la storia di un padre mai conosciuto. Carlo Saronio, figlio dell’alta borghesia milanese, per ribellione, per sfida, per convinzione, cerca di fuggire dalla realtà familiare in cui non si riconosce. Inizia a frequentare un gruppo di autonomi, ma proprio da loro sarà tradito, prima rapito poi, accidentalmente, ucciso. L’autore mantiene uno stile giornalistico, pulito, non indugia mai su note eccessivamente emotive. Ma, proprio questo stile, restituisce al lettore la forza di questo dono, fatto ad una figlia, per restituirle quanto sottratto da un destino quasi assurdo.

Antonella Fantini

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È una scrittura fluida e delicata quella di Mario Calabresi, chiamato ancora a indagare su quegli anni 70 che hanno condizionato drammaticamente la sua vita, al centro questa volta però ci sono la vita e l’assassinio di Carlo Saronio. Altra vittima di quegli anni bui che il giornalista e scrittore cerca di ricostruire con un difficile lavoro di ricerca e di inchiesta per rimettere insieme i pezzi di un lungo e doloroso periodo che ha lasciato una scia di sangue e di lutti. Sono ancora molti i punti oscuri e le zone d’ ombra che Calabresi cerca di illuminare attraverso la ricostruzione della vita del giovane Saronio ucciso nell’aprile del 1975 a soli 26 anni. Per cercare di dare risposte e provare a colmare i vuoti incolmabili della figlia Marta, nata dopo la morte del padre e del nipote Piero. Ed è proprio una mail di quest’ ultimo che spinge Calabresi in questo sforzo non solo letterario, è una cronaca storica degli avvenimenti più importanti di quegli anni che fornisce una serie di

informazioni importanti, utili anche a chi non ha vissuti i cosiddetti anni di piombo”.

Pina De Felice

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Notevolissimo il valore storico del romanzo "Quello che non ti dicono" di Calabresi. Il quale continua a fare ricerca sul periodo "rivoluzionario" della gioventù sessantottina, che pure è l’ambiente al quale si fa risalire la responsabilità dell’uccisione di suo padre. È invece sereno nella lettura e profondo nella ricerca della complessità delle pulsioni e delle azioni del tempo. Potrebbe anche essere utile per un avvicinamento alla storia del periodo, alle ragioni e alle pulsioni che serpeggiavano nei giovani di allora, i primi a frequentare un’università di massa, per la scelta post bellica di scuole per tutti... Le spinte rivoluzionarie e i contrasti sulle scelte rispetto all’uso della violenza. Un periodo densissimo. Utilissima la lettura, per chi li ha vissuti ma soprattutto per chi non c’era ancora... Lavoro meritevole, di cui gli si può essere grato.

Edvige Ricci

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lecce 2 “Orti di guerra”

coordinato da Simona Cleopazzo e Anna Gatto
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Calabresi torna ancora una volta a scandagliare il periodo storico, gli anni Settanta del secolo scorso, che è, per ovvi motivi, il suo “luogo letterario” per eccellenza. In questo caso, però, egli non racconta vicende che si intersecano con la sua vita, ma ricostruisce, come un puzzle prezioso e al tempo stesso fumoso e indistinto, la storia di Carlo Saronio, protagonista di un orribile fatto di cronaca proprio negli anni di piombo: giovane ingegnere di famiglia ricca, animato da nobili ideali di uguaglianza e solidarietà, si avvicina ai gruppi eversivi di estrema sinistra, dai quali sarà rapito a scopo estorsivo e poi tragicamente ucciso pochi mesi prima della nascita di sua figlia Marta. È proprio Marta che, incontrando Calabresi alla presentazione di un libro, lo convince ad aiutarla a, per così dire, avvicinarsi a suo padre.

Il libro è delicato, la scrittura chirurgica e oggettiva: non c’è giudizio, ché non sarebbe lo scopo di questo romanzo, ma il tentativo di comprendere i fatti e di tracciare, per quanto possibile, in un momento storico aggrovigliato e pregno di segreti come quello, i contorni di una vita e di un uomo che continua a vivere attraverso il disperato bisogno di sua figlia di dargli un volto e un corpo attraverso i ricordi della storia e dei suoi contemporanei.

Patrizia Palumbo

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Viaggio nella Milano degli Settanta, viaggio in una Milano in cui Calabresi si ritrova a “tornare” dopo l’uccisione di suo padre in quegli anni. Il libro parte con la richiesta di Marta, laureata in medicina, di conoscere la storia del padre, Carlo Saronio, rapito ed ucciso dalla banda armata che faceva capo a Potere Operaio. Sono gli anni di piombo, sono gli anni dove ogni atto rivoluzionario veste di sporco. Saronio, figlio benestante, aveva 26 anni quando venne tradito dal suo amico Carlo Fioroni con la quale condivideva le idee rivoluzionarie di sinistra. tradito da colui che aveva nascosto nel marzo 1972 nella propria casa, nei giorni successivi al ritrovamento del corpo di Feltrinelli, fondatore della casa editrice, che sognava una resistenza armata che portasse una rivoluzione comunista.

Fu Fioroni ad ideare il sequestro di Saronio per finanziare l’attività clandestina come causa rivoluzionaria. Saronio morì il giorno del sequestro senza sapere che la sua amata Silvia aspettasse una figlia da lui. Calabresi ci dà nelle mani una inchiesta narrativa; nelle pagine si percorrono anni feroci, cruenti e realmente sentiti. Una scrittura scorrevole e che ti porta a prendere a morsi ogni pagina.

Anastasia Ignone

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È la storia di Marta, una donna che non ha mai conosciuto il padre, rapito e ucciso da una banda armata nel 1975. È la storia di Carlo, il padre di Marta. È la storia del tradimento di un amico. È la storia della ricerca della verità. È la storia del nostro Paese, di tutti noi, una storia toccante, vera, raccontata con lucidità e delicatezza.

Mario Calabresi dà voce a un dolore lungo più di quarant’anni, vissuto con dignità, in silenzio.

A far rumore sono i ricordi, le parole non dette, le verità nascoste, l’impossibilità di vivere una vita intera in compagnia di fantasmi, perché tutti abbiamo bisogno di sapere e “quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare”.

Grazia Neglia

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In un racconto corale e pieno di emozioni Mario Calabresi ripercorre una vicenda rappresentativa degli anni di piombo. È un periodo emotivamente a lui noto e sa portare bene alla luce l’esaltazione e lo sbandamento che lo dominavano. Partendo dalla volontà di fare conoscere alla figlia Marta la personalità del padre Carlo Saronio, Calabresi raccoglie le tante testimonianze che chiariscono l’uomo e il suo tempo. Gli anni 70 a Milano sono tutto e il contrario di tutto. E in quel momento storico violento e privo di bussola, può accadere di scegliere vie estreme di giustizia e riscatto, per poi trovarsi traditi da chi si credeva condividere gli stessi ideali.

Cristina Panepinto

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Un libro fluido che traccia con la perizia di una ricerca documentata, come in un’indagine retrospettiva, il rapimento di Carlo Saronio. Delinea a tutto tondo la personalità di questo giovane della Milano bene che per sensibilità e curiosità vive combattuto le istanze giovanili del ’68 alla base dell’estremismo terroristico degli anni 70 di cui resta inconsapevole vittima, tradito da un sedicente amico. La lettura scorre lieve nella distanza posta dalla narrazione documentata e simultaneamente accende l’animo per l’idealismo di Carlo, fa dibattere nei suoi combattimenti interiori, incuriosisce nella ricerca documentaria facendo alla fine struggere nel dolore della perdita di Carlo e della mancanza per i suoi cari.
Lettura assolutamente consigliata. 

Anna Rita Fiore

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“Quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare”. E di una ricerca del non detto, a lungo rimandata, racconta questo lavoro di Mario Calabresi. Carlo Saronio, erede di una delle famiglie più benestanti di Milano, non ha ancora 26 anni quando, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1975, viene rapito. Il suo corpo verrà ritrovato solo tre anni e mezzo dopo. Nel 2019 la figlia Marta e il nipote Piero si mettono in contatto con l’autore, al quale li lega un filo invisibile. Il racconto di Calabresi procede con una scrittura piana, sincera e coraggiosa attraverso una realtà ormai diventata fragile e difficile memoria, “un viaggio nella Milano degli anni Settanta, in quel territorio dove mi ero ripromesso che non sarei più tornato. Ma spesso non siamo noi a decidere cosa fare: è la vita che sceglie”.

Maria Rita Cassone

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Ricostruire una storia mai vissuta per capire la propria storia di vita. Scrittura fluida e pacata senza giudizi ma coinvolgente.

Antonia Gigante

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Castano Primo “Biblioteca comunale”
coordinato da Paola Lauritano e Maria Rosa Gambacorta
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L’intreccio tra due storie apparentemente simili ma che si sono sviluppate in modo diametralmente diverso, in una storia italiana recente ma che sembra ormai lontana anni luce, porta a considerare quanto di ancora “acceso sotto la cenere” ci sia anche in certi “estremismi” meno infuocati di oggi. Un racconto di ideali, di gioventù inquieta, di amicizie sbagliate, di tragici eventi che trascina nella lettura di una storia tragicamente vera.

Anna Ciammaricone

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Appassionante come un romanzo, seppure mantenga una veste di inchiesta giornalistica, questo saggio ci restituisce una pagina di cronaca italiana raccontata con gli occhi di chi cerca più verità, quella storica senza dubbio ma anche quella più intima, emotiva e affettiva che appartiene a chi è sopravvissuto alla morte di un giovane alla ricerca di una propria autenticità in anni di forti conflitti sociali. Ho avvertito un profondo impegno dell’autore ad andare oltre le vicende, i dati, fino ad arrivare ai vissuti più profondi, come a voler restituire, riparare, l’umanità del protagonista della vicenda, mai appiattito alle sue semplici azioni ma anche mai banalizzato ad una vittima di una cultura violenta, descritto nello spessore dei suoi dubbi, delle sue contraddizioni, delle controverse emozioni, anche dei suoi errori, su cui non pensa mai il giudizio dell’autore. A cornice alla vicenda si intravede anche, ed emoziona, l’uomo che sta dietro l’autore, che sembra si lasci avvicinare dalla sofferenza di chi è rimasto, in un’equilibrata maturità emotiva tra professionalità e umana compassione che finisce per permeare tutto il libro rendendolo particolarmente appagante per il lettore.

Ilaria Mossali

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È un bel libro in cui si mescolano indagine giornalistica, seria e documentata, ad accenni di storia personale. L’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Carlo Saronio scava in “una pagina fra le più rimosse del dopoguerra” cercando di “spiegare un tempo caotico e indefinibile e un’illusione pericolosa”.

Pur avendo vissuto quegli anni, anche con una certa consapevolezza, ci si rende conto di quanto strumentale fosse l’informazione e di quanto “non detto” e di quanto altro probabilmente non sapremo mai. Rimane l’amarezza per una generazione segnata in cui molti miei coetanei hanno perso sogni, se non la vita, e di quanti hanno vissuto lutti. Bravo Calabresi nel non indugiare nell’autocommiserazione (“Nostalgia del futuro”) e nelle affinità fra Marta e lui, limitandosi a citare le loro due madri: una che “scappava dalla sofferenza” e l’altra che, quasi cinquant’anni dopo, ancora ricorda la frase, banale, che il marito le disse uscendo di casa poco prima di essere ucciso.

Lucia Garavaglia

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Questo romanzo nasce da una mail che l’autore riceve da Marta che, con il cugino Piero, desiderano conoscere chi era il padre di lei morto prima ancora della sua nascita. In un primo momento Calabresi non vuole rivangare nel passato, negli anni settanta, a lui tragicamente noti ma alla fine accetta. Conosciamo il padre da ragazzo: Carlo Saronio figura contraddittoria, nato e cresciuto in una famiglia tra le più ricche di Milano ma che ha sempre sentito come un peso il suo stato economico. Carlo si sdoppia tra movimenti pacifisti a fianco di Gianni Tognoni, padre francescano di una comunità alla periferia di Milano e dall’altra entra a far parte di Potere Operaio, finanziando il movimento ma senza partecipare alle sommosse. Calabresi con una scrittura scorrevole e coinvolgente non indaga nel dolore di Marta ma offre una descrizione delle contraddizioni di quel periodo senza giudicare le scelte dei personaggi descritti e delle loro storie.

Rosa Maria Calloni

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L’Autore che ha vissuto direttamente la tragedia del terrorismo e ne è stato vittima, traccia la storia di Carlo Saronio, brigatista rosso rapito dagli stessi compagni e ucciso. L’inchiesta è avvincente, la narrazione è fatta con uno stile semplice ma con ritmo ed anche con approfondimenti. L’autore non si limita a enunciare i fatti ma, sempre in cerca della verità delinea i personaggi, Carlo, appartenente ad una famiglia dell’alta borghesia milanese, si avvicina al mondo della sinistra con spirito di servizio e quasi religioso. Si respirava in quegli anni a Milano uno spirito di rinnovamento etico e morale portato anche da Concilio Vaticano II. Carlo forse è vittima della sua aspirazione ad una rinnovata giustizia sociale. Un altro personaggio di spicco è la signora Angela, la madre, educata nel Collegio delle Fanciulle a Milano, ha vissuto fin dalla giovane età negli ambienti dell’alta borghesia milanese del periodo fascista. Sposata a Saronio, vive nel suo mondo dorato fino al rapimento del figlio. L’autore delinea il personaggio di Angela che si priva di tutto pur di ritrovare il figlio e non si arrende fino che non gli ha dato sepoltura. Ben ricreati anche gli ambienti della Milano borghese degli anni ’50 e ’60, della Milano intellettuale del ’68 e poi degli anni di piombo.

Maria Luisa Tacchi

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“Quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare”. Marta e il cugino missionario Piero chiedono a Calabresi di aiutarli a scoprire chi fosse stato Carlo Saronio (padre mai conosciuto di Marta). Carlo era figlio di una delle famiglie dell’alta borghesia di Milano. Rapito dai terroristi e ucciso nel 1975 a 26 anni, tradito da amici, fra cui Carlo Fioroni, con cui aveva condiviso ideali rivoluzionari. Calabresi attraverso un grande lavoro di documentazione e incontri con alcuni protagonisti ricostruisce un periodo della nostra storia recente, i “tempi feroci” degli anni 70. Non ricordavo la vicenda di Carlo Saronio che emerge in queste pagine come una figura drammatica che vuole espiare la sua condizione di ricco. Toccante anche la sofferenza di sua madre durante il rapimento. La scrittura è fluida e chiara. Rimangono impresse le parole di Piero profondamente deluso dopo l’incontro con Fioroni, si aspettava verità e riconciliazione, invece ha ascoltato la recita di un uomo che dopo quarantacinque anni continua a ripetere le stesse cose; “Ha tenuto la maschera tutto il giorno, non ho trovato un dolore sincero e ho visto una persona piccola, qualcuno che non rinnega quello che ha fatto. È consapevole del danno, ma ancora cerca giustificazioni. Non provo perdono e nemmeno pietà.”

Maria Rosa Gambacorta

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Un libro che fa chiarezza su un periodo buio della nostra storia, raccontato da una persona che quel periodo lo ha vissuto, con tanta sofferenza in prima persona. Il libro mi è piaciuto tantissimo.

Piera Bertuletti

 

 

 

 

 

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