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Stjepan detto Jesus, il figlio di Maria Rita Parsi
Salani 

 

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Circolo del Lettori del torneo letterario di Robinson
di Carpi 2 "I professori del Liceo Fanti"
coordinati da Chiara Francia
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In più occasioni (interviste, saggi o consulenze all’interno di programmi televisivi) la psicologa e psicoterapeuta Maia Rita Parsi ha dichiarato di credere fermamente che il futuro potrà essere cambiato solo dai giovani. Fedele a questa convinzione e sulla scorta di una risoluzione Onu del 2019 che impone alla Bosnia il risarcimento delle violenze perpetrate ai danni delle donne nel corso della guerra scoppiata negli anni Novanta, l’autrice racconta la vicenda di un ragazzino frutto di quegli stupri e abbandonato dalla giovane madre, incapace di sopportare il portato di quella sofferenza. Stjepan è detto Jesus non solo perché è nato da Mariaka in un convento alla mezzanotte di un 25 dicembre, ma anche perché sembra dover portare un preciso messaggio tra gli uomini: la violenza produce solo violenza e i semi dell’odio fruttano sofferenza. Così inizia un suo lungo viaggio sulle orme della giovane madre, per farle capire che lui non ha colpe per il modo con cui è venuto al mondo e che, al contrario, vuole solo dare e ricevere amore. Stjepan, prima di partire, ha ricevuto questo incarico dalla vecchia e morente bisnonna Anja, che lo ha allevato e gli ha permesso di conoscere le sue radici materne, rese monche dall’assenza di quel seno che non lo ha allattato. Ma questo pellegrino non parte solo: come in un racconto fiabesco che si rispetti, Stjepan porta con sé degli amuleti, cioè un cucciolo di cane e una tartaruga, ed è difeso da un amico immaginario, Gabriele, che lo consiglia sul da farsi. Ma le tappe sono tante e ad ognuna Mariaka sembra appena partita, cosicché questo cercatore deve sempre affidarsi al buon cuore di qualcuno, che gli racconta qualcosa della madre, finché il ritratto si compone e Stjepan non fatica a riconoscerla quando finalmente la incontra. La ricostruzione della sua identità non è però completa fintanto che lui non potrà visitare in carcere suo padre, per dirgli che non lo odia e che mai saprà commettere il gesto profanatore dal quale è nato. Con una sintassi quasi elementare la Parsi ci spinge a credere in un mondo in cui davvero l’amore produce solo amore e in cui le vicende storiche, terribili come solo la pulizia etnica sa esserlo, sono forse troppo sullo sfondo, quasi obliate.

Daniela Salati

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Un romanzo lieve e terribile nello stesso tempo, che sfiora i confini della favola e della tragedia.

 Stjepan è nato a mezzanotte del giorno di Natale ed è il figlio della violenza di un soldato verso una ragazza, Mariaka, durante la guerra dei Balcani. Mariaka ha lasciato il piccolo alla nonna: ha paura a crescerlo, paura di odiarlo, di non riuscire ad amare quel bambino frutto di uno stupro. Stjepan ha un’infanzia tranquilla sotto l’ala protettiva della nonna, ma un giorno decide che deve partire per trovare sua madre e comincia quindi il suo pellegrinaggio alla ricerca di una mamma che non solo vuole poter amare, ma da cui vuole con tutto se stesso essere amato, dal momento che non ha colpa di quello che è successo. 

Il viaggio del ragazzino, accompagnato da un cane e da una tartaruga, alla ricerca della donna nei vari posti in cui ha lavorato e abitato (arriva sempre poco, pochissimo tempo dopo che lei se n’è già andata) è un processo di crescita, di consapevolezza, di consolidamento di quell’amore da cui Stjepan si sente sommerso: la sua bontà d’animo, che lo accomuna come nelle fiabe a quella dei due animali innocenti che lo seguono nel cammino, è intrisa di speranza e di ingenuità. Vorrebbe poi anche incontrare il padre, per fargli sapere che non si comporterà mai come lui. Una storia di grande semplicità, forse troppo ottimista, dove il cuore ha sempre la sua piccola vittoria: tutto il mondo di umani che accoglie Stjepan nella sua ricerca è gentile e accudente, le sue lacrime sono asciugate, la sofferenza è il lasciapassare per la serenità e alla fine vincono i buoni. 

Alessandra Burzacchini

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Con STJEPAN DETTO JESUS, IL FIGLIO Maria Rita Parsi ha coraggiosamente affrontato un tema scottante: cosa accade quando da uno stupro nasce un bambino?

Tre sono i personaggi indagati dall’autrice: la giovane Mariaka, stuprata nel corso del sanguinoso conflitto jugoslavo, il soldato che come tanti nel corso di quella guerra ha usato l’arma dello stupro etnico, infine Stjepan, detto Jesus perché nato il giorno di Natale, il figlio come già nel titolo si puntualizza. È lui il narratore (e anche l’illustratore) della vicenda che ci viene così presentata attraverso lo sguardo straniante di un bambino Ma tanti sono poi i personaggi che incontriamo. Innanzitutto perché STJEPAN viene cresciuto dalla bisnonna materna (“La mia mamma non ha voluto crescermi. La bisnonna Anja dice che non ce la faceva. Soffriva troppo.”) all’interno di una famiglia che porta le cicatrici del terribile scontro etnico della guerra balcanica. Poi perché la bisnonnna - poco prima di morire - lo spinge a mettersi in cerca della madre Mariaka e la ricerca sarà un'Odissea, nel corso della quale STJEPAN incontra tanti aiutanti. 

Una lettura a tratti commovente, nonostante risulti un po’ troppo didascalica, che sembra suggerire come ci si debba attendere dai bambini ben più che dagli adulti l’irragionevole scelta, pur nella sofferenza, di cercare e vedere qualcosa oltre il risentimento e l’odio.

Cristina Catellani

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