Terramarina di Tea Ranno
Mondadori
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
“Biblioteca di Buccinasco”
coordinato da Silvia Mincuzzi
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Un romanzo natalizio un po’ fiabesco, ambientato in un’insolita Sicilia ricoperta dalla neve in cui spadroneggiano, sui fronti opposti del bene e del male, forze soprannaturali sotto forma di fantasmi. In un clima che ricorda più la Londra di Dickens che la Sicilia del 1998, rappresentanti dello Stato e tutori della legge, ovvero “sindaca” e maresciallo, sono alle prese con un problema etico: loro, proprio loro che hanno sempre combattuto per la legalità, sono costretti dalle circostanze a proteggere e nascondere una persona ricercata, perché in base ai valori che condividono sarebbe ben più immorale abbandonarla, inerme e innocente, al proprio destino.
A complicare la situazione, uno stuolo di amici amorosissimi (ma ingombranti), le anime dei defunti che si intromettono in ogni cosa e, non ultimo, il sentimento che li unisce, sentimento negato ma mai sconfitto, e che alla fine trionfa. L’elemento fantastico si inserisce con disinvoltura nella trama, ho trovato invece meno credibile il linguaggio dei personaggi, con un continuo ricorso a termini dialettali anche desueti piuttosto anacronistico rispetto all’epoca in cui si svolge la vicenda.
Manzo Agnese
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Deliziosa favola natalizia. Quasi tutto un piccolo paese si stringe attorno a una neonata trovatella che, senza ovviamente saperlo, si ritrova con uno stuolo di amorevoli nonni e nonne, zie e zii. Perfino il più pragmatico dei vari personaggi “buoni” alla fine capitola, sciogliendosi in amorevolezze varie verso neonata e relativa madre. I “cattivi” sono pochi, di alcuni conosciamo solo le nefandezze, neppure il nome. In una favola che si rispetti non possono poi mancare fatine buone, per esempio Agata, né fantasmi, per esempio l’ex-Sindaco. Al lettore che non fosse in grado di padroneggiarlo, il dialetto siciliano usato a profusione nei dialoghi e in alcune citazioni, potrebbe dare fastidio nonostante le note esplicative e le “traduzioni” offerte in aiuto. Camilleri docet, ma per comprendere bene tutte le espressioni dialettali contenute nel racconto occorre un certo allenamento.
Panico Donatella
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Un universo in miniatura. Nel piccolo borgo arroccato la Sindaca guida i destini dei concittadini in un ambiente agreste, solare, bucolico. In un clima fiabesco si muovono personaggi semplici e sinceri. Libro interessante, ma questo insistere sull’immaginario, sulla fiaba, sul distacco dalla realtà comporta in definitiva anche un certo distacco dal lettore.
Berra Maurizio
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Racconto gradevole, scrittura scorrevole per Terramarina, che nasce come una favola di Natale e resta una favola, in una Sicilia tra neve che cade, Messa di mezzanotte, tavole imbandite e spiriti dispettosi, anche la mafia cambia pelle lasciando posto alla bontà. I cattivi si pentono e l’happy end è assicurato, ma il tutto diventa troppo.
Ferrari Donata
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Grandi lettori
di Robinson
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Romanzo ambientato a Terramarina, un paesino della Sicilia, alla vigilia di Natale, un momento magico dell’anno in cui tutto è possibile. I personaggi reali interagiscono con gli spiriti, e tutto è pervaso di “amurusanza”, un’antica parola dialettale che indica come i piccoli gesti d’affetto, la tenerezza e la compassione vincano su tutto e riescano a migliorare la vita delle persone.
Libro assolutamente consigliato, che si legge tutto d’un fiato e nel quale l’italiano unito al dialetto aggiunge fascino alla vicenda.
Francesca Salvarezza
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“Mi giunse all’orecchio,
la storia di una cricca tabbacchera che voleva cambiare il mondo a colpi di
poesia e in parte, ci riuscì.”
In un piccolo paesino, come isola senza il mare, uno di quei paesini nascosti e
disabitati, come ce ne stanno tanti in tutti i Sud del mondo, viveva Agata. La
si sarebbe detta una bella donna, una di quelle donne dalla bellezza spratica,
inusuale, non comune. Una di quelle donne rese ancor più belle dal loro essere
inarrivabili. Il cuore di Agata, infatti, da una manciata di anni, portava il
velo nero della vedovanza, rendendola una donna dal cuore inaccessibile. La si
poteva ammirare da lontano e da lontano soltanto, segretamente, amare. Finché
un giorno, e precisamente il giorno di Natale, qualcosa cambiò. Uno strillo
sordo e il profondo pianto di una picciridduzza abbandonata
sul ciglio della strada, arriva nella vita di Agata. La si chiamerà Luce,
perché luce portò nella sua di vita e in quella degli amici suoi tutti. E poi
arriva Lori, la madre di Luce, che con un acuto no, giura di non averla
abbandonata mai la figlia sua. E poi ci sono gli amici della Tabacchera, tutti
con le loro straordinarie storie e la loro smisurata umanità, aiuteranno Agata
nell’accogliere queste due nuove vite, di cui poco o nulla si sa ma di cui poco
o nulla importa. Persino ad Andrea, al piemontese maresciallo poco importa, per
amore di Agata. Perché nessun cuore è inarrivabile, persino quello di Agata,
che può adesso togliere il nero, e vestirsi a colori.
“«Terramarina. Non è che mi sia poi così chiara. É una terra? Un’isola, un’invenzione?
Cos’è di preciso?»
«Domanda difficile» mormorò Agata
«Se ne sarà fatta un’idea»
«Credo sia il sogno di ognuno di noi, il nostro più grande desiderio»
«Dunque non esiste?»
«Esiste nella stessa misura in cui esistono i sogni»
Ylenia Desirée Zindato
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lecce 2 “Orti di guerra”
coordinato da Simona
Cleopazzo e Anna Gatto
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Troppo struggente, la cosa più bella il richiamo costante alla Sicilia con le parole dialettali.
Antonia Gigante
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“Terramarina” è ben scritto, la narrazione ricorre ad un linguaggio fluido ed efficace. Tuttavia la costruzione narrativa, gli innesti dialettali, l’ambientazione compongono un quadro già visto in tanta letteratura simile. Questa omologazione avrebbe potuto cedere il passo ad una trama più ricca, magari a qualche vicenda inaspettata che superasse i confini di una cultura popolare da tempo descritta da innumerevoli autori.
Si elogia comunque l’intensità di una storia che pur svolgendosi in Sicilia, rappresenta un vissuto che si svolge in realtà in un luogo dell’anima, dove non c’è spazio per l’effimero e dove le donne protagoniste si dimostrano vere e coraggiose artefici di radicali cambiamenti.
Silvia Cazzato
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di “Biblioteca di Rocca Priora”
coordinato da Silvia
Fanfarillo
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Bello a mio avviso ben descrittivo dell’aspetto interiore dei personaggi.
Manuela Mosciatti
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Civitanova Marche “Scriptorama”
coordinato da Luca
Pantanetti e Eleonora Tassoni
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Un bel libro: atmosfera antica e magica, echi di Donna Flor di Amado, commistione tra il mondo dei vivi e quello di chi non c’è più, ma è spesso presente e si diverte ad intervenire e a scompigliare le carte. L’uso dei termini dialettali e delle costruzioni relative è affabulatorio. Io non ho avuto problemi ad afferrare significati e sfumature, da parte di mio padre ho sangue siciliano nelle vene, ma ho l’impressione che l’uso sia eccessivo per chi non ha dimestichezza con quel dialetto. Al di là della trama è la descrizione della comunità corale che l’autrice dipinge a prenderti. In questa atmosfera fuori dal tempo mi stona un po’ la presenza dei cellulari. Mi è piaciuta molto la parte finale dove si capisce che cosa è Terramarina per l’autrice, scritta in maniera molto poetica con riflessioni sul significato della vita.
Come per “Itaca”, la poesia di Kavafis, anche qui è il viaggio la cosa più importante, cioè il piacere della lettura di ogni pagina.
Nives Piazza
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Opera in cui ritornano i luoghi e i personaggi di L’amurusanza con l’intento di continuare il racconto lasciato in sospeso attraverso l’introduzione di tre attori: Lori, Luce e lo zio cieco. La storia prende il via la notte della vigilia di Natale in una Terramarina trasformata in presepe grazie alla neve e al ritrovamento di una neonata per le strade della cittadina che sarà chiamata Luce. I personaggi (in particolare Agata) saranno invitati a rispondere all’appello della vita e alle domande portate da Luce, sperimentando quella comunanza di cuore e di intenti che hanno costruito nel precedente romanzo. Bella l’idea di un romanzo corale, che però necessita della lettura del precedente L’amurusanza per coglierne a pieno il valore. L’italiano unito al dialetto siciliano dà la cifra della scrittura dell’autrice, ma può rendere faticosa la lettura, soprattutto nelle sezioni narrative. Consigliato a chi ama le storie che sanno di buoni sentimenti e che puntano il riflettore sui temi dell’accoglienza e della solidarietà.
Monia Mancinelli
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Durante una vigilia di Natale, la sindaca Agata, detta anche la Tabacchera, è presa da un’inconsolabile tristezza e impone ai suoi amici di lasciarla da sola. È il quarto Natale senza suo marito, e senza un certo maresciallo che più recentemente si è fatto spazio tra i suoi pensieri. Ad interrompere il suo flusso nostalgico arriva Don Bruno, con un piccolo fagotto tra le sue braccia che cambierà per sempre la vita di Agata e della sua cricca di amici. Così Tea Ranno in un romanzo misto tra prosa e poesia ci trasmette il suo amore per la Sicilia, scavando nell’animo dei suoi protagonisti ed emozionando lentamente i lettori pagina dopo pagina.
Francesca Carbonari
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Castano Primo “Biblioteca comunale”
coordinato da Paola Lauritano e Maria Rosa Gambacorta
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È la vigilia di Natale. In un piccolo borgo siciliano nevica copiosamente, sembra quasi un presepe. Molti amici sono rimasti in una casa a festeggiare. Agata, la Sindaca, rimasta vedova, decide di stare sola. Ma improvvisamente tutto cambia quando il parroco del paese trova una neonata abbandonata al freddo e al gelo. In casa di Agata tutta la compagnia decide di aiutare la piccola. Questa vigilia di Natale richiama l’atmosfera del racconto “I morti” in “Gente di Dublino” di Joice ma al paesaggio nevoso si uniscono però personaggi molto siciliani, vessati da mafiosi, corrotti e dolorosamente veri. La Sicilia, terra bellissima ma maledetta, rivive qui, in pagine efficaci di dolore, di amore e di sete di giustizia. Non a caso è citato il libro di Leonardo Sciascia “il giorno della civetta” che definisce la Sicilia una “Metafora” che può contagiare tutta l’Italia. L’Autrice aggiunge che la Sicilia è anche una “passione”. La “sicilianitudine” rivive qui in questo libro nella sua gente, nei suoi paesaggi, nei suoi profumi e, perché no, nei suoi sapori.
Maria Luisa Tacchi
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Un libro molto piacevole alla lettura anche se spesso disseminato di parole in Siciliano stretto, che però arricchiscono la trama e che non se ne può fare a meno. Trama avvincente di solidarietà di amore di amicizia di accoglienza; una giovane con addosso il pregiudizio di tutto il paese viene accolta da un gruppo di amici che, nonostante le maldicenze, resta fermo e difende il bene. In alcune parti anche un giallo dove il colpevole viene scoperto e viene smascherato, alla fine i buoni vincono e raggiungono tutti il loro obiettivo…. raggiungono tutti ognuno a modo proprio la “Terramarina” che fino alla fine e anche oltre la fine del romanzo non è ben chiaro realtà o sogno di un mondo ideale????
Daniela Colombo
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Roma 2 “Passaparola”
coordinato da Giulia
Alberico
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“A Terramarina vado abitando/ quando non sono sveglia/ e neppure dormo “. Questi versi sono posti come epigrafe del libro svelando già l’idea generale dell’opera: la ricerca di un luogo dai contorni imprecisi, in cui l’animo sogna di trovarsi. È un libro bellissimo, che, pur potendosi ‘ divorare ‘, si preferisce ‘ gustare ‘ per soffermarsi su descrizioni, considerazioni, stati d’ animo che meritano una sosta riflessiva e di inevitabile coinvolgimento del lettore. La Ranno ci presenta un microcosmo di personaggi diversi fra loro, ma uniti da un comune denominatore: l’amurusanza, cioè la gentilezza, l’accoglienza, la solidale generosità, un senso di giustizia. Sembrerebbe Agata la Tabaccheria il personaggio protagonista, ma, in realtà, il vero protagonista è il sentimento profondo per la natura, i luoghi il prossimo. L’ originalità è la fusione, a tratti, tra il reale e il magico. Ma non è di questo che si ha bisogno????
Carmelina Viggiano
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Palermo 1 “Gli amici del Venerdì”
coordinato da Paola Ardizzone:
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L’amore, anzi l’Amurusanza, è il filo conduttore della storia. È il sentimento che crea famiglia tra persone che non sono legate da vincoli di sangue ma che si scelgono. Ed è così forte da creare uno scudo protettivo per innocenti e fragili che hanno la fortuna di incrociarli, come madre e figlia sole e ingiustamente accusate di atrocità solo per interesse altrui. Tutto il romanzo trasmette affetto, cura e calore.
Claudia Casano
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Dopo L’amurusanza, si ritorna nello stesso paese siciliano, con personaggi ed elementi narrativi “classici” nel senso più archetipico: le figure femminili, protagoniste assolute, donne combattive o succubi di passioni illecite e ricatti, madri biologiche e madri per affezione. Il protagonista maschile è un “forestiero”, costretto a tornare in Sicilia dall’amore per la protagonista, fondamentale aiutante per risolvere l’impiccio su cui verte la trama. Il coro avvolge i personaggi principali, sostenendoli nell’azione riparatrice dei torti, con supporti concreti e simbolici: dalla guaritrice che conosce i segreti dei medicamenti, al cieco che vede più lontano degli altri. Gli antagonisti non sono mai nominati, ma vengono appellati come “caini” e ciò basta; ma la lotta tra bene e male si gioca anche sul piano del soprannaturale, con le presenze ora spettrali, ora rassicuranti e protettive, che intervengono, come gli dei nei poemi omerici, nelle vicende umane, orientandone gli esiti, e con il luogo del titolo, un’”isola che non c’è”, un ossimoro che assume i connotati di un sogno, di una promessa di felicità. Il tutto immerso in una lingua che mescola con forza evocativa un italiano che spesso è citazione poetica ed espressioni e termini dialettali: una caratterizzazione molto presente, che àncora il racconto ad una realtà geografica e sociologica precisa.
Valeria Balsano
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La trama è semplice ma intrigante, l’intreccio essenziale, se fosse una pièce teatrale potrebbe svolgersi tutto su due scene e in due atti. È uno spettacolo che prende vita, pieno di personaggi tridimensionali e tutti portatori sani di “amurusanza”. Un romanzo vivace, condito, qua e la, di quel realismo magico tipico della letteratura sudamericana che fa convivere i morti con i vivi, macabri spettri e benevoli fantasmi, provocano reazioni varie ed esilaranti in coloro a cui sono visibili. Davvero una piacevolissima lettura.
Vanessa Ricchiari
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Spesso di dice che il contenuto vale più della forma, ebbene, questo romanzo è un’eccezione. Il contenuto non è niente di che, ma la forma è sublime!
Il dialetto si fa lingua, le parole assumono fisicità e anima, evocative e intense attivano i sensi e il racconto si alterna fra cori e assoli. Mi spiace per chi, non siciliano, si perderà qualcosa ma, in fondo, alcune canzoni ci piacciono e le cantiamo a squarciagola anche senza capirne tutte le parole, la melodia farà il resto.
Paola Ardizzone
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Terramarina è un bel romanzo che ti trascina, ti ammalia, una favola. Protagonista è una collettività, un gruppo sociale variegato e organizzato, dove non manca nessuno: sindaco, rappresentante dell’ordine, avvocato, medico, ex malavitoso, vecchi, adulti, ragazzi e bambini. Tutti uniti nell’amurusanza. Fuori dall’amurusanza stanno gli stolti e i cattivi. E poi come in ogni favola ci sono gli spettri, ance loro buoni e cattivi. Ci sono la tentazione, il pentimento, la giustizia e la grazia divina. C’è anche la morte ma, come avviene nelle favole, non fa male, è necessaria alla vita.
C’è tutto, c’è tanto, c’è troppo.
Silvia Parlagreco
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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Treviso “5 del 42”
coordinato da Laura Pegorer:
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L’uso di parole dialettali nel romanzo Terramarina di Tea Ranno, mi appare come un espediente, un vezzo, un esercizio letterario per dare più enfasi al racconto. Di enfasi nello stile non se ne sentiva il bisogno, tanto abbonda il romanzo di frasi ad effetto, di similitudini che a volte rasentano il ridicolo, di una poetica banale.
Tiziana Niero
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Il testo è scritto con un linguaggio semplice, pieno di riferimenti dialettali che strizzano l’occhio a Camilleri però le somiglianze si fermano qui perché la storia è poco più di una favoletta di Natale cui manca solo la fatidica frase: “E vissero tutti felici e contenti” e non si può perché muore l’unico personaggio con un po’ di spessore. Scelto per amore della Sicilia
Mara Paladini
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Storia abborracciata, fantasmi maneschi, femmine che allattano senza latte, sacerdoti che amano con trasporto. Insomma un guazzabuglio infarcito di termini dialettali e di riferimenti ai cibi la cosa più gradevole, lezione di Camilleri. Riducendolo di una buona metà potrebbe essere godibile. E comunque se anche le nostre scrittrici smettessero di disegnare delle protagoniste bellissime? Chissà potrebbero impegnarsi a dare loro maggiore spessore e credibilità.
Nat Mungari
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Ho letto volentieri
entrambi i libri anche se le parole in siciliano non tradotte di Terramarina mi
hanno creato qualche intoppo nella scorrevolezza delle pagine (nel libro di
Corona c’erano le traduzioni a piè di pagina che se si voleva si potevano
utilizzare).
Terramarina: libro ben scritto, scorrevole, ritmo lento, rallentato dal tipico
vivere siciliano, ambizioso nel voler raggiungere una meditazione profonda su
alcune grandi tematiche della vita e della solitudine; letto in maniera
distaccata, senza pretese.
Marta Marcazzan
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È un classico romanzo popolare ambientato nella Sicilia dei giorni nostri; scritto in modo fluido e con buona caratterizzazione dei vari personaggi, l’autrice riesce a trasmettere l’atmosfera di un Natale pieno di colpi di scena, di gioie, di preoccupazioni, di dolori ma arricchito anche dalla lotta tra spiriti benigni e maligni. Tutto si risolverà con il prevedibile lieto fine venato da qualche malinconia
Laura Mosele
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Una donna, la Sicilia, il Natale, tutto faceva sperare in una trama avvincente e stimolante. Invece! Invece tutto si dimostra sdolcinato e scontato, senza un guizzo di originalità nonostante le improbabili apparizioni di spiriti più o meno benevoli. Peccato’ il titolo prometteva bene
Eugenia Mungari
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Romanzo ricco di cliché stilistici (“bello da levare il fiato”), falsi accenti poetici e ridondanti descrizioni. Il fraseggio in misto siciliano (che avrebbe richiesto purtroppo la traduzione) appare non necessario (non iniziamo -per pudore- neppure un paragone con Gadda o Camilleri) e quando non si mescola al dialetto ce lo fa quasi rimpiangere, qui ad esempio: “Prima che arrivassero loro, lei era una bimba con gli occhi neri, i capelli neri, la bocca fragolina, la pelle di panna, il sorriso delle fate.” Ma al di là della forma, ci si chiede se la storia ci trascini. E dove? Forse in trame amorose e famigliari. Magari ci trascinerebbe pure se non fosse per quello stile appesantito e scontato che non ci meritiamo.
Laura Pegorer
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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Matera 2 “Svoltiamo pagina”
coordinato da Vanessa Vizziello
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Siamo in Sicilia, in una piccola cittadina vicino Siracusa. Tutto comincia la notte di Natale e un’inconsueta bufera di neve porta con sé un regalo, una bimba appena partorirà trovata per caso dal prete del paese che, proprio in quel momento sta per andare a cena a casa della Sindaca. Questo è solo l’inizio di un romanzo bellissimo, carico di profumi, sapori, emozioni e piccole e grandi verità. L’amore con la A maiuscola la fa da padrone ma anche quello con la a minuscola risulta credibile e nobile. Ci sono le invidie, le bassezze meschine e le debolezze umane. Ci sono i morti che a volte condizionano più dei vivi.
Un libro scritto benissimo in una lingua a metà tra l’italiano e il siciliano che scivola veloce e ti fa innamorare anche del personaggio più bieco. Con Terramarina la poesia si fa prosa.
Valeria Vizziello
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Tea Ranno con il suo Terramarina ci riporta nel mondo dell’amurusanza, virtù che rinnova e si rinnova essa stessa, non solo disseminando i suoi doni, ma seminando anche vita e contentezza. Che cosa è Terramarina? È “meta di speranza, porto di felicità al quale ognuno tende”, è dunque un luogo impreciso, in cui l’animo di ognuno di noi pensa di ritrovarsi. È il luogo in cui si trova Agata, dove: “Vado abitando quando non sono sveglia e neppure dormo”. È in crisi la bella e solitaria Agata la sera della vigilia di Natale, mentre guarda con malinconia il paese in cui abita: l’amore sembra averla dimenticata, e lei si sente sola e triste. Il marito è defunto, e lei non l’ha mai dimenticato. Innamoratasi di un giovane maresciallo che preferisce tornare a Torino piuttosto che vivere i suoi sentimenti. Così riflette e non sa che fare, fino a quando arriva trafelato don Bruno con un fagotto abbandonato davanti alla Chiesa. È una bambina e immediatamente diventa la bambina di Natale, di tutti.
Una bella favola, scritta con una prosa che alterna l’italiano con qualche incursione nel dialetto, è un libro che emoziona ed infonde speranza nel lettore. Tratta di sentimenti, di accoglienza e di solidarietà con perfezione e sapienza narrativa.
Marika Borraccia
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Avviandoci nella lettura di Terramarina scopriamo subito lo stile dell’autrice, una penna poetica, calda, passionale così come l’ambiente che descrive… la Sicilia. Agata Lipari inizia questa storia con l’animo triste di chi si sente sola nel profondo, nonostante le apparenze; nonostante tanti amici, tanto lavoro e tanto rumore, ancora nessuno è riuscito a colmare il vuoto che ha lasciato suo marito Costanzo con la sua morte. Quando pensava che il maresciallo Locatelli, il forestiero Torinese, ci stesse riuscendo con le sue poesie ed il suo educato ardore, anche lui è partito per tornare nel “continente”. E ci ritroviamo a Natale, ed ecco le luci, le famiglie, gli amici che si riuniscono, il piccolo presepe della vita paesana che viene descritto ed “adagiato nelle mani di Dio”, ed ecco il dolore della solitudine. E quando tutto sembra troppo grande da sopportare ecco la via d’uscita, una Luce… è il caso di dirlo. Piomba nella vita di tutta la cricca della cosiddetta Tabacchera, una neonata abbandonata vicino ai rifiuti, un piccolo essere che stravolgerà le loro vite e che diverrà per Agata “una figlia di cuore al posto di una figlia di ventre”. Ma Luce non arriva sola, e porta con sé molti guai per “questo improvvisato esercito d’amore”. Ed è così che scopriamo “l’amurusanza”, l’abbraccio amorevole e solidale in grado di sostituirsi all’indifferenza più ottusa o alla malvagità più abbietta.
Un romanzo intenso, pieno di quelle cose del Sud che tutti amiamo, le tradizioni, la cucina, l’accoglienza, il calore.
Francesco Catona