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Uccidi l’unicorno di Gabriele Sassone
Saggiatore

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Fiume Veneto “Prendiamoci il tempo”
 coordinato da Lucia Tomasi
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Sassone seziona la figura dell’artista per definire quali siano gli elementi che caratterizzano la trasformazione di una persona comune, in un artista. Il protagonista è un professore che dovrà sostituire il titolare di una cattedra di storia dell’arte e che ha una notte di tempo per preparare delle diapositive per un convegno. Un percorso interiore di catarsi e emersione dei lati meno indagati, sul piano psicologico, della figura dell’artista. Sassone sposta la luce della consapevolezza dall’io, all’ombra che accompagna ogni artista (e persona), concentrandosi in particolare a quella rinuncia alla propria giovinezza, che accompagna e sublima il processo trasformativo. Una declinazione della teoria dell’ombra elaborata da C.J. Jung, che Sassone incasella nella contestualizzazione dell’artista, nei processi socioeconomici di cui l’artista è parte. La tecnica adottata rinuncia ai dialoghi diretti e fa ricorso a un linguaggio che potrebbe definirsi verista, in cui però non convince il grado di maturazione stilistica.

Luca Munno

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Un insegnante è chiamato dalla sua scuola sostituire un docente in una conferenza. Si trova, pertanto, a dover preparare una relazione sulla “Cultura” per il giorno successivo.

In questa nottata rivive ricordi di tutto il suo passato, si concentra sui pochi autori che conosce meglio e li trasferisce in una serie di slides.

Lo preoccupa il gradimento del pubblico che dovrà ascoltare.

I pensieri, ricordi, ripasso di autori di una notte riportati nel libro, non seguendo un filo logico, a mio parere, lo appesantiscono molto. L’autore, con questo saggio, non è riuscito a catturare la mia attenzione ed a farmi apprezzare il suo lavoro.

Renata Vendramini

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Un libro inutilmente complicato, che non appassiona. Il protagonista non mi ha conquistato e lo stile mi è sembrato cervellotico. Non lo consiglio.

Alda Jop

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A “uccidi l’unicorno” non va il mio voto.

L’ansia è il panico che prova il protagonista, nel preparare questa relazione commissionatagli all’ultimo minuto, su come definire la figura dell’artista nella società attuale, purtroppo non ha fatto scattare l’interesse per la lettura del libro in causa. C’è un passaggio dell’autore che recita cosi: “Ho il terrore di perdere il contatto con il pubblico, di sentire il rumoraccio dell’indifferenza” ...... Ecco è successo! 

Cristina Biral

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Un insegnante d’arte al quale viene affidato il compito di sostituire un collega ad un convegno all’ultimo minuto. Nell’arco di una notte intraprende un viaggio dentro sé stesso attraverso immagini, opere d’arte e ricordi della sua vita. In preda al panico cancella il lavoro fatto, ricomincia tutto da capo stravolgendo l’elaborato precedente. Non mi è piaciuto particolarmente.

Annalisa Xerra

 

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Grandi Lettori
di Robinson
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L’arte non è solo creazione, ma anche rigore, studio che non è necessariamente erudizione ma soprattutto capacità di critica. I tempi cambiano e le richieste delle masse si rinnovano, nell’era digitale l’esordio letterario di Gabriele Sassone non è fatto di pagine, ma di slide che ripercorrono la vita dell’industria della cultura attraverso il potere di parole che diventano quadri. Non si rimane piccoli tanto a lungo e i sogni dei bambini spesso si trasformano nei rimproveri dei vecchi, nelle apprensioni di chi gli unicorni è stato costretto ad ammazzarli: il disincanto è questo; la magia è che “crederci” non è vietato.

Lorenza Ferraiuolo

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Più il narratore si sforza di definire la linea di separazione tra l’artista e l’uomo comune, più si addentra in un’impervia riflessione sull’arte e sul suo rapporto con la contemporaneità. È sottile lo slittamento dal particolare all’universale: l’uomo si arrovella su esperienze personali e nomi celebri, ma noi tutti diventiamo personaggi del testo. Animali del mondo nuovo, tra un compromesso e l’altro siamo corrosi dall’alienazione, diventiamo irriconoscibili ai nostri occhi. Perché uccidere l’unicorno è l’unica strategia che siamo riusciti a escogitare per non affogare nell’indifferenza.

Nicole Spallina

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Ho provato antipatia per il narratore. Saccente e petulante, sboccato e troppo lamentoso, un maestrino di vita che in realtà ci capisce poco; quasi mi sembrava di sentirmi parlare. Ho amato le digressioni artistiche, ma fingevo che fosse qualcun altro a raccontarle.

Ludovica Peronti

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Questo testo non mi è piaciuto perché caotico e confuso, non riuscivo a capire quale fosse il filo logico e ho fatto fatica ad orientarmi. Vite e citazioni di artisti si mischiano a ricordi dell’autore, ne risulta una gran confusione a mio parere!

Silvia Visnadi

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A causa di un imprevisto un uomo si vede costretto, in una notte, a preparare delle slide per un convegno che si terrà la mattina seguente, dal titolo “Art in the Age of Social Media”, ovvero “L’arte ai tempi dei social media”. Una notte di tempo, solo poche ore, durante le quali insicurezze, vecchi ricordi e numerosi riferimenti artistici si fanno strada tra i pensieri per poi finire sintetizzati sulle diapositive. Il protagonista inizia a poco a poco un fitto dialogo con sé stesso che alterna momenti biografici a considerazioni sull’arte e sull’essere artista. Un flusso di coscienza che scorre in compagnia di Vincent Van Gogh, Marcel Duchamp, e molti altri. Ma chi può definirsi artista? Cosa lo caratterizza? “La persona comune diventa un artista quando uccide la sua giovinezza.” Da questa frase si arriva al titolo del libro, che fa riferimento al verso della canzone “Gutter Ballet” dei Savatage: Kill the unicorn, l’incitamento alla distruzione dell’innocenza e della purezza. Un percorso tutt’altro che semplice scritto con uno stile intimo e raccolto che scorre superando gli ostacoli più ardui, quelli che ognuno si porta dentro.

Roberta Usardi,

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L’esordio di Sassone è davvero un libro ben scritto.

Si finisce per empatizzare molto in fretta col protagonista, di cui si apprezzano pensieri intimi e digressioni sul misterioso mondo dell’arte.

Gran bella lettura.

Serena Guarino

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Piacenza "Cumbriccula d'i piasintein"
coordinato da Daria Corsini
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Uccidi l’unicorno è pretenzioso, complicato, fa sfoggio di competenze non alla portata di tutti, ma mi è piaciuto. Un docente di storia dell’arte deve preparare una presentazione di emergenza (il relatore incaricato non riuscirà ad arrivare) sulla figura dell’artista ai nostri tempi. E questa necessità porta ad un febbrile lavoro di introspezione che dura il tempo di una notte, tanto ci vuole per preparare le diapositive, che mette a nudo il docente. Il dipanamento della storia, su più livelli, ritmato dalle opere che diventano oggetto di analisi estetica ma anche personale, ci porta dentro la vita di molti artisti, passati e più recenti, alle loro opere, al perché si produce arte, se l’arte è veramente libera. Si parla di come si può restare sé stessi in un sistema, quello culturale, con notevoli contraddizioni, e questo vale per gli artisti ma anche per il docente che vediamo impegnato nella presentazione. Il finale non è per niente scontato.

Daria Corsini

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Recensione 2 Uccidi l’Unicorno è un testo lento e impegnativo, un viaggio nelle tortuosità del pensiero umano. Le opere che un docente di arte sceglie di analizzare per una conferenza sono il pretesto per un’indagine della sua esperienza personale, indagine che avviene in modo abbastanza caotico, seguendo il filo di un pensiero non sempre chiaro e di facile comprensione. Spesso infatti le opere sono di autori non sempre famosi, solo per addetti ai lavori.

Livia Ravella

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Opera originale, complessa e interessante che prende le mosse da un semplice, ma intelligente, espediente narrativo: una telefonata inattesa all’autore, una conferenza da preparare in quattro e quattr’otto, una notte insonne. Inizia così un lungo percorso interiore sotto forma di racconto, incalzante come un flusso di coscienza e interrotto soltanto da qualche incursione della quotidianità. I ricordi del narratore si mescolano alla percezione del presente per intrecciarsi con le riflessioni sulla storia dell’arte: quella del passato, con un lungo excursus su forme e artisti fino a oggi, ma soprattutto quella di estrema contemporaneità, cioè l’arte al tempo dei social media. Il libro si può definire in molti modi: romanzo di formazione, in cui l’io narrante compie una sorta di auto analisi fino a conquistare una nuova consapevolezza; un diario, un saggio sull’arte che porta a una comprensione più profonda del presente, in un continuo intrecciarsi di riflessione privata e confronto con il sociale e il politico. Per questi motivi, considerando anche la scrittura elegante, ma relativamente semplice e colloquiale, la lettura può piacere a tutti, non soltanto a un pubblico di addetti ai lavori.

Paola Cerri

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224 pagine di pensieri che affollano la testa di un Tizio che va a letto una sera e il giorno dopo deve fare una presentazione ad un convegno. 224 pagine di ricordi confusi, recriminazioni, rimpianti.

224 pagine di esibizione di cultura che ho trovato fine a sé stessa.

Un saggio sull’arte e gli artisti scritto senza una trama e una logica.

Scritto benissimo, peraltro, di difficile lettura.

Dal mio punto di vista, piuttosto noioso.

Piera Marchioni

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Seguendo il filo conduttore dell’ansia da "public speaching”, l’autore ci conduce attraverso il pensiero dei grandi artisti, da Duchamp a Van Gogh, da Beuys a Pollock, riflettendo sul ruolo dell’arte nella nostra società e su cosa caratterizza il lavoro dell'artista. Un interessante esperimento a metà tra il saggio e il flusso di coscienza che può rendere più facile l’approccio a tematiche profonde per un pubblico che normalmente rifuggirebbe dalla lettura di un saggio vero e proprio.

Nicoletta Livelli

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Uccidi l’unicorno parla di un docente di storia dell’arte che soffre di attacchi di panico, non riesce a parlare in pubblico, ma deve preparare una relazione sull’arte nell’epoca dei social media, in una notte. Per tutto il libro pensa e scrive slide, in una notte percorre infinite strade e argomenta le sue convinzioni; all’inizio sembra un po’ un personaggio frustrante, un po’ deludente, poi si scopre che è fin troppo competente, cita decine di autori e di opere a sostegno delle sue affermazioni. È un saggio più che un romanzo, per gli addetti ai lavori e per tutti quelli che vogliono affrontare un percorso sul mondo degli artisti del passato e del presente, per gli altri diventa un po’ difficoltoso seguire il discorso perché l’ignoranza di alcuni, molti o tutti gli artisti citati non permette di capire appieno le riflessioni dell’autore. Non mi è piaciuto nemmeno il discorso sull’unicorno, ucciderlo per uccidere la propria giovinezza? Per diventare un artista?

Simona Corsini

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Uccidi l’unicorno è un racconto in prima persona, in cui l’autore mette in evidenza la difficoltà di poter esprimere la propria arte al tempo dei social media. Il personaggio deve in una notte produrre una presentazione per un evento organizzato dalla rete di scuole di cui fa parte. Racconta e descrive tutto quello che mette e cancella nelle sue slide, descrive sentimenti, dubbi e paure, inserisce anche episodi della sua vita quotidiana, suo figlio e sua moglie. Il libro è molto ricco di richiami ad artisti più o meno famosi, fa un’analisi molto particolareggiata del mondo artistico e delle sue problematiche; è un po’ difficile stare al passo se non si è un esperto della materia, a volte è necessaria una ricerca su web delle opere citate per capire meglio, ma è sicuramente stimolante e cattura l’attenzione anche per merito di una certa ironia dello strano protagonista.

Arianna Moletti

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La fruizione dell’arte nell’epoca dei social media: non era facilissimo, credo, occuparsi di un tema simile senza finire in un’orazione intrisa di luoghi comuni e paternali. L’autore lo presenta come discorso ai partecipanti di una conferenza, e da qui da origine a una riflessione che intreccia descrizione delle opere (pittura, musica, poesia, fotografia…) e vissuto personale, critica ufficiale e vita vissuta, creando una narrazione assai poco cattedratica e molto accattivante, con linguaggio frizzante. Ci aggancia al suo discorso, alla scoperta di opere davanti alle quali proveremmo indifferenza - se non irritazione, o di artisti il cui lavoro che ci avrebbe lasciati tiepidi, perché troppo o non abbastanza famosi, che vien voglia di andare a scoprire. I temi che affronta (l’artista e la necessità di non lavorare per dedicarsi all’arte, l’artista e l’uccisione della propria giovinezza, tra i tanti) sono fatti scivolare nel racconto tra una slide, un’opera, un ricordo. L’ho trovato gradevole da leggere e ha prodotto quella curiosità di andare a leggere e scoprire oltre, una volta finite le pagine di questo libro. Per quel che mi riguarda un autore che raggiunga questo obiettivo ha il mio applauso.

Manuela Fiorani

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L'ho iniziato due volte e non sono andata oltre la pagina 30. Le "ombre che si allacciano alla gola" ripetuto cinque volte nella stessa pagina non si può leggere senza sentire l'ansia che sale! E un bambino di 6 anni che teme di andare a scuola per paura di essere interrogato da una insegnante senza un minimo di empatia, mi fa stare male in quanto maestra. Ho una visione della vita solare nonostante tutte le avversità che si possono incontrare (e io, come tutti, le ho incontrate) ed una tale pesantezza di approccio mi annoia. Per me bocciato.

Barbara Ferrari

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Il romanzo utilizza il semplice espediente narrativo della necessità, da parte del protagonista, di sostituire un relatore in una conferenza e si sviluppa, quasi sotto forma di monologo interiore – o flusso di coscienza -, nel racconto dei ricordi dell’io narrante. La riflessione ha al centro la storia dell’arte, sia passata che contemporanea, e quindi il potere delle immagini e la macchina che le produce, con riferimenti espliciti al tempo dei social. La riflessione privata dell’io narrante – il protagonista deve sostituire un relatore in un convegno da lui organizzato e riferire sulla differenza tra artisti e persone comuni nell’era dei social media - si interseca con quella sul sociale e sulla politica e ci propone un romanzo, che potremmo inserire nella tradizione del romanzo di formazione, del quale si apprezzano e si valorizzano una capacità di scrittura e racconto estremamente semplici e uniti all’attitudine ad affrontare un argomento estremamente ampio e caro a tutti i grandi scrittori, come l’arte.

Barbara Tagliaferri

 

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Circolo del Lettori del torneo letterario di Robinson
di Treviglio
coordinato da Daniela Nisoli
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Sapevo quanto sarebbe stato difficile per me scrivere una recensione su questo libro. Un libro che parla dell’arte ed in particolare dell’arte come lavoro. Un tema descritto attraverso la vita ed il pensiero di artisti famosi (pittori, illustratori, scrittori, poeti). Ed anche attraverso la vita della voce narrante che in qualità di insegnante, critico, giornalista ritiene di far parte -a ragion veduta- di questo mondo.

Ho letto con interesse le sue analisi sul ruolo degli artisti all’epoca dei social media. Per me sono tutte valutazioni sulle quali non mi sono mai soffermata.

Un po’ più pesante è stato seguire le ansie personali della voce narrante, le sue crisi di panico, il suo non sentirsi all’altezza. Niente di nuovo direi. Un espediente necessario a sostenere il resto dell’opera.

Dopo averlo letto, i contenuti del libro mi tornavano sempre alla mente. Così il giorno di ferragosto, mentre ero in visita ad alcuni amici che risiedevano nell’ albergo “l’atelier sul mare” a Castel di Tusa in provincia di Messina, ho chiesto al suo proprietario, il mecenate di una serie di opere d’arte collocate sul territorio siciliano, una definizione di artista.

Mi ha risposto: un conduttore d’opera motivato dall’innocenza.

La aggiungo alle numerose definizioni contenute nel testo del libro.

Ciò che mi ha stupito è stato ritrovare nella definizione il tema dell’innocenza rappresentata nel libro dall’unicorno che la voce narrante vuole uccidere.

 Ho sentito un sorriso nascere dentro di me. E sono entrata gratificata nella Piramide 38 parallelo, la più nota delle opere citate. Una piramide di ferro collocata sulla sommità di un’altura che domina il mare. L’artista è riuscito a catturare al suo interno la luce attraverso una fenditoia trasformando la visita in una sorta di rito. Un’esperienza sensoriale difficile da dimenticare.

Tiziana Baldone

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Circolo del Lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 6 “Critici in progress”
coordinato da Barbara Monteverdi
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Non ho amato nulla di questo libro, perdonatemi. Né la scrittura così didatticamente ripetitiva, né le incursioni culturali, zeppe di frasi fatte che non si capisce (o io non capisco, probabilmente) se abbiano una funzione critico-ironica o siano affermazioni convinte. Cito: "ho dedotto che, secondo Duchamp, essere un artista significhi innanzitutto non lavorare sotto padrone. Io, invece, in ufficio, sotto padrone ci vado davvero ogni mattina e infatti non sono mai stato un artista." Eh????? E poi troppe cose affastellate: Van Gogh, la poesia di Luigi Di Ruscio, il "capitalismo divino" di Boris Groys, Volponi, Judith Butler e tanto, tanto ancora con rimandi, richiami, reiterazioni che non aiutano il lettore a fissare un solo concetto nella sua povera, sguarnita mente.

Barbara Monteverdi

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Forlimpopoli "Biblioteca di Babele"
coordinato da Laura Battani
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La storia si svolge dalla sera alla mattina successiva all’interno di un piccolo appartamento. La condizione familiare di questo docente esperto di arte, che deve tenere una importante conferenza il giorno successivo, alle prese col suo quotidiano: asmatico, imbranato con un bimbo piccolo e la moglie, che di tanto in tanto sveglia nel preparare le slide per il giorno successivo; non effettua i salvataggi e verso mattina il pc si scarica e perde tutto il lavoro svolto fino a quel momento… In questo contesto se vogliamo ‘ di tutti i giorni, e nella narrazione anche del suo vissuto personale e della sua inadeguatezza; esce una figura preparatissima (arte e letteratura che vanno in parallelo) con il susseguirsi, fra un grande nome e grandi testi, della domanda ricorrente: cosa distingue o meglio chi decide e conferma un artista? Si potrebbe citare la domanda in grande in latro nel museo di arte modera: È ARTE QUESTA? È un romanzo che sprona e fa riflettere e tornare la voglia di rileggere i testi citati

Battani Laura

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Un romanzo molto interessante. Un insegnante d'arte deve preparare un intervento a una conferenza per il giorno seguente in sostituzione di un relatore che non potrà essere presente. L'argomento è:" quando la persona comune diventa artista?"

Nel tentativo di trovare una risposta, assistiamo allo scorrere di notizie e informazioni personali su personaggi leggendari da Van Gogh a Duchamp a Rion; in parallelo si sdipana la vita del protagonista. Un romanzo interessante e coinvolgente

Nicoletta Fantini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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