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Un tempo gentile di Milena Agus
Nottetempo

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Roma 26  "Gruppo di lettura del Mise"
coordinato da Patrizia Ruscio
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In una Sardegna antica e profonda, abbandonata dai suoi stessi figli, una piccola comunità

umana scopre il senso rinnovato della vita attraverso l’incontro con un gruppo di migranti giunti inaspettati. L’ultimo romanzo di Milena Agus è una storia corale, che si disvela attraverso il racconto delle donne che abitano il paese, che come personaggi da teatro greco, cittadine di una sorta di società matriarcale, sono le vere depositarie del senso ultimo e concreto della vita, capaci di fare, rifare, disfare, intrecciare le relazioni con l’altro.

L’incontro di questa assonnata comunità con “l’invasore”, diventa un tempo nuovo, concreto, inclusivo, vitale, quasi sacro, che impara a scandire i ritmi della rinascita sociale attraverso quelli della natura. Così il tempo della civiltà contadina si mostra capace di dialogare con la migrazione, mentre la complessità dell’incontro di oggi rinnova la semplicità del mondo di ieri. Gli “invasori”, alla fine, sono solo i protagonisti di una rinascita che la vita stessa aspettava venisse innescata.

Gilda Gallerati

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Farra di Soligo “Quelli di LLC”
coordinato da Annalisa Tomadini
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Il romanzo di Milena Agus è una favola moderna scritta con parole lievi e delicate, che non sfugge tuttavia ad una certa retorica buonista, a certi luoghi comuni ed a strade letterarie già battute.

In un piccolo paese dell’entroterra sardo, arriva un gruppo di migranti ed i volontari che li assistono. Persone eterogenee – per provenienza, razza, religione, età, esperienza di vita – ognuno con la propria storia e la propria tragedia, accumunati solo dalla disperazione e dalla mancanza. Ma coloro che si sentono invasi non sono poi tanto diversi: abbandonati dai figli, emigrati in Continente e dimentichi, quasi vergognosi del luogo in cui sono nati, non più giovani, gli abitanti di questo borgo sardo languiscono e decadono, svuotati privi della gioia di vivere, assomigliano ai muri ammalorati delle loro abitazioni, agli intonaci che si scrostano, sono simili alle tubature che arrugginiscono e perdono, ai giardini ed agli orti in cui crescono piante infestanti. A poco a poco, come nelle favole, prima timidamente, poi sempre più audacemente, dall’imperativo di “bisogna cacciarli”, si passa all’aiuto, alla scoperta dell’altro, alla collaborazione, alla condivisione che culmina nella festa di Natale. E gli invasi si scoprono così identici agli invasori perché anch’essi disperati e mancanti, e ancora una volta coloro che apparentemente donano, in realtà ricevono: l’entusiasmo, la gioia di vivere, il progetto, l’idea di futuro. E così quando alla fine gli immigrati (“gli invasori”) se ne andranno, non sarà una liberazione, ma un vuoto, di nuovo la disperazione dei muri scrostati.  Una storia bella e amara, sull’integrazione, sulla paura del diverso, sulla grettezza e sulla generosità, ma soprattutto sulla “povertà” di coloro che gli immigrati trovano sulle sponde a cui approdano e sulla ricchezza che questi invasori recano con sé.

Sonia Marchioro

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Milena Agus, nel romanzo ambientato nella sua Sardegna, si occupa di uno dei fenomeni che sta avendo più impatto nei nostri tempi, quello migratorio, spesso vissuto come una sorta di “scontro di civiltà”, a causa di una mancanza totale di empatia e comprensione. Che invece sarà quello che metteranno in campo le donne, interpreti di una sorta di coro greco nelle loro singole voci che si fondono in una pluralità. E riusciranno a creare dei punti di contatto con i migranti arrivati in quel paesino, assieme ai volontari che li seguono. La Agus usa una lingua che è per certi versi quella delle favole, per portarci direttamente al punto focale del romanzo, la volontà di comprendere l’altro e in qualche modo aiutarlo. Le riesce veramente bene, senza scivolare nel pedagogico o peggio ma semplicemente indicando una possibile via, che nasce in seno alle donne.

Matteo Polo

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Quella che ci racconta la scrittrice sarda è una favola dolceamara, davvero molto gradevole. Il tema è quello delicato (e secondo me molto difficile da trattare) dell'immigrazione.

Un piccolo centro del Campidano viene "sorpreso" dall'arrivo di un gruppo di migranti di diversa nazionalità, che qualcuno ha deciso di trasferire momentaneamente lì, assieme ad alcuni volontari; il paese reagisce male, più chiuso che mai; ma un gruppo di donne senza nome - quasi un coro da teatro greco - decide invece, dapprima quasi di malavoglia, ma con grande semplicità e naturalezza, di dare una mano.

Non è tutta rose e fiori, quest'esperienza, anzi racchiude dolore e delusioni, ma l'autrice riesce a creare una narrazione leggera ed equilibrata, senza finti moralismi, di enorme umanità.

Un bel libro, per me.

Annalisa Tomadini

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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