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Quel che so di lei di Monica Guerritore

Longanesi

 

 

 

Ho apprezzato la serie di personaggi descritti in Quel che so di lei. In questo caso la scelta stilistica di unirle è data dal racconto di un femminicidio, ma la narrazione non mi è sembrata del tutto fluida e a volte un po' estremizzata.

Antonio Lagamma

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Due libri interessanti ma entrambi piuttosto complicati, ognuno a modo suo: le ricche citazioni della Guerritore, che rendono la sua opera uno stimolo ad approfondire lo studio di interessanti personaggi esistiti nella realtà o nei grandi romanzi, e le diverse storie sullo scorrere e non scorrere del tempo, sempre visto con gli occhi di protagonisti alla fine del loro percorso. Ho preferito la Guerritore, che riesce ad essere una donna forte pur assimilando e comprendendo le debolezze di tutti i personaggi che ha interpretato e che ha fatto conoscere con la sua opera un caso di femminicidio che ai primi del novecento aveva mosso l'opinione pubblica.  

Francesca Sardiello

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Contrariamente a quanto avevo votato cioè QUEL CHE SO DI LEI, riflettendoci qualche giorno, in più devo dire che quasi mi sembra di essere più attratta da TEMPO CURVO A KREMS, ammetto di aver votato nella totale indecisione e aver proteso verso la Guerritore anche per una questione di "quote rosa".

Quel che so di lei, mi ha molto emozionata per il trasporto emotivo, profondo e a volte doloroso dell'attrice, un racconto dettagliato e coinvolgente in quello che immagino possa essere il processo di immedesimazione nel personaggio. La Guerritore si rileva una talentuosa scrittrice coinvolgente anche fuori dalle scene: una donna e mille insieme, di quelle a cui inchinarsi anche fuori dalle scene.

Lucia Concilio

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Scrivo la mia motivazione del libro di Monica Guerritore "Quel che so di le" che ho  scelto.
Premetto che, come nello stile  di Magris, la scrittura e i racconti  del Tempo curvo a Krems sono impeccabili, ma mi hanno lasciato un senso di incompiuto, per cui ho scelto il romanzo di Monica Guerritore, forse perch
è sono una donna e l'argomento del femminicidio mi tocca in modo particolare.
Monica Guerritore rivive le vicende delle donne del suo romanzo con grandi emozioni, descrivendo l'amore incondizionato che certe donne sanno donare senza riuscire a proteggere la propria dignit
à e a riconoscere il proprio valore. Argomento purtroppo attuale dove le donne vittime non hanno la capacità di reagire e di comprendere i limiti dei sentimenti umani.

Enrica Donzelli

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Monica Guerritore ci guida, tramite aneddoti e ricordi, nella vita di alcune donne che ha portato in scena e si sofferma sui momenti più significativi della loro esperienza umana; quelli dove la delusione, la rabbia, il dolore ma anche la voglia di riscatto, la speranza e la fiducia erano al culmine del loro potere creativo o distruttivo. Ci parla di loro, di se stessa e di noi. Di come siamo e di come potremmo essere. Anche il tema della violenza, del femminicidio, così spesso banalizzato o fatto oggetto di morbosità e di sciacallaggio ritrova la sua dignità di tragedia collettiva e di evento da sviscerare senza censure in tutti i suoi aspetti psicologici e sociali. Attraverso le voci e, più ancora, le vite di queste donne, l'autrice sembra mandare un messaggio unificante; ci invita a compatirci, nel senso etimologico del termine. Chiede alle donne di mettere empatia, intelligenza e forza nel capirsi, sostenersi, reinventarsi e ribellarsi, se serve, individualmente ma soprattutto insieme. Un messaggio semplice da enunciare ma ancora difficile da interiorizzare. Un messaggio che ha il disperato bisogno di essere affrontato con la profondità, l'originalità, il valore artistico e l'umanità dell'autrice. Per questo ho scelto questo libro.

Veronica Barbaa

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Un ventaglio di figure di riferimento tratte dalla storia, letteratura e teatro degli ultimi 100 anni, per testimoniare ancora oggi la difficolta' per il mondo femminile, di raggiungere, attraverso la ribellione e la sofferenza che ne consegue, il diritto al cambiamento, alla crescita e alla liberta' di se' che tanto spaventano gli uomini 
fermi ad un clich
é arcaico, ormai superato. Stanze di un labirinto che ci fanno incontrare le donne di Strindberg, Cechov, Flaubert, Bergman, Allen, interpretate a teatro da M. Guerritore, per un libro di spessore sociale attualissimo.

Clara Zeppa

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Entrambi i libri sono interessanti: appassionati e ben costruiti. La raccolta di racconti di Magris, tuttavia, dimostra maggiore coerenza e unitarietà (il che è quasi paradossale, dovendosi confrontare un unico racconto con cinque racconti). Il testo di Monica Guerritore infatti ha qualche passaggio forzato, e risulta inoltre un testo impegnato, senza però dare una chiara indicazione in questo senso; diversamente, i racconti di Magris, pur nella diversità delle ambientazioni, sono accomunati, oltre che da elementi narrativi (il tema degli esuli e dei migranti), da uno sguardo malinconico ma acuto sulla vita e sul senso di essa, e da un tono che stimola maggiormente riflessioni o, più semplicemente, che strappa un sorriso o un sospiro.

Paolo Fumagalli

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Fra i due libri che abbiamo letto ho scelto QuelCheSoDiLei di Monica Guerritore. L'attrice  affronta temi importanti della problematica delle donne assumendo come filo conduttore la storia di una nobildonna siciliana del secolo scorso e i suoi rapporti con il marito e con l'amante da cui sarà uccisa. Inframezzata a quella di Giulia Trigona, M. Guerritore analizza le storie di importanti figure femminili della letteratura e della cultura, fra cui Madame Bovary, Carmen Oriana fallaci, la signorina Giulia e altre ancora. Inoltre l'autrice interviene in prima persona riflettendo sulle proprie esperienze. Questo ha prodotto una ricerca di contenuto interessante e toccante emotivamente, senza togliere al lettore la propria capacità di giudizio.

Lidia Pala

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“Quel che so di lei” è un libro interessante sul femminicidio che ripercorre la storia di donne vittima dell’egoismo e dell’odio maschile interpretate dall’autrice nel corso della sua carriera teatrale. La struttura è interessante anche se ho percepito poca fluidità. Le storie sono troppo "staccate" l’una dall’altra. Il fil rouge, molto chiaro, è il rapporto negativo con gli uomini, ma avrei preferito una maggior connessione tra un capitolo e l’altro. Tra le storie spicca quella di Giulia Trigona, la cui personalità non viene a mio parere approfondita. La sensazione finale è di freddezza e scarso coinvolgimento

Silvia Fragola

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Entrambi libri molto belli e intensi, tra i quali è stato difficile scegliere quale far restare in gioco e quale eliminare.

Magris, già prima di iniziare a leggere i due libri, partiva avvantaggiato, essendo uno dei miei autori preferiti, per molti motivi che qui non serve esplicitare.

Tuttavia, dopo aver letto e riletto i due libri la mia preferenza va per quello di Monica Guerritore.

Qualche considerazione per giustificare questa mia scelta qua di seguito.

Entrambi i libri hanno il medesimo punto d'appoggio per far agire la leva narrativa: entrambi, giunti ad un'età più che matura la Guerritore e decisamente anziana Magris, si voltano indietro e riflettono su quello che sono diventati e quello che non sono stati.

Va chiarito però che non sono opere di autobiografia, ma appunto narrazioni, opere di letteratura nelle quali precisi episodi storico-biografici servono per innescare proiezioni fantastiche sul significato del mestiere che hanno praticato negli anni e con il quale vengono identificati e percepiti dal pubblico: studioso e scrittore, intellettuale a tutto tondo lui, grande attrice di teatro lei.

Se questi sono i punti in comune, per il resto i libri sono diversissimi: un unico testo parlato in prima persona per la Guerritore, cinque racconti molto diversi tra di loro per la cornice narrativa, che racconta di personaggi e situazioni che vorrebbero raccontare di “altri”, ma che non riescono a mascherare la necessità dell'autore di interrogarsi su se stesso per rispondere alla domanda: chi sono stato, per me e per gli altri? Chi avrei potuto essere, diverso da quello che sono, se il caso e le vicende storiche, nei cui flutti ogni esistenza viene portata su spiagge anche inaspettate, se ha la fortuna di sopravvivere, non mi avessero portato ad essere quello che sono?

Come dicevo, queste domande sono comuni ad entrambi.

Lei lo esplicita offrendo  con la citazione iniziale di Hillman sia il senso di questo suo lavoro che la chiave di lettura per chi legge: racconto le donne che ho interpretato a teatro e quella che avrei voluto interpretare perché attraverso loro racconto la condizione femminile e nel farlo ho scoperto me stessa: mi sono riconosciuta come donna e ho dato voce alle donne. Da qui la perentorietà del titolo: Quel che so di lei, ovvero di se stessa.

Magris invece racconta di io irrisolti,  nei quali non c'è mai corrispondenza tra sé e la realtà, tra la propria percezione di sé e quello che gli altri invece vedono per il ruolo sociale che gli viene attribuito. Una continua esistenza nella dimensione della finzione che poi è la scrittura stessa: alla domanda “Ma lei quando scrive? Dico, quando scrive veramente?” risponde “ Veramente veramente, mai?” , ma pare valere anche per la vita stessa. Da qui il bisogno di trovare una via di fuga per non trovare, voltandosi indietro, come dice Goethe, “una porta chiusa”. Questa ipotetica via di fuga, peraltro impossibile come Magris sa bene, ce la indica il titolo del racconto che è il titolo di tutto il libro :”Tempo curvo a Krems”. É l'aggrapparsi alle suggestioni della scienza che rimanda a nozioni di tempo e luogo che permettono di credere ad altre possibilità ed esistenze parallele: quel tempo curvo dove tutto sarebbe possibile, ma che resta irraggiungibile nella dimensione esistenziale rettilinea di ogni esistenza.

Anche Magris vorrebbe poter dire “quel che so di lui” , ma i suoi racconti lo negano.

Alla fine propongo il libro della Guerritore, perché più compatto, coerente nello sviluppo della narrazione nella quale personaggio interpretato ed interprete si rincorrono in maniera convincente. Un libro anche utile, per riflettere sui vissuti femminili e per far venire il desiderio di andare a teatro. Un libro che un libraio deve sicuramente consigliare a tutti.

I racconti di Magris mi paiono invece discontinui dal punto di vista della scrittura, con brani bellissimi, ma altri più didascalici che interrompono il piacere della lettura; o anche i continui riferimenti espliciti o impliciti ad autori e ed opere letterarie: credo che nemmeno la K di Krems sia casuale per Magris; o quando risultano irrigiditi dalla esigenza di sviluppare una tesi, da punti di vista diversi, anche paradossali, - ad esempio nel racconto dell'imprenditore/custode (“custode”, non “portinaio”: anche qui un personaggio che ha una missione, quella di “custodire”, che propria anche di un letterato come l'autore)

Una lettura comunque necessaria quella di Magris che come libraio continuerò a consigliare.

Guido Duiella

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I libri sono proprio diversi, accomunati soltanto dall'assenza di trama. Guerritore affronta un tema ampiamente dibattuto in un modo abbastanza originale tramite personaggi e ambientazioni ben caratterizzate, ma la scrittura, seppur scorrevole, risulta caricata di un'enfasi eccessiva e il libro risulta immotivatamente autocelebrativo. Magris, di contro, ha scritto due piccoli gioielli seguiti da tre mattoncini di non così piacevole lettura dando vita, però, a qualcosa di originale e inaspettato ed è per questo che ottiene il mio favore.  

Alessio Campobasso

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Della Guerritore ho apprezzato l'idea ma non lo sviluppo della storia. Approfondire un femminicidio storico era uno spunto interessante ma è stato reso confusionario nella sua mescolanza con la vita della Guerritore stessa e con le sue rappresentazioni teatrali.

Cristina Norcia

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Sulla base dell’eterno contrapporsi tra uomini mediocri e inadeguati e le donne si intrecciano, a tratti confusamente e in maniera slegata, le storie tragiche di donne reali o immaginarie attraverso cui l’Autrice sembra voler raccontare la storia di se stessa, della sua personale sofferenza, dei suoi lutti, dei suoi abbandoni. Oggi forte e fiera, cresciuta proprio perché ha attraversato tutto questo dolore, racconta queste donne oltraggiate cui la vita e le circostanze, ma soprattutto gli uomini, non hanno dato scampo.

Giulia Trigona, di proprietà del marito, cerca la libertà tra le braccia dell’amante, ma lui è un miserabile senza un nome da onorare e che si macera nell’invidia per un passato che non ha avuto.

Sembra quasi che quello che la uccide veramente sia il desiderio di indipendenza, la volontà di liberarsi del marito e dell’amante.

Carmen invece viene uccisa per il suo rifiuto di accondiscendere al dovere di essere sempre in armonia con l’altro, anche a costo di non essere se stessa.

Oriana confessa che per sentirsi più forte non ha più pianto “bagnato” da quando era bambina.

Sembra quasi che per essere libere bisogna essere sole.

Solo la Sally di W. Allen, nella rivisitazione teatrale della stessa autrice, sembra aver conquistato indipendenza e serenità attraverso un laborioso e continuo reinventare un amore che può sopravvivere e far sopravvivere solo attraverso la leggerezza.

Flaminia Pantanella

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Nella quarta di copertina la foto dell’autrice simbolizza meglio di ogni parola la determinazione, la sfida e la caparbietà con cui l’autrice ha combattuto, da donna, per tutta la vita contro il conformismo dominante e le prevaricazioni della Società.

Tale “sfida” inizia da giovanissima attrice e ce la svela a pag. 43 mentre interpreta Anja nel “Giardino dei Ciliegi”: “avevo 16 anni e nessuna esperienza di quel dolore, ma si accucciò in me da qualche parte, il primo dei tasti di un pianoforte che avrei imparato a far risuonare più in là”.

Per rappresentarci il dolore e la successiva vendetta si serve della testimonianza di eroine mai dome anche davanti alla morte imminente.

Giulia Trigona, M.me Bovary, Anja, Carmen, Oriana Fallaci e le altre, testimoniano la ribellione muta o urlata contro le catene che imprigionavano e imprigionano la condizione femminile come la sente sulla sua stessa pelle Maria Guerritore.

Gianni Randaccio

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 “Quel che so di lei” di Monica Gueritore: non sapevo fosse anche una scrittrice . Scrive di donne che vivono l’amore al limite ed anche oltre di quella che viene considerata la decenza morale, di amori “illegali” agli occhi dei più, ma veri e frustranti che spesso per chi li vive sono una colpa e il disprezzo è il prezzo da pagare per viverli.

La lettura di questo libro, un po’ sintetizzato anche nel sottotitolo, con l’espressione “amori straordinari”, non mi ha entusiasmato, perché spesso frammentata e dispersiva.

Rita Mariani

 

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Si tratta di una grande storia, molto ben raccontata e con alcune invenzioni narrative molto efficaci.

In tutta sincerità, alla preferenza accordata all’autrice è tutt’altro che estraneo il suo fascino personale: bella e affascinante signora, la nostra Monica, e io al fascino delle belle signore sono ancora estremamente sensibile.

Paolo Muraro

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Si dice che ogni attore porti dentro di se tutti i personaggi che ha interpretato, e credo che Monica Guerritore abbia fondato questo libro su questo principio.

A tratti interessante lo scambio tra attrice e personaggio e’continuo e fluido per far perdere le tracce dell’autore.

Leggendo mi e’parso di stare seminascosta dietro le quinte e quasi spiare l’attrice cambiarsi gli abiti da scena uno dopo l’altro in un susseguirsi di maschere teatrali.

Ma a fine spettacolo, chiuso il sipario e calate le ombre sul teatro l’attrice,quella che avrei voluto davvero conoscere, si e’invece sapientemente nascosta e mimetizzata tra i suoi numerosi costumi di scena, ed è sparita.

Francesca Torrigiani Spagnoli

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Ho iniziato la lettura di “Ero io su quel ponte” timorosa; pensavo a un noioso elenco di cronache giornalistiche e che l’avrei letto saltando parecchi passaggi. Mi sono ricreduta, mi è piaciuto e mi sono appassionata. Forse ha contribuito l’attualità dell’argomento così tristemente simile al recente crollo del ponte di Genova, tragedia che ha così profondamente turbato tutti noi. Entrambi i ponti erano situati in posizione strategica per il passaggio, entrambi avevano dato in precedenza segnali di pericolo poco ascoltati dal potere istituzionale.Il libro è la ricostruzione giornalistica del crollo del ponte di Moncalieri avvenuto il 31 maggio 1939, in piena era fascista; solo poche settimane prima vi era transitato il duce; subito dopo il ponte comincia dare segni di cedimenti, viene bloccato il transito dei veicoli ma non quello dei ciclisti e dei pedoni. E da qui la tragedia, il collasso improvviso che causa morti e feriti. Avvincente soprattutto la prima parte, ottima l’idea di far tornare i morti dall’al di là a raccontare la loro storia. (escamotage peraltro ripreso dalla molto più celebre “Antologia di Spoon River”). Sono storie di persone semplici, piccoli camei che la penna di G. delinea con ironia e arguzia pur nella tragicità del contesto. Su tutto il racconto incombe la precarietà della vita e la fatalità degli eventi: come il burattinaio tira i fili delle sue marionette, così il destino muove i suoi personaggi, la ricerca del perché è successo resta senza risposta.

 Edvige Piccinelli

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Voto con difficoltà il libro della Guerritore, perché sono stati due libri profondamente interessanti.

Monica Guerritore: 'Quel che so di lei' - Donne prigioniere di amori straordinari.

Che cosa spinge la Contessa Trigona ad accettare un ultimo appuntamento col suo ex amante Tenente Paternò, che la ucciderà massacrandola con ventisette coltellate? Per dare una risposta ad un vero fatto di cronaca, la Guerritore entra in tanti personaggi evocando l'ultima silente verità di Giulia. I capitoli si aprono come sipari su tante piccole pièces. La signorina Giulia di Strinberg, che muore dietro il suo canarino squartato; Valeria Moriconi, nel Giardino dei ciliegi, che vive il tradimento di Sthreler, Emma Bovary che si vede in un corridoio chiuso, il no della Carmen,i combattimenti della Fallaci.....Echi Pirandelliani che evocano dolori e soprusi femminili e che tessono la tela dell'ultima verità di Giulia Trigona: uccisa non dal Tenente,ma dalla sua stessa illusione dell'amore eterno. Un bel libro che alterna teatro e riflessioni

 Adriana Manozzi

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Monica Guerritore ricostruisce la vita di Giulia Trigona, camminandole accanto ed interpretando i suoi amori: il marito, le 2 figlie e l'amante. 

Giulia viene travolta dall'amore per il suo amante e l'autrice si identifica in Lei, come nei tanti personaggi che interpreta, e richiamando lo spirito di 8 donna tra cui Emma Bovary, Oriana Fallaci, Carmen descrive un percorso femminile di solitudine, desiderio e perdizione, amore e passione. 

La Guerritore interpreta le 8 donne, si identifica in loro ed in un intreccio teatrale descrive i suoi sentimenti e le sue passioni. 

Il racconto del femminile delle 8 donne che ha interpretato e da ognuna di loro ha estratto il suo profondo io, ci porta a scoprire il suo proprio mondo. 
Giulia Trigona viene trovata morta il 2 marzo 1911 in una squallida stanza in un alberguccio vicino alla stazione Termini. È stata uccisa dal suo amante, al quale aveva concesso un ultimo appuntamento, cui si era presentata abbassando le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credendo nell'amore. Un alone di mistero rimane intorno all'omicidio di Giulia ed al mancato suicidio dell'amante.

 Monica Guerritore conduce il lettore a seguire Giulia nella stanza dove troverà la morte, rivive i momenti fatali che l’hanno portata fin lì, analizza gli affetti, i sentimenti, lo scandalo, la descrizione è tanto reale da creare nel lettore un sussulto di emozioni. 

Marzia Giorgi Costa

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“Quello che so di lei (donne prigioniere di amori straordinari)” narra delle tragiche vicende di una nobildonna siciliana, Giulia Trigone, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, finita tragicamente in un albergo di infimo ordine nei pressi della stazione Termini di Roma, ove aveva raggiunto per il suo ultimo incontro il suo amante.

L’autrice si immerge con grande passione nelle vicende della protagonista, quasi affiancandola nei suoi ultimi momenti, e prende spunto da tali vicende per intrecciarle con i percorsi di personaggi femminili con i quali si è cimentata nella sua professione di attrice – Madame Bovary, Carmen, la Lupa, la signorina Giulia, perfino Oriana Fallaci – e nelle quali si è evidentemente immedesimata con altrettanta passione ed empatia, così descrivendo, con rapidi affreschi, donne desiderose solo di vivere fino in fondo le loro passioni, ognuna però scontratasi con le difficoltà della realtà e, soprattutto, con le miserie, spesso il cinismo e la violenza, degli uomini incontrati.

Ne esce un quadro molto doloroso e spesso frammentario, nel quale spicca soprattutto la storia principale, i cui personaggi sono mirabilmente descritti dalla Guerritore, pur se con poche scene, come in un teatro: il tutto, però, è volutamente frammentario, proprio per i continui richiami ad altre vicende femminili, mentre la storia della Trigone, dolorosissima eppure affascinante sotto diversi profili, a mio avviso forse meritava un romanzo tutto suo, in quanto lasciava spazio a ben ulteriori descrizioni ed approfondimenti, dei quali mi ha lasciato quasi un desiderio insoddisfatto.

 Luciano Imperiali

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“Quel che so di lei” di Monica Guerritore ha come spunto la travagliata storia d’amore tra Giulia Trigona e Vincenzo Paterno’.

Ho preferito questo libro all’altro perché’ della Guerritore mi ha conquistato la capacità di descrivere lo stato d’animo dell’attore prima di entrare in scena.

“Portare in scena Emma era vita allo stato puro”.

Giulia Trigona viene uccisa dal suo amante e la scrittrice/attrice e’ come se volesse entrare nel personaggio di Giulia, servendosi dell’interpretazione di altre donne famose messe in scena nei suoi spettacoli.

Ne scaturisce uno spettacolo teatrale che l’autrice trascrive con l’intensità che la contraddistingue.

Ilaria Bianco

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Introspettivo, preciso, razionale ed empatico.

L’autrice si immedesima nel personaggio ed arriva a riproporne sentimenti e stati d’animo. Narrazione a flash back da cui emergono nostalgia (il giardino dei ciliegi) ed un senso di dolore profondo (tutto è morto, tutto è finito). Il passato e la nostalgia che il passato porta con sé, impediscono all’uomo di cogliere il presente ed i doni che esso ci offre.

Riflessioni sul ruolo di madre, di donna e di moglie che ci portano ad interrogarci sul ruolo da noi svolto.

Qualche inesattezza storica: alcuni riferimenti artistici.

A volte assistiamo ad un intreccio tra la vita della protagonista e i personaggi presi in prestito da altri autori, personaggi spesso interpretati dall’autrice stessa che, incarnandosi, li fa propri.

Interessante dipinto sociale che mette in evidenza le interazioni fra le diverse classi sociali e le implicazioni che esse comportano.

Francesca D’Arche

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L’autrice di questo libro stupendo, alla sua seconda prova letteraria, è la bravissima e bellissima attrice Monica Guerritore.

La Guerritore racconta di un caso di cronaca nera, un illustre femminicidio, avvenuto nel lontano 2 marzo 1911, in un alberguccio l’hotel Rebecchino nei pressi della stazione termini a Roma. La vittima è la contessa giulia trigona dei principi di Sant’Elia, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uccisa dal suo amante l’affascinante Barone Vincenzo Paternò del Cugno, uomo devastato dalla morbosa gelosia, violento e dissipatore di patrimoni. La contessa e suo marito, il conte Romualdo, si trovano a Eoma al cospetto della regina Elena per il loro servizio a corte e per tentare una riconciliazione. Giulia, stanca delle follie dell’amante ha chiuso da poco la sua relazione. Vincenzo era riuscito a conquistarla, a farla sentire importante, unica, in un periodo in cui percepiva in modo profondo la solitudine e l’abbandono da parte del marito. Giulia non temeva quell’ultimo incontro con Vincenzo, si sentiva sicura, ormai quell’ amore simile ad un cancro, non esisteva più, era finalmente guarita. L’unica cosa che desiderava immensamente era di gridare al mondo intero che lei non aveva più bisogno di nessun uomo, riscattando la sua indipendenza, inoltre che male le avrebbe potuto fare un uomo che l’aveva amata così tanto...

Questo libro mi ha colpito profondamente, in quanto non si limita alla narrazione del fatto di cronaca nera o semplicemente a romanzare sulla tormentata storia d’amore e sui sentimenti e pensieri provati dalla contessa nelle sue ultime ore di vita, ma va oltre a tutto questo.

Monica Guerritore è una donna forte, volitiva, sulle cui spalle porta i dolori delle sue battaglie perse e le gioie di quelle vinte, abituata, per lavoro ad entrare nei panni e nei sentimenti di una donna diversa ogni sera, comprende con maggiore profondità e sostiene con grande forza, le pene delle altre donne ed infatti ecco che prende a braccetto giulia, le cammina accanto per non lasciarla sola ed accompagnarla al suo tragico destino.

La scrittrice non ancora soddisfatta inizia a tessere una tela costituita dalle storie di altre donne che si intrecciano con quella di giulia, indispensabili per capire la paradossalità e illogicità.

Alcune di queste donne sono personaggi famosi della letteratura che la Guerritore ha interpretato a teatro come la lupa, madame Bovary, Carmen. Altre sono personaggi femminili che lei ha plasmato per il teatro come oriana fallaci ed altre ancora donne vittime di femminicidio tratti dalla recente cronaca nera.

Tutte queste donne hanno una vita molto simile segnata dalla solitudine, dal dolore, dalla passione sfrenata e dalla disperazione. Donne che arrivano alla loro tragica fine solo perché hanno troppo amato, scambiato il loro bisogno d’amore in amore vero o perché hanno acquistato consapevolezza che quel tipo d’amore non è amore e finalmente si sentono forti di intraprendere un percorso da sole e decidono di chiudere il loro rapporto malato.

Questo libro conquista il lettore per il suo stile raffinato ma non freddo e distaccato in quanto trascina il lettore nelle vicende di queste donne prigioniere.

Un libro per le donne e con le donne, consigliata la lettura anche agli uomini.

Sabrina Bertocci

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Sulla base dell’eterno contrapporsi tra uomini mediocri e inadeguati e le donne si intrecciano, a tratti confusamente e in maniera slegata, le storie tragiche di donne reali o immaginarie attraverso cui l’Autrice sembra voler raccontare la storia di se stessa, della sua personale sofferenza, dei suoi lutti, dei suoi abbandoni. Oggi forte e fiera, cresciuta proprio perché ha attraversato tutto questo dolore, racconta queste donne oltraggiate cui la vita e le circostanze, ma soprattutto gli uomini, non hanno dato scampo.

Giulia Trigona, di proprietà del marito, cerca la libertà tra le braccia dell’amante, ma lui è un miserabile senza un nome da onorare e che si macera nell’invidia per un passato che non ha avuto.

Sembra quasi che quello che la uccide veramente sia il desiderio di indipendenza, la volontà di liberarsi del marito e dell’amante.

Carmen invece viene uccisa per il suo rifiuto di accondiscendere al dovere di essere sempre in armonia con l’altro, anche a costo di non essere se stessa.

Oriana confessa che per sentirsi più forte non ha più pianto “bagnato” da quando era bambina.

Sembra quasi che per essere libere bisogna essere sole.

Solo la Sally di W. Allen, nella rivisitazione teatrale della stessa autrice, sembra aver conquistato indipendenza e serenità attraverso un laborioso e continuo reinventare un amore che può sopravvivere e far sopravvivere solo attraverso la leggerezza.

Flaminia Pantanella

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Ci sono persone che scrivono proiettando il proprio vissuto su personaggi reali p immaginari. Forse la Guerritore ha voluto presentarci i spazi e asepetti del proprio vissuto, reale o immaginario, attribuendolo a vari tipi di donne, vittime infelici, dandole quasi una sorta di coloritura politica.

Ma un romanzo, se vogliamo parlare di romanzo, non è questo.

Alessandro Bravi

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Monica Guerritore ricostruisce nel libro una storia d’amore dei primi anni del novecento, che si conclude con un femminicidio. Giulia viene uccisa dall’amante al quale aveva concesso un ultimo appuntamento. Uno schema che, purtroppo, ancora oggi si ripete con sempre maggiore frequenza.

Lungo questo doloroso percorso l’autrice è accompagnata da personaggi femminili di grandi opere teatrali, da lei interpretati durante la sua lunga carriera.

Con il loro aiuto riesce a uscire con uno sguardo nuovo, di consapevolezza e leggerezza dallo schema amore - tradimento - morte”, che ha segnato col sangue troppi secoli di storia al femminile.

Giovanna Giordano

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Un filo rosso di sangue e passione, di ingenuità e coraggio incatena il lettore non a una storia ma a tante storie di donne straordinarie. Monica Guerritore attrice di indubbio talento e scrittrice, riesce nel non facile intento di raccontare l'universo femminile partendo dalla tragedia di Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uccisa dal suo amante in uno squallido alberghetto dove gli aveva concesso l'ultimo fatale appuntamento. E ripercorre il feroce femminicidio accompagnata in questo viaggio da figure che la Guerritore ha portato con successo anche sui palcoscenici da Emma Bovary alla Lupa, dalla Carmen a Oriana Fallaci. La sua è una scrittura teatrale capace di coinvolgere. Un libro che resta nel cuore, che tocca corde profonde, che prova a illuminare anche gli anfratti dell'animo femminile e ce lo consegna con tutte le sue sfumature, con l'intensità dei suoi colori che non sempre sono quelli dell'arcobaleno.

Pina De Felice

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Non è un semplice romanzo, ma il racconto di come un’ottima attrice qual è la Guerritore si compenetra e fa rivivere alcune delle figure femminili che ha interpretato nel corso della sua carriera: Giulia Trigona, zia di Tomasi di Lampedusa, vittima nel 1911 di un ultimo appuntamento che avrebbe dovuto negare all’uomo che aveva amato. Altre figure femminili, anche loro portate in scena dalla Guerritore, con le loro storie ed i loro percorsi di solitudine e desideri disattesi, contribuiscono a far luce sulle emozioni e sulla tragica storia di Giulia comune a troppe donne. Una intensa rappresentazione, in stile teatrale, delle emozioni di donne che ‘“credono nell’amore, ma vengono uccise da uomini che ne spezzano il volo”.

Mariella di Girolamo

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Il testo non mi è piaciuto particolarmente, perché l'elemento narrativo, che rinvia ad una storia vera di femminicidio e al relativo processo di condanna dell'omicida agli inizi del '900, si riduce a poco, in quanto prendono il sopravvento le varie interpretazioni teatrali di grandi eroine letterarie, che 'dominano tutta la scena' del romanzo e rivelano ciò che alla Guerritore è più congeniale.

Marinella Vergilj

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Ripercorrere il lungo corridoio ed abitare stanza dopo stanza, donna dopo donna, prima di arrivare a quella dove giace il corpo di Giulia straziato dal suo amante, è un disperato tentativo di mettere insieme le tante verità per cercare un senso ad una fine senza senso. Non soltanto per capire ma soprattutto per riuscire ad andare oltre. Oltre quel destino di cui siamo "prigioniere e guardiane”. Il destino di non poter essere della propria forma, di dover continuare a piegarsi per stare in quella che altri hanno disegnata per noi e che ci impedisce di cambiare. "Era un di noi?” "No...non vedi? Era una gran dama”. "Era una di noi.”

Paola Fasciani

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Una scrittura teatrale molto bella, coinvolgente, da leggere e rileggere.

Monica Guerritore ripercorre alcune tappe fondamentali della sua conoscenza di se e della sua presa di coscienza della tematica del rapporto donna-uomo attraverso un variegato, emozionalmente forte, tratteggio delle varie donne forti interpretate quale attrice di teatro (Oriana Fallaci, Emma Bovary, la Lupa, Carmen, la Signorina Giulia)

 che corrobora il racconto del femminicidio della Contessa Giulia Trigona di Sant'Elia evidenziandone i tratti comuni nella straordinarietà delle loro passioni e nel rapporto di genere. Un racconto caldo, che valorizza la sofferenza, la fatica, il rischio nonché l'importanza, ancor oggi come agli inizi del secolo scorso, di essere donna rispettando i propri valori e la propria femminilità.

Ezio Bianchi

 

 

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