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Roma/amoR di Paolo Portoghesi

Marsilio

 

Un libro autobiografico in cui l’autore narrando lo scorrere della sua vita con le personali esperienze intime, professionali e politiche descrive il suo rapporto con una città, Roma, evidentemente molto amata e la cui anima Portoghesi ha scandagliato in tutti gli anfratti architettonici, sociali e culturali. Roma nella descrizione risulta una città “viva”, anzi un essere vivente che può morire ma potrebbe ancora salvarsi. Il libro infatti accende una luce di speranza sulla possibilità che la città violata, oltraggiata e “interrotta” possa mettere in atto il suo “risveglio”.

La narrazione di Roma, “rossa e barocca” è lieve e affascinante, emozionante nella sua intimità, arricchita da approfondite correlazioni storiche.  Il libro è anche un canto di amore a tutte le arti ma in particolare alla architettura che giustamente interpretata determina una evoluzione delle città in continuità con il loro passato storico.

Purtroppo l’autore talora indugia eccessivamente nella descrizione di aspetti e particolari “materiali” della sua vita che nulla aggiungono al libro se non una aurea di eccessivo autocompiacimento che risulta stucchevole.

Angela La Neve

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Un testo quasi enciclopedico...Completo nella narrazione di eventi, emozioni, vissuto. Appassionante analisi della storia e della società che partendo dalla osservazione del degrado in cui versa la città di Roma e coinvolgendo parole di illustri artisti politici e papi interessa l’umanità intera. La lettura del libro in un periodo di pandemia e lockdown apre a discussioni ed osservazioni di grande interesse sulle capacità autodistruttive ma al contempo sorprendentemente ricostruttive dell’uomo che insieme all’ orizzonte della catastrofe prefigura l’orizzonte della svolta.

Annamaria Barbone

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Il libro è molto bello: Roma è stata rivoltata come un calzino ed osservata minuziosamente dallo scrittore/architetto che chiama in causa i suoi cantori, pittori, scultori, poeti, artisti stranieri che vi hanno a lungo soggiornato. Nel finale si affaccia dirompente Pasolini con i suoi lavori e le sue poesie che guardano la città da tutt'altro punto di osservazione.

Il sentimento comune è prevalentemente la disillusione ma nessuno riesce a strapparsi Roma dal cuore. Il libro, tuttavia, si conclude con un motivato messaggio di speranza.

Insistente è la visione dello sviluppo urbanistico di una città in cui l'imperativo è "cercare i nuovo nel passato e cercare il passato nel nuovo" per non spezzarne l'anima.

Le nostre città sono un disperato esempio della tabula rasa fatta del passato per dare spazio alla cosiddetta modernità che resta muta ed estranea ai suoi abitanti.

Annamaria Iodice D’Erasmo

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Interessanti riflessioni di uno storico dell'architettura sui limiti e le potenzialità della propria città natale, filtrate attraverso ricordi affettivi e familiari e ricche di riferimenti al mondo dell'arte antica e contemporanea.

Eleonora Sibilano

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L’architetto Paolo Portoghesi, uomo colto e grande professionista, racconta la storia dell’architettura romana partendo dalla sua esperienza di cittadino nativo della città eterna. Pur riconoscendo al libro la capacità di trasmettere un’enorme mole di informazioni, non passa inosservato un certo compiacimento autocelebrativo per quanto prodotto durante la sua lunga esperienza lavorativa.

La lettura risulta a tratti lenta e talvolta noiosa. In realtà l’elaborato risulta essere più un saggio sull’architettura tanto che potrebbe interessare, a parte qualche spunto, agli addetti ai lavori.

Ester Polosa

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Amor, palindromo di Roma, è la traccia che l’autore segue per esprimere, attraverso un’opera estremamente complessa e ricca di contenuti, l’amore- odio che lo avvince alla sua città, Roma.

Il racconto si sviluppa intrecciando tre diversi livelli: quello strettamente personale ed intimo accompagna la storia intensa ed importante della sua vita professionale e si fonde nel sogno della rappresentazione di una dimensione onirica di Roma immaginata e mai realizzata.

Vi è una continua oscillazione tra passato e presente, tra rovine antiche e quotidianità che affiora nei colori, nei rumori, negli odori e nei sapori della città.

La storia di un uomo che sin da ragazzo esprime una marcata forza creatrice e progettuale, che appare attratto sia dalle parole che dall’arte, che sceglie l’architettura come sfida alla mediocrità.

Il concetto di spazio che gli appartiene, l’amore e la sensibilità viscerale per le opere d’arte lo portano a “vivere” con loro, ad “ascoltarle “ e a ”dialogarci”.

Le numerose citazioni di storia, filosofia, poesia, letteratura classica e moderna, i richiami alla filmografia rendono, tuttavia, la lettura un po' troppo impegnativa e sembrano allontanarla da un pubblico più vasto al quale non dovrebbe essere sottratta la possibilità di confrontarsi con il messaggio di speranza e di rinascita che il racconto trasmette.

Eugenia Pontassuglia

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Portoghesi è un architetto con la passione della scrittura come dimostra la sua produzione letteraria negli anni. Stavolta scrive una autobiografia che fino in fondo si rivela anche altro, sostanzialmente una erudita indagine su ciò che è stato scritto su Roma, oggetto del suo dire, come dice il titolo del libro. Nei vari capitoli del testo, corredato di disegni su suoi progetti di architetto, realizzati e no, si svolge un ricchissimo racconto del suo rapporto con Roma, amore ma anche odio, attraverso le sue parole ma anche quelle di altri, tra i quali vale la pena di menzionare Pasolini ma anche sonetti romaneschi dei tempi che furono ma anche di oggi. Così la città, certamente unica e irripetibile, si snoda in tutta la sua complessità, dalle sue rovine alla street art di oggi, dal centro storico, pieno di buche e di ristrutturazioni incompiute e spesso disastrose, alla enorme periferie, in cui lo scrittore individua un futuro di recupero non solo fisico ma anche di rapporti umani. La storia della città, raccontata da qualcuno che la conosce bene, si rivela autonoma rispetto al resto d’Italia ma al tempo stesso se ne ricollega con continui riferimenti storici e geografici, ancorché politici. La ricchissima bibliografia, con continui inserimenti di testi altrui, appesantisce alquanto la narrazione, in cui il tratto autobiografico che sembrava all’inizio la ragione del libro stesso, si sperde in rimpianti di ciò che l’architetto avrebbe potuto fare per cambiare la città, dandole una impronta moderna con uno sguardo al passato. Alla fine Roma, città che è rimasta “orizzontale” senza cedere ai grattacieli, viene assolta con amore.

Gilda Caruso

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Un viaggio tra le “rovine e i monumenti” di una città considerata ambigua e contraddittoria, che da sempre fonde il glorioso passato con la frenesia della vita quotidiana, l’eterna Roma, le cui forme e colori sono i segni, spesso violati e violentati, di una incancellabile identità, unica e universale.

L’autore, architetto di indiscusso talento e riconosciuta fama, scava avidamente nel grembo delle origini di questa “stupenda e misera città”, come amava definirla Pasolini, ed interpreta minuziosamente le cicatrici della sua materia, nella certezza che soltanto le ricchezze e le promesse del passato possiedono quella straordinaria forza rivoluzionaria che “consente all’avvenire di realizzarsi come progresso”.

Alla Città lo lega un sentimento di amore viscerale, ma critico. La curiosità esplorativa degli anni giovanili ha lasciato il posto all’amarezza del professionista di fronte alla portata dei radicali restauri che, negli ultimi decenni, hanno cancellato le tracce del tempo dai monumenti, ma non hanno scalfito la sua fede nella vocazione dell’architettura, concepita come “mezzo per abitare la terra in modo cosciente ed affettuoso, anche poetico”, poiché un edificio non è solo quantità, metricubi, metriquadrati da costruire.

La sua è una strenua, condivisibile ma a tratti eccessiva, difesa dell’architettura “radicata”, legata alle emozioni e ai significati che vivono nella memoria dei luoghi e di chi li abita, in antitesi con l’architettura dello “sdradicamento”, che corrompe l’identità della città, nella convinzione di modernizzarla.

Il libro è la storia del profondo, ma anche tormentato, legame che unisce l’architetto alla sua terra, tra spaccati di vita familiare, ricordi giovanili, esperienze professionali, elaborazioni progettuali. Un racconto che a tratti fa di Roma la suggestiva vetrina attraverso cui esporre in bella mostra titoli accademici, prestigiosi incarichi, brillanti intuizioni architettoniche. Per questo poco coinvolgente.

Troppo ampio lo spazio riservato al punto di vista di poeti, letterati, artisti, che in epoche diverse hanno vissuto la bellezza controversa della città eterna. Non semplici incursioni, ma indagini del pensiero che, anziché costituire un punto di forza del libro, indeboliscono la specificità della narrazione, facendone un ibrido di generi.

Trovo che il racconto sia interessante e ben scritto, ma lo sviluppo non lineare dal punto dal punto di vista cronologico rende la lettura poco fluida. I salti temporali destabilizzano il lettore.

Una forte criticità è rappresentata dallo stile espositivo. Il linguaggio adoperato, ricercato e puntuale, rende godibilissima la lettura, ma quando sconfina in puro tecnicismo, trasforma il libro in freddo e indecifrabile manuale riservato agli addetti ai lavori.

Katia Berlingerio

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L’autore, architetto di grido e professore illuminato, ci regala una puntuale rappresentazione della città di Roma attraverso lo studio del passato che ha reso la città eterna e irripetibile: dalla Roma storica costruita intorno alla raggiera delle vie consolari, fino a GIUNGERE agli anni ’40, quando viene ingabbiata dal leggendario anello del gran raccordo anulare, chiave di lettura della città attuale.

Il libro esamina il rapporto di odio e amore che tanti grandi intellettuali e pensatori nel corso dei secoli hanno provato nei confronti della città, con le sue ‘architetture personaggi che rappresentano non solo monumenti ma oggetti da interpretare, da leggere, per scoprire come la storia va a finire’.

Paolo Portoghesi dialoga con i grandi, approfondendo il loro pensiero per poter avere conferme rispetto alla sua ricerca di storico, restituendo al lettore una visione allargata dei problemi e delle incoerenze di una città che tanto ha rappresentato e rappresenta nel mondo non solo culturale.

 La Roma di oggi sembra assopita e il libro vuole comunicare la motivata percezione di un possibile’ risveglio’ di una grande città, con grande speranza per il suo futuro a dispetto dell’odio e della delusione permanente.

Ho molto apprezzato tutti i riferimenti storici che hanno comunque sottolineato l’interesse da parte di personaggi, che hanno contribuito alla formazione critica e culturale delle genti, verso la città di Roma che, nonostante le carenze attuali, dimostra di avere un appeal che la fa competere con le grandi del mondo.

Lucia Berardino

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L’avventura interiore di un uomo di cultura, di un intellettuale, di un architetto che ripercorre la sua vita professionale all’insegna della sua passione e dei suoi studi. Il motore interiore che lo ha spinto a realizzare opere architettoniche mirabili è stato anche quello che ha determinato uno studio profondo e capillare della sua amata città attraverso gli uomini famosi e non che l’hanno vissuta e amata. Personalità indimenticabili come Pasolini, Caravaggio e Borromini, periodi storici come il Seicento e correnti culturali e artistiche passate e moderne, che hanno contribuito a rendere Roma la città eterna, diventano motivo di riflessione personale e collettiva sul futuro del mondo intero. L’architettura come strumento per una possibile e valida alternativa veramente democratica è il messaggio finale che l’autore ci consegna.

Lucia Schiralli

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Roma città eterna, scatola cinese, luogo dell’abitare umano ,città maestra a cielo aperto ,ricca di insegnamenti di vita, urbanistici ,estetici ,architetturali e ‘ il tema ed il titolo di questo libro. Città orizzontale pregna di archetipi svelantisi a chi sa dargli ascolto. Il tema dell’ascolto che non è semplicisticamente l’ascolto del committente per l’architetto, bensì l’ascolto della storia della città e della natura e in toto dell’uomo è alla base del progettare. Coinvolgente la genesi del progetto della moschea guidata e delucidata dalle fondamenta dell’insegnamento coranico che eleva l’architettura ad un’arte ecumenica di comprensione e di espressione della natura umana ,emanazione di quella divina che è luce che il progettista plasma. L’uomo architetto, letterato ,accademico, che vive la città e la traversa per i decenni della sua lunga esistenza contornato da un mondo colto ed evoluto teso alla conoscenza e al bello ,da una moglie amatissima ,stimata professionista e collaboratrice e da amici , colleghi e discepoli di caratura internazionale ammaliati dal fascino di questa città d’arte antica e di sapienza imperitura. Per quanto possa rappresentare preziosissima ed esaltante lettura per professionisti ,architetti e urbanisti (soprattutto nella descrizione di progetti irrealizzati, quelli solo disegnati e sognati e in questo testo condivisi )con il capitolo dialetto e cibo si rivela opera omnia capace di farsi amare da chiunque condivida un senso del bello che è ancora espressione del divino. Religione ,economia ,letteratura ,poesia ,pittura ,scultura architettura antica e moderna si fondono per fare da sfondo a questo libro unico ,di rara autenticità su una città così tanto abusata dalle arti. Lettura superba forte entusiasmante: grande libro sulla vita di un grande uomo in una grande città capace di risorgere ogni volta.

Maria Lucia Caruso

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Roma/amor, scritto dall’architetto Paolo Portoghesi, è un libro autobiografico, intervallato da numerosi disegni preparatori delle sue opere architettoniche, imperniato sui ricordi, sulle amicizie, sugli affetti, sui successi e sugli insuccessi professionali. Si può dire che è una sorta di viaggio sentimentale sul rapporto dell’autore con la sua amata città: Roma.

Il testo si sviluppa su tre aspetti fondamentali: quello legato alla sfera intima, quello professionale e quello di un sognatore che non è riuscito a realizzare tanti progetti rimasti sulla carta.

Nella prima parte del libro l’autore, in particolare, narra la sua infanzia, la sua scoperta della città di Roma, i suoi schizzi giovanili delle opere di Francesco Borromini, le sue esperienze professionali a fianco di importanti architetti come Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino, Mario Ridolfi, il suo insegnamento universitario a Milano nel pieno delle rivolte studentesche del ’68 dove conoscerà sua moglie, i suoi importanti incarichi istituzionali.

Il libro, nelle conclusioni, traccia alcune considerazioni di natura ambientale sul futuro non solo di Roma ma dell’intero pianeta.

Narda Limitone

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Intenso il rapporto di Paolo Portoghesi con la Città eterna nel suo libro Roma/amoR. Memoria, racconto, speranza", il cui legame è immediatamente sottolineato dall’anagramma e di cui ci offre una visione lontana da ogni oleografia: non è la Roma “città armoniosa e serena”, ma l’altra Roma, quella “ambigua e contraddittoria”, quella che ha suscitato sentimenti contrastanti in poeti e letterati del passato, a cominciare dal grande Leopardi e poi Rilke, Cocteau, Pasolini ed altri ancora, quella che sta “attraversando un periodo oscuro in cui il degrado, il disordine, la pigrizia acritica, con cui si tollerano gli aspetti negativi senza affrontarli, sembrano appannare definitivamente l’immagine della città”.

Diviso in tre parti ( a cui si aggiunge una conclusione) il libro si presenta come un’opera ibrida tra autobiografia e memoria storica, che parte dagli anni Quaranta, attraversa il boom economico e il Sessantotto, i rampanti anni Ottanta per arrivare ai nostri giorni e un trattato di architettura, in cui l’autore analizza i progetti realizzati e quelli che non hanno visto la luce.

 Il libro si arricchisce di altri temi: l’autore racconta la sua concezione del sacro ( “A Benedetto XVI, alla lettura dei suoi scritti, devo, per buona parte, il riavvicinamento alla fede e alla liturgia”), a cui collega il tema ecologico. Ricorda, infatti, che Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’,” invita gli uomini a non nascondersi la verità e ascoltare sia il “grido dei poveri” che il “grido della terra”.

 Nella conclusione Paolo Portoghesi fa sentire il suo grido di speranza di cambiamento: “Per quanto riguarda il futuro della città, quello che emerge […]è che il risveglio, anche se puntiforme, è in atto proprio dove nessuno – tranne Pasolini – se lo sarebbe aspettato, in una parte della città (certamente non la sola) che ha saputo essere più «vera»”.

 Vaste le questioni affrontate, uno il tema di fondo: l’idea che il futuro di un centro urbano, e dei suoi abitanti, possa essere costruito attraverso una consapevole valorizzazione dell’eredità del passato.

Libro colto, riservato a un pubblico non di specialisti, ma di persone sensibili all’argomento e in grado di sostenere i vari riferimenti culturali ( in modo particolare quelli filosofici), scritto in una prosa limpida ed evocativa.

Rita Ceglie

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È stato molto impegnativo per me leggere questo libro e non nascondo che, all’inizio, sono stata tentata di abbandonarlo tanto mi sembrava un testo per pochi eletti, il linguaggio tecnico rivolto ai colleghi, esimi architetti. La necessità di ricercare , data la scarsità di illustrazioni, tutte le opere, gli edifici citati mi faceva perdere molto tempo; l’enumerazione puntuale dei personaggi di spicco con cui l’Autore aveva avuto contatti personali e professionali ( nei confronti di alcuni il libro, a mio parere, è stato anche un pretesto per togliersi qualche sassolino dalle scarpe), mi annoiava un po’. Poi la sorpresa: ho cominciato a camminare per Roma, a viaggiare nel tempo e nello spazio, a vederla come non avevo mai fatto (conosco abbastanza bene la città, anzi pensavo di conoscerla prima di leggere questo libro), a sentire le sue voci, il suo dialetto, i suoi sapori. E’ evidente che la formazione culturale dell’Autore, cresciuto a contatto con i protagonisti del tempo della cultura italiana, lo ha reso recettivo a tutte le manifestazione del bello, dall’architettura all’arte e alla letteratura e questo si rispecchia nella sua opera che definirei sperimentale, estremamente dotta ma senza autocompiacimento, con la gioia della condivisione di parallelismi acrobatici tra artisti di diverse arti ( magnifico quello fra Caravaggio e Pasolini). Ho condiviso pienamente con lui, se pur da profana, l’idea dell’architettura “come uno dei mezzi più importanti per abitare la terra in modo cosciente e “affettuoso” al limite anche “poetico”. Ho scoperto autori come il Belli e quartieri come Pigneto, San Basilio con gli artisti della street art, edifici come la Moschea , Villa Strohl Fern, Palazzo Corrodi e molto altro ancora che mi ripropongo di vedere al più presto.

Teresa Trizio

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Argomenti belli ma troppo pieno di personaggi e citazioni tanto da rendere la lettura dispersiva

Rosaria Memola

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L'autore da vita ad un viaggio autobiografico descrivendoci tutte le sue esperienze, dagli schizzi giovanili sino all'insegnamento universitario. Passo dopo passo ci descrive tutti i suoi incontri e collaborazioni con architetti non sempre noti ed è quì che le descrizioni troppo tecniche, solo per gli addetti ai lavori, non ti fanno apprezzare le descrizioni romane, perdi quindi tra un dedalo di nomi e di eventi l'attenzione e il filo del racconto. Purtroppo il testo rischia di annoiarti

Tiziana De Flammineis

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Questo libro è una opera estremamente densa ed interessante, quasi un saggio sull’arte tutta intramezzata da spunti autobiografici. La lettura è molto impegnativa poiché richiede un background ampissimo. L’autore di altissimo profilo, con una storia culturale sociale famigliare di grande stimolo e spessore trasmette il suo amore viscerale per la cultura tutta, per il suo lavoro che considera quasi una missione, e per Roma pur nelle contraddizioni e cambiamenti. Si intrecciano vari livelli tra rovine e quotidianità L idea dell’attrazione dello spazio gli appartiene da bambino come anche l’energia progettuale. La casa la identifica con la propria vita (metafora spesso usata dall’Es nei sogni) e i figli le opere da lui realizzate Interessante ed originale la personificazione delle cose che diventano interlocutori viventi, indicando una particolare sensibilità dell’autore all’ascolto che trasmette al lettore. Costruire sempre nel rispetto dei luoghi, della storia dell’identità culturale e delle tradizioni collettive, con attenzione agli sprechi, all’ambiente e all’inquinamento. L’idea della piazza pedonale come luogo degli sguardi, dei giochi delle relazioni la trovo eccelsa. Roma come città provvidenzialmente indietro rispetto a quelle verticali è una osservazione per me nuova, per cui l autore intravede una possibilità di rinascita. Il libro molto dettagliato e profondo in alcune parti sembra indicato solo per gli addetti ai lavori o chi conosce quel mondo

Valeria Grasso

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In “Roma Amor”, Paolo Portoghesi unisce la dimensione privata e autobiografica a quella pubblica, passando dal racconto della Roma da lui vissuta dall’infanzia sino alla maturità, alla Roma “solo progettata”.

La Roma raccontata da Portoghesi non è la capitale decadente di Sorrentino, destinata ad un ineluttabile declino morale, bensì una metropoli che è stata e dunque può tornare ad essere capace di rinnovarsi gradualmente nel tempo. Anche progetti apparentemente poco rilevanti, in questa prospettiva, possono essere letti come rivoluzionari, nel loro piccolo. In questa capacità di collegare il progetto individuale al destino architettonico della città, sta, senz’altro l’originalità della visione di Portoghesi.

C’è da specificare, tuttavia, che “Roma Amor” non è un libro divulgativo, ma piuttosto un saggio destinato agli addetti ai lavori o agli amanti dell’architettura.

Giovanna Albenzio

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Se il titolo può apparire divertente (amor è il palindromo di Roma), questo libro il cui autore è fra i massimi architetti italiani con moltissime pubblicazioni alle spalle, non lo è affatto. Va letto “studiando”, poiché ci porta a riflettere, a porsi domande, sul futuro e sul presente di Roma; lo enuncia bene l’explicit:”Quanto più ci avviciniamo al pericolo” ha scritto Heidegger alla fine della sua riflessione su La questione della tecnica “ tanto più chiaramente cominciano a illuminarsi le vie verso ciò che salva, e tanto più noi domandiamo. Perché il domandare è la pietas del pensiero.

Roberta Monaco

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“amor\roma” è colto, interessante, descrive con competenza i dettagli architettonici della sua vita. Non sempre è stato semplice seguire la dovizia di particolari con le quali mi accompagna per le strade della mia “seconda città”.

Marianna Colasanto

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Racconto autobiografico della evoluzione culturale, artistica e professionale dell’autore con particolareggiati riferimenti a fatti, personaggi che lo hanno accompagnato in questo percorso e che, magari per coloro che non si interessano di architettura scivolano velocemente dalla memoria, ma rappresenteranno un valore aggiunto per gli addetti ai lavori.

 Resta tuttavia la condivisibile comprensione e partecipazione al suo sforzo di conciliare architettura, letteratura e storia, a volte realizzato nelle sue opere, altre volte no, per sua stessa ammissione. Particolarmente apprezzabile, e a mio avviso fuori dagli schemi per un architetto di grande fama internazionale, la considerazione che egli fa a seguito di una visita in una bidonville “….l’architettura non necessita dei sacri crismi dell’arte per essere tale e per essere valida; più spesso il suo valore sta nell’essere una proiezione diretta della vita, una cosa che vale perché qualcuno la ama”.

Marisa Chiloiro

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Il libro "Roma/amoR" di Paolo Portoghesi si presenta come una narrazione riguardante il rapporto dell'autore nei confronti della città di Roma, raccontandone l'evoluzione. Esso si suddivide in tre macro sezioni: la prima in cui si narra, in ordine cronologico, di come l'autore abbia vissuto Roma prendendo come punti di riferimento alcuni luoghi e personaggi simbolo; la seconda in cui lo storico dell'architettura si concentra sui progetti per Roma, mai realizzati e accostati senza un piano vero e proprio a strutture già presenti; la terza in cui egli dà sfogo alla sua immaginazione per creare una città del futuro.

Quest'opera è indubbiamente un'analisi precisa e ben strutturata della capitale d'Italia, in cui l'autore inserisce anche le sue considerazioni e testimonianze raccolte nel tempo; tuttavia la narrazione a volte è leggermente pesante.

Olimpia Sabato

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Più che un libro è un testo per esperti e un’ottima guida per visitare Roma attraverso la lente di un grande architetto. Da consigliare come compendio della Roma bella e che ogni giorno si rivela caput mundi.

Patrizia Rautiis

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Seguendo l’autore si ripercorrono i luoghi della vita in un viaggio che porta da uno spazio sensorialmente percepito a uno spazio interiore, fluido come lo scorrere di un fiume, nel quale case, strade, cortili, …sono scrutati attraverso gli occhi di un’infanzia diventata maturità che conserva la nostalgia di un’innocenza perduta.

Coinvolgente, ma destinato ai cultori delle arti figurative e della letteratura, il capitolo in cui Portoghesi analizza il complesso rapporto amore\odio verso la città vissuto da poeti, scultori, musicisti, … anche se non mancano riferimenti alla quotidianità: pane, carciofi, broccoli,” cacio e pepe”… analizzati nella loro architettura e nei colori, osterie, espressioni dialettali, la semplicità della Roma di un secolo fa.

Appesantiscono la lettura l ‘analicità delle descrizioni, il linguaggio a volte troppo tecnico, il periodo lungo e complesso, i riferimenti continui a personaggi e ad avvenimenti particolari, la suddivisione in capitoli “tematici” dei diversi periodi della vita che fa perdere il senso di unicità, dello scorrere del tempo che una biografia dovrebbe avere.

Bella la speranza finale di una rinascita possibile della città eterna attraverso il “risanamento” della frattura tra il centro millenario e le fredde, grigie e solitarie periferie, speranza che VUOLE superare l’amara constatazione dell’inarrestabile decadere di Roma.

Pinuccia Perrini

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‘Roma’ associata al suo palindromo ‘Amor’, il saggio che l’architetto e storico Paolo Portoghesi dedica alla sua città, potrebbe in realtà – citando Catullo – chiamarsi ‘Odi et amo’, per il rapporto tormentato con la città in cui attualmente solo in parte si riconosce (“la ‘Roma e rossa e barocca, oggi sparita, era quella che amavo”).

Diviso in due parti, il libro lascia poco spazio all’elemento narrativo, riservato soprattutto alle citazioni artistico-letterarie della seconda.

Nella prima sezione – estremamente tecnica, tanto da essere a tratti criptica: “…basta pensare al lituo che individua la forma del caduceo, all’arbelo che prende il nome dal trincetto dei calzolai, alla pelecoide per la scure, alla drepanoide per la falce, alla strofoide per quel cappio che serviva a legare la spada alla cintura.” – l’autore ripercorre la sua carriera, dal colpo di fulmine adolescenziale per i dettagli architettonici fino ai successi alternati all’amarezza per le mancate realizzazioni, avendo come costante punto di riferimento l’amato Borromini.

La seconda parte, incentrata sull’identità romana, esamina – dopo un’analisi sulla cucina e sul dialetto – i sentimenti spesso conflittuali nei confronti della capitale di protagonisti dell’arte figurativa, da Caravaggio ai pittori della ’street art’, e letteraria, da Leopardi a Pasolini, a cui viene riservato un ampio spazio.

Nelle conclusioni, l’auspicio di Portoghesi è quello di una rinascita della capitale: la creazione di una ‘città saturnina’, in cui il centro storico riesca a convivere con le cittadine satelliti, con particolare attenzione all’ambiente.

Un saggio discontinuo, a tratti faticoso e ripetitivo, che può interessare soprattutto gli addetti ai lavori.

Carla Ortona

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Interessante volume che racconta la storia di una città, una grande città quale Roma da un punto di vista nuovo e insolito in cui emerge, in modo assolutamente naturale, non ordinato secondo sequenze fisse che avrebbero tolto spontaneità e immediatezza alla narrazione, un grande affresco, o, dato il caso, un monumento al ‘caput mundi’. Come nell’omonimo film felliniano, in queste pagine c’è una città amata (Amor è il palindromo contenuto nel titolo) e vissuta in profondità, accettata con le sue enormi contraddizioni, con la sua bellezza, con la forza della sua storia e la difficoltà del presente.

Portoghesi, in questo volume ponderoso, racconta storie, personaggi grandi del passato, ma soprattutto luoghi, strade, piazze, quartieri in cui si è costruita una realtà artistica, politica, letteraria di ineguagliabile valore.

In questo vigoroso ritratto di Roma e delle persone, delle istituzioni che l’hanno popolata, Portoghesi spesso si smarrisce perché troppe sono le cose e i personaggi da raccontare e, nonostante, il sotteso fil rouge della poesia di Belli che guida il lettore in queste pagine, spesso si sovrappongono piani differenti, tutti ugualmente molto interessanti, ma talvolta difficili da districare.

Testimonianza di enorme valore storico, letterario, architettonico, questo testo ricostruisce passato e presente, formula progetti e ci restituisce una fotografia a colori e in rilievo di una metropoli quale è Roma che resiste alle usure del tempo e della storia e che parla con parole ironiche e divertite di Belli, ma anche con quelle dure di Pasolini.

Una città in cui centro e periferie sono unite dal comune denominatore dell’amore con cui l’autore ha letto, interpretato e lavorato per migliorarle.

 

Celeste Maurogiovanni

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A dispetto delle sue "tante" pagine la lettura del libro è abbastanza scorrevole e piacevole, i ricordi d'infanzia dello scrittore e la sua carriera si alternano a poesie, a monumenti ed opere architettoniche portate a termine dallo stesso Portoghesi, alle tante trasformazioni della città che a volte mettono in luce l'aspetto decadente di Roma, a volte la rendono unica al mondo. Da questo scritto si percepisce l'amore che lo scrittore nutre per la città che l'ha visto nascere, i limiti evidenziati dallo sguardo "tecnico" dello storico e del progettista, che vede un'urbanizzazione spesso incontrollata che genera difficoltà nella vita quotidiana, rende i servizi urbani difficili e insufficienti. Da queste righe trapela quindi un contrasto di sentimenti talmente forte dove, secondo me, l'amore prende il sopravvento, tanto da intitolare l'opera con il suo nome e il suo contrario.

Daniela Porcù

 

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Bel racconto autobiografico di un grande amore per la città di Roma e alcuni protagonisti che ne han-no determinato la sua fisionomia urbana.

Racconto sintesi di precedenti più analitici saggi storici curati dall’autore durante la sua fortunata car-riera di storico e progettista di opere architettoniche.

Linguaggio narrativo a vote troppo specialistico che sottrae chiarezza all’analisi dei temi trattati.

Lazzaro Pappagallo

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‘Roma’ associata al suo palindromo ‘Amor’, il saggio che l’architetto e storico Paolo Portoghesi dedica alla sua città, potrebbe in realtà – citando Catullo – chiamarsi ‘Odi et amo’, per il rapporto tormentato con la città in cui attualmente solo in parte si riconosce (“la ‘Roma e rossa e barocca, oggi sparita, era quella che amavo”).

Diviso in due parti, il libro lascia poco spazio all’elemento narrativo, riservato soprattutto alle citazioni artistico-letterarie della seconda.

Nella prima sezione – estremamente tecnica, tanto da essere a tratti criptica: “…basta pensare al lituo che individua la forma del caduceo, all’arbelo che prende il nome dal trincetto dei calzolai, alla pelecoide per la scure, alla drepanoide per la falce, alla strofoide per quel cappio che serviva a legare la spada alla cintura.” – l’autore ripercorre la sua carriera, dal colpo di fulmine adolescenziale per i dettagli architettonici fino ai successi alternati all’amarezza per le mancate realizzazioni, avendo come costante punto di riferimento l’amato Borromini.

La seconda parte, incentrata sull’identità romana, esamina – dopo un’analisi sulla cucina e sul dialetto – i sentimenti spesso conflittuali nei confronti della capitale di protagonisti dell’arte figurativa, da Caravaggio ai pittori della ’street art’, e letteraria, da Leopardi a Pasolini, a cui viene riservato un ampio spazio.

Nelle conclusioni, l’auspicio di Portoghesi è quello di una rinascita della capitale: la creazione di una ‘città saturnina’, in cui il centro storico riesca a convivere con le cittadine satelliti, con particolare attenzione all’ambiente.

Un saggio discontinuo, a tratti faticoso e ripetitivo, che può interessare soprattutto gli addetti ai lavori.

Carla Ortona

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Interessante volume che racconta la storia di una città, una grande città quale Roma da un punto di vista nuovo e insolito in cui emerge, in modo assolutamente naturale, non ordinato secondo sequenze fisse che avrebbero tolto spontaneità e immediatezza alla narrazione, un grande affresco, o, dato il caso, un monumento al ‘caput mundi’. Come nell’omonimo film felliniano, in queste pagine c’è una città amata (Amor è il palindromo contenuto nel titolo) e vissuta in profondità, accettata con le sue enormi contraddizioni, con la sua bellezza, con la forza della sua storia e la difficoltà del presente.

Portoghesi, in questo volume ponderoso, racconta storie, personaggi grandi del passato, ma soprattutto luoghi, strade, piazze, quartieri in cui si è costruita una realtà artistica, politica, letteraria di ineguagliabile valore.

In questo vigoroso ritratto di Roma e delle persone, delle istituzioni che l’hanno popolata, Portoghesi spesso si smarrisce perché troppe sono le cose e i personaggi da raccontare e, nonostante, il sotteso fil rouge della poesia di Belli che guida il lettore in queste pagine, spesso si sovrappongono piani differenti, tutti ugualmente molto interessanti, ma talvolta difficili da districare.

Testimonianza di enorme valore storico, letterario, architettonico, questo testo ricostruisce passato e presente, formula progetti e ci restituisce una fotografia a colori e in rilievo di una metropoli quale è Roma che resiste alle usure del tempo e della storia e che parla con parole ironiche e divertite di Belli, ma anche con quelle dure di Pasolini.

Una città in cui centro e periferie sono unite dal comune denominatore dell’amore con cui l’autore ha letto, interpretato e lavorato per migliorarle.

Celeste Maurogiovanni

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A dispetto delle sue "tante" pagine la lettura del libro è abbastanza scorrevole e piacevole, i ricordi d'infanzia dello scrittore e la sua carriera si alternano a poesie, a monumenti ed opere architettoniche portate a termine dallo stesso Portoghesi, alle tante trasformazioni della città che a volte mettono in luce l'aspetto decadente di Roma, a volte la rendono unica al mondo. Da questo scritto si percepisce l'amore che lo scrittore nutre per la città che l'ha visto nascere, i limiti evidenziati dallo sguardo "tecnico" dello storico e del progettista, che vede un'urbanizzazione spesso incontrollata che genera difficoltà nella vita quotidiana, rende i servizi urbani difficili e insufficienti. Da queste righe trapela quindi un contrasto di sentimenti talmente forte dove, secondo me, l'amore prende il sopravvento, tanto da intitolare l'opera con il suo nome e il suo contrario.

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Bel racconto autobiografico di un grande amore per la città di Roma e alcuni protagonisti che ne hanno determinato la sua fisionomia urbana.

Racconto sintesi di precedenti più analitici saggi storici curati dall’autore durante la sua fortunata carriera di storico e progettista di opere architettoniche.

Linguaggio narrativo a vote troppo specialistico che sottrae chiarezza all’analisi dei temi trattati.

Emilia Roselli Pappagallo

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In “Roma Amor”, Paolo Portoghesi unisce la dimensione privata e autobiografica a quella pubblica, passando dal racconto della Roma da lui vissuta dall’infanzia sino alla maturità, alla Roma “solo progettata”.

La Roma raccontata da Portoghesi non è la capitale decadente di Sorrentino, destinata ad un ineluttabile declino morale, bensì una metropoli che è stata e dunque può tornare ad essere capace di rinnovarsi gradualmente nel tempo. Anche progetti apparentemente poco rilevanti, in questa prospettiva, possono essere letti come rivoluzionari, nel loro piccolo. In questa capacità di collegare il progetto individuale al destino architettonico della città, sta, senz’altro l’originalità della visione di Portoghesi.

C’è da specificare, tuttavia, che “Roma Amor” non è un libro divulgativo, ma piuttosto un saggio destinato agli addetti ai lavori o agli amanti dell’architettura.

Giovanna Albenzio

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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