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La bambina e il nazista di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
Mondadori

 

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Circolo dei lettori del torneo
di Robinson di Lecce 2
“Orti di guerra” coordinato da Simona Cleopazzo
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Un romanzo inquietante, non rispettoso e faticoso nella lettura.

Il puntualizzare poi che si trattasse di un’opera di fantasia, mentre si descrivevano gli avvenimenti di quei luoghi di morte, mi è sembrata una infelice precisazione.

A mio parere questo romanzo ha mantenuto la stessa crudele ambivalenza e atteggiamento manipolativo di quei tempi. Mi sono chiesta ma cosa vuole arrivare a farmi credere?

La capacità empatica rispetto al tema della perdita di un figlio è scarsa.

La scissione dei nazisti ha creato purtroppo una pagina molto crudele della nostra storia. Sono certa che possano essere accaduti avvenimenti come quelli vissuti dal protagonista del romanzo, ma qui la verosimiglianza del racconto non rende giustizia al vero storico.

Più volte ho sentito l’impulso di non procedere oltre nella lettura, ritenendo che non si può edulcorare la stupidità umana.

Se questo scritto invece che un romanzo fosse stato presentato come un reportage lo avrei apprezzato di più.

Anna De Nitto

 

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“La bambina e il nazista”, pur non originale nello spunto della trama ha nel ritmo il suo punto di forza. Ti aggancia e non ti lascia, tiene col fiato sospeso fino all’ultimo.

Pur trattando un argomento atroce fa piacere pensare che ci possano essere stati tanti nazisti divenuti tali solo perché parte di un “ingranaggio”. Militari tedeschi che non approvavano i modi e i metodi del Reich e che hanno tentato, nel segreto, di mettere un argine.

Il nostro personaggio però non è spinto da uno spirito nobile.

Ha vissuto parte della guerra in un ufficio periferico del Reich, vivendo la sua solita vita e conoscendo la guerra solo perché strettamente legata al suo incarico.

La sua vita però viene stravolta dalla morte della figlioletta Hanne a causa di una tubercolosi non curata per via dell’indisponibilità di antibiotici in tempo di guerra. Nemmeno l’essersi rivolto ad alti ufficiali del Reich ha sortito risultati. Di lì a breve verrà inoltre inviato a “servire” la patria direttamente nei campi di sterminio.

Qui incontra una bambina di nove anni che nella sua mente si fonde col ricordo di Hanne e, nel ricordo della figlia, farà di tutto per proteggerla dalla camera a gas.

Da qui un turbine di avvenimenti e di emozioni che però non fanno di Hans un eroe positivo. Certo obbedisce agli ordini perché vi è costretto, è disgustato da quello che vede intorno a se, è inorridito dall’atteggiamento dei suoi commilitoni e dei suoi superiori che adempiono con feroce zelo agli ordini ma tutti i suoi sforzi vanno esclusivamente nella direzione di Leah, alla sua salvezza. Se per proteggerla deve sacrificare la vita di qualche altro prigioniero non ha dubbi seppur inorridito da come queste scelte gli riescano facili.

Pur affezionandosi anche ad altri prigionieri che incontrerà sul suo cammino le sue scelte saranno sempre per la salvezza di Leah.

Durante questo percorso vedremo come Hans, che inizialmente “fonde” le due bambine in una sola, comincerà a scinderle iniziando così il percorso di elaborazione della perdita di Hanne.

Finalmente la guerra finisce e arriva la pace e con essa anche un lieto fine.

Marcella De Giorgi

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Non ho apprezzato particolarmente questo romanzo. Non mi è sembrata una scelta felice partire da eventi storici reali di cui si conosce ampiamente l’orrore - i campi di concentramento nazisti e la Shoah - per usarli come sfondo di una vicenda strappalacrime che potrebbe essere anche verosimile, ma non riesce a riscattare, a mio parere, il protagonista, nè a commuovere, anche se l’intento è chiaramente quello.

Tra l’altro, penso che il tentativo di coniugare i buoni sentimenti e di dimostrare che il bene vince sempre sul male sia stato già fatto da numerosissimi libri e film sullo stesso argomento e, in molti casi, con risultati migliori e più convincenti.

Simona Cleopazzo

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Nel romanzo “La bambina e il nazista” il tema dell’olocausto è narrato dal punto di vista di un ufficiale nazista che, sconvolto dalla prematura scomparsa della propria figlia, si affeziona ad una bambina ebrea detenuta in un campo di concentramento. Il protagonista sceglie di prendere le distanze dagli orrori perpetrati all’interno del campo, mettendo a repentaglio la sua stessa vita pur di proteggere la bambina e concederle una possibilità di vita dopo la liberazione dalla prigionia.

La narrazione, seppur non particolarmente originale, affronta con delicatezza e coraggio dei temi che mai potranno considerarsi sufficientemente affrontati e metabolizzati.

Nelle parole di un personaggio minore del romanzo risiede il senso profondo del valore della memoria e della forza della vita. “La parola qedem in ebraico significa “antichità”… Dalla stessa radice però deriva quadima, che significa “avanti”. Per andare avanti bisogna guardare indietro, perché memoria e avvenire sono legati a doppio filo tra di loro.

Ivana Ingrosso

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Il tema affrontato nel romanzo, per quanto raccontato tante volte, continua ad essere difficile e il punto di vista è originale: quello di un oscuro burocrate del Terzo Reich che riconosce l’incubo in cui sta sprofondando la Germania nazista, ma si rifugia nella sua vita tranquilla, con una bella moglie che pure sembra farsi convincere dalla propaganda contro gli ebrei e una bambina che è tutta la loro vita. Quando la figlia si ammala e muore e la moglie affoga nel dolore, il protagonista viene trasferito in un campo di concentramento e deve affrontarne tutto l’orrore. Finché in Leah, una piccola ebrea arrivata nel campo con la madre non crede di riconoscere la figlia e si vota alla salvezza della bimba, accettando qualunque rischio, fino a supportare una rivolta nel campo, ma anche qualunque compromesso, giocando la parte di Dio e decidendo chi doveva morire al suo posto. Il finale consolante non convince per questo personaggio che riesce a far sopravvivere la propria umanità, ma non accoglie in pieno la propria responsabilità.

Teresa Musca

 

La bambina e il nazista di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
Mondadori

 

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Arco di Trento “LibriCitando”
coordinato da Cristiana Bresciani
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La storia vera di Hans, un ufficiale a servizio del Reich che non condivide le atrocità che è costretto a commettere per timore di contrastare i superiori e delle loro ripercussioni. Subito dopo aver perso la figlia morta di tubercolosi viene trasferito in un campo di sterminio dove assisterà ad un

crescendo di orrori e morti. Nel profondo, però, Hans non riesce a trovare un senso alla guerra e al desiderio di morte e si rende conto di aver messo da parte i suoi valori adeguandosi in modo forzato alle idee di un despota senza condividerle appieno, solo per paura di ritorsioni e a favore di

una vita grigia e quieta per sé e la sua famiglia. Ma l’incontro con Leah, una bambina che assomiglia moltissimo alla figlia Hanne, lo costringerà a mettersi in gioco in prima persona molte volte per tenerla nascosta e salvarle la vita. La narrazione è un costante equilibrio tra la tenerezza

del rapporto tra i protagonisti e la crudezza della realtà circostante, in un ritmo costante si arriva alla fine senza quasi accorgersene.

Marialuisa Bozzato

 

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Romanzo con uno sfondo storico ambientato nei lager nazisti. In alcuni punti il libro è molto crudo ma la vita dei lager era così capisco anche la fatica di Hans di vivere li una guerra che non condivide e costretto a vedere e subire violenze verso persone che non gli hanno fatto nulla. Lui stesso cerca di salvare una bambina ebrea nel campo di concentramento ma è un modo di tenere in vita la figlia morta per tbc poco prima del suo trasferimento nel campo. Sembra di vedere Benigni che cerca di tenere in vita il figlio in un lager. Qui è un nazista che cerca di salvare una bimba trovando soluzioni per salvarla. La descrizione del campo, la cattiveria dei soldati è descritta in modo particolareggiato e preciso. Libro scorrevole e pieno di suspense che si legge in un fiato proprio per sapere come finisce la storia. Una denuncia ,anche se con personaggi di fantasia , della vergogna nazista dell’Olocausto. Un libro che comunque è una testimonianza di quello che è successo.

Laura Baldessari

 

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Tremendo come argomento , ma intenso ,crudele, ben scritto. 

Anna Maria Tavernini

 

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Romanzo storico dietro al quale c'è un grande lavoro di documentazione a cura della co-autrice. I fatti narrati sono realmente accaduti seppure siano stati romanzati nel racconto.
La storia della bambina è inventata, ma trae spunto da una vicenda vera, di cui c'è traccia nel processo di Norimberga. Un nazista viene scagionato da una bambina che dichiara di essere stata prigioniera nei campi di Sobibor e Majdanek e di essere stata salvata da un nazista. Il come e il perché sono frutto della fantasia dei due autori.
Tuttavia i fatti narrati di quanto accadeva nei campi di concentramento sono reali. Purtroppo la realtà supera la fantasia.

Il romanzo è scritto come un thriller, con ritmo incalzante, fluido, scorrevole, avvincente, nonostante l' orrore dei fatti narrati.
È ambientato in due campi di concentramento, Sobibor e Majdanek, tra i più feroci, spietati, in cui si attuava l'operazione Reinhard, il progetto di sterminio degli ebrei polacchi.
Ho trovato molto originale che la vicenda sia stata raccontata dal punto di vista del nazista. Ciò ha permesso un'indagine psicologica profonda del protagonista.

Cristiana Bresciani

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Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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