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Stoner di John E. Williams
Fazi

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Carpi 2 “I docenti del Liceo Fanti”
 coordinato da Chiara Francia
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La storia di William Stoner è quella di un uomo che grazie alla scoperta della letteratura dà una svolta alla sua vita e decide di diventare un insegnante. È un uomo silenzioso, riflessivo, quasi sempre alla ricerca della parola e del gesto giusto e spesso quella parola e quel gesto arrivano troppo tardi, lasciandolo stupito ed estraneo a un’esistenza che sembra quasi scivolargli accanto senza lasciarsi possedere realmente. La storia di questo mite insegnante di letteratura che subisce ingiustizie, che è oggetto di invidia e di incomprensione, costretto a rinunciare all’amore della sua vita, sposato a una donna meschina e totalmente estranea al suo sentire, fa di questo romanzo un capolavoro della letteratura americana contemporanea. La malinconia quasi senza fine che pervade il romanzo lascia sempre una pallida luce di speranza, di riscatto: fino a che vi saranno libri e persone che li leggono, fino a che vi sarà anche solo una di queste persone che si commuoverà leggendo un sonetto di Shakespeare, allora la vita avrà dato qualcosa di buono. Un libro potente e struggente sulla vita, sulla lettura, sulla Bellezza.

Alessandra Burzacchini

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Nella postfazione a Stoner, romanzo di J. E. Williams uscito in Italia nel 2012, ma pubblicato in America nel 1965, Cameron scrive una frase illuminante: “Si possono scrivere pessimi romanzi su delle vite emozionanti e (…) la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria”. Certo, Williams nutre un grande affetto per il suo sfortunato personaggio, un rinunciatario, un uomo spesso troppo rassegnato davanti ai colpi del destino, un inetto alla vita che tuttavia ha trovato un senso alla sua esistenza nella Letteratura. Tutto si accanisce contro di Lui: Edith, la moglie di una crudeltà mostruosa, Grace, la figlia anch’essa rinunciataria, Lomax, il collega di dipartimento che mette in atto una vera e propria persecuzione nei suoi confronti, l’impossibilità della sua unica storia d’amore… Ammetto che mentre leggevo leggendo ho avuto la sensazione che le congiunture negative fossero troppe, talmente tante da cadere nell’inverosimile; e spesso ho avuto voglia di prendere da parte Stoner per dagli una scrollata, obbligarlo a ribellarsi, a cambiare idea; mi sono anche arrabbiata con lui per la sua passività ingiustificata. Insomma, sono stata profondamente coinvolta dalla vicenda e dal personaggio. Ma dalla rabbia sono passata all’affetto quando mi sono imbattuta nella frase “E così anche Stoner ebbe la sua storia d’amore”. E’ proprio così: a tutti spetta nella vita una Storia d’amore, pure ai più sfortunati; e anche se la storia non va a finire bene, tutti assaporiamo che cosa sia l’Amore. E che Amore è quello di Stoner, vissuto con ritrosia, con pudore ma con grande passione. Memorabile il momento in cui Lui e Katherine arrivano all’epifanica rivelazione della reciprocità del loro sentimento. Ma anche a questo Stoner è obbligato a rinunciare e qui non c’era scelta per loro, nell’America puritana degli anni. Da questo momento in poi la salute del personaggio inizia a risentirne: e come avrebbe potuto essere diversamente? Ma allo stesso tempo è da qui che egli inizia a reagire, quasi che conoscere l’Amore, quello vero, gli abbia dato la forza che prima gli mancava. Riottiene in modo astuto, senza urlare e affrontare direttamente Lomax, la cattedra più prestigiosa che gli spetta; combatte per riuscire ad avere i 2 anni extra di insegnamento prima della pensione di cui ha diritto. Ma a questo punto il cancro ha la meglio su di lui. Quando avevo letto per la prima volta il libro (nel 2016) mi ero arrabbiata con questo finale, giudicandolo ingiusto e immotivato. Ora ho invece colto in esso un nuovo significato: la malattia come risposta del corpo ai troppi colpi del destino.

Bellissimo il capitolo finale in cui l’autore riesce a raccontare, dal punto di vista del personaggio che la vive, l’esperienza indicibile della morte; scontato dire che ho amato moltissimo le pagine in cui Stoner parla del suo lavoro di insegnante. Una scrittura semplice, ma allo tesso tempo incisiva accompagna una vicenda sfortunata che fa capire bene il potere che può avere la letteratura nella vita degli uomini, se le permettono di entrare.

Donatella Amadei

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Ho trovato questo libro un po’ lento nella partenza, inizialmente poco significativo il protagonista, che sembra sempre guidato più dal caso che da scelte consapevoli, questo fino al momento della folgorazione, la scoperta della poesia inglese, folgorazione che in realtà non si capisce bene. A parte un picco di vigore nel corteggiare la futura moglie e nel perseguire l’obiettivo del matrimonio, Stoner rimane per buona parte del libro nella sua condizione letargica sia a casa che sul lavoro, subendo le decisioni altrui passivamente. Ho trovato il racconto interessante dal momento in cui Stoner capisce come trasmettere cultura, diventa un insegnante appassionato, che a sua volta trasmette passione e ha un periodo scolastico gratificante e appagante che un po’ bilancia la desolazione del suo matrimonio. Di questo libro mi è piaciuto l’amore che trasmette per la letteratura, per lo studio e per la cultura in generale, inoltre ho apprezzato il finale quando Stoner, riesce a strappare un briciolo di dignità alla vita tornando ad insegnare nei corsi superiori e poi nel suo modo di morire.

Raffaela Cardo

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Stoner è un uomo che vive una condizione interiore di “senilità”. Nonostante ami profondamente la letteratura non ha mai realizzato pienamente questa passione vivendo i suoi anni chiuso in un’aula d’università. La vita lo ha solo sfiorato: una volta un guizzo di coraggio lo ha portato a dimostrare una dignità non comune; una volta ha provato la felicità dell’abbandono, ma ha finito per perderla piegandosi alle decisioni di un ambiente meschino e provinciale. Stoner conclude la propria esistenza così come l’aveva cominciata, senza clamori. C’è qualcosa però che ci fa seguire con trepidazione questa vita e ci fa amare un personaggio che ci delude profondamente quando dà forfait come padre o quando rinuncia all’amore. In questa modesta esistenza–tutt’altro che banale- troviamo un po’ di quell’uomo che non vorremmo mai essere ma che forse sappiamo di essere.

Chiara Carnelli

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Resta poco, pochissimo di William Stoner: un nome sul frontespizio di un manoscritto raro donato alla biblioteca dell’Università dai colleghi in suo ricordo. Eppure quanta ricchezza, forza e poesia c’è stata nella sua vita… John Williams è straordinario nella delicatezza con cui accompagna il lettore alla scoperta della vicenda umana del professor Stoner, insegnante innamorato della letteratura, marito e padre infelice. Pagina dopo pagina, lo seguiamo nei momenti di gioia (rari, ma preziosi) e nei fallimenti (forse più numerosi), ne ammiriamo la tenacia, la resistenza. Tuttavia, il suo mistero rimane intatto. Di Stoner, infatti, non capiamo tutto: ci stupiscono alcuni suoi silenzi, ci irrita la sua remissività, la sua forza speciale che sembra esplicarsi più nella rinuncia (all’amore della figlia, all’amore per Katherine) che nella lotta. Non lo capiamo, Stoner, perché come dice il suo nome (stone, pietra) è impenetrabile, così come sono impenetrabili sempre, per noi, le vite degli altri. Eppure della sua esistenza, apparentemente così grigia e spenta, afferriamo la straziante bellezza. Accade grazie alla Letteratura, alla Poesia, alle parole che il professor Stoner amava tanto da rendere la sua vita anche un profondo atto d’amore verso di loro.

Anna Chella

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La storia di Stoner, un uomo che proviene da una famiglia di contadini e che scopre il suo amore per la letteratura. Un uomo silenzioso, che non lascia traccia di sé. Nonostante il lavoro in università e il matrimonio, dal quale nascerà una figlia, la vita di Stoner è infelice, grigia. Questa tristezza lo porta ad avere una relazione extraconiugale con una studentessa del tutto diversa da lui e dal mondo in cui vive.

Mi ha stupito sentirmi così coinvolta nella lettura, nonostante la trama “semplice” del romanzo, conoscere pagina dopo pagina Stoner.

Chiara Francia

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John Williams ci accompagna nella vita di Stoner pagina dopo pagina ed è come fare una nuova conoscenza: all’inizio si procede con un po’ di diffidenza e poi invece ci si lascia coinvolgere ed appassionare alla vita di un uomo tranquillo, che quasi per caso scopre il suo amore per la letteratura. Questa passione diventa il suo unico sostegno e fonte di soddisfazione, soprattutto di fronte a delusioni e fallimenti personali e accademici. Quello che mi ha colpito è la pacatezza e la semplicità con cui l’autore descrive le vicende del suo protagonista, che affronta la vita con distacco, come se lui stesso si osservasse dall’esterno e a volte con consapevolezza, ma sempre accettando quanto accade come un filosofo stoico.

Margherita Bergonzini

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William Stoner incarna una sorta di bovarismo al contrario. L’archetipo umano suggerito dal romanzo di Flaubert descrive chi compensa i propri desideri insoddisfatti attraverso la letteratura, chi -tramite le proprie letture- vive in un una dimensione altra, fittizia ma più gratificante, che trasfigura sé e la realtà.

Stoner, al contrario, vive la letteratura -tanto più intensamente- solo nella propria interiorità. L’esperienza folgorante della conoscenza di Shakespeare, che gli permette di vedere la realtà con occhi nuovi, rimane dentro di lui, si dilata nella sua anima, lo trasforma intimamente, ma non ha ricadute nelle sue relazioni con il mondo. La poesia, che lo fa sentire finalmente vivo, non è la via maestra di una metamorfosi visibile: non ridefinisce i legami con i compagni di studio, non incide sullo straziante rapporto con la moglie o con la figlia, non gli infonde la forza necessaria a scegliere l’amore, non gli permette di stabilire una reale corrispondenza nemmeno con gli studenti: “pochi […], dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido”. La poesia è lì, nelle pagine di un libro che egli sente fremere sotto le dita, ma che scivola inerte dalle sue mani.

Laura Apparuti

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Stoner è figlio, marito, padre, amante, ma soprattutto è un insegnante ed è all’insegnamento che dedica la sua vita, sacrificando per esso anche l’amore; è come insegnante che compie forse l’unico atto di ribellione in un’esistenza segnata da una mite inettitudine, da una più o meno serena accettazione di quello che la vita dissemina sul suo cammino. Forse il lettore vorrebbe ad un certo punto vedere il protagonista lottare, mentre percorre la parabola discendente del suo destino, ma non è questa la cifra di Stoner, un uomo la cui rassegnazione diventa la forma più vera dell’affermazione di sé.

Emanuela Clemente

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“Stoner” è la dimostrazione che si possono scrivere libri bellissimi anche su vite silenziose e destinate a non lasciare il segno.

William Stoner è un uomo mite che ha una vita banale e quasi anonima: ha pochissimi amici, non si allontana mai troppo dalla sua città, ha rari contatti con la figlia e si costringe ad un matrimonio lungo e infelice con una donna che, probabilmente non ha amato mai. Sembra essere un uomo sempre bloccato, intrappolato in un eccesso di prudenza che gli fa spesso perdere il momento giusto per parlare o agire.

Quest’uomo ha suscitato in me sentimenti contrastanti: un senso di insofferenza per la sua incapacità rompere gli schemi in cui è cristallizzato ma anche un profondo senso di compassione e solidarietà per la sua esistenza ignorata quasi da tutti e la sua passione per la letteratura.

 Sembra la personificazione di un dipinto di Hopper.

Ginevra Vecchi

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All’inizio del romanzo c’è un andamento nella narrazione in terza persona che mi ha ricordato il film Barry Lyndon di Kubrick tratto dal romanzo di Thackeray, inclusa l’allusione iniziale di Williams al destino che attende tutti gli uomini, che riecheggia vagamente l’epitaffio posto al termine del film:” Fu durante il regno di Giorgio III che i suddetti personaggi vissero e disputarono. Buoni o cattivi, belli o brutti, ricchi o poveri. Ora sono tutti uguali.” Stoner è un giovane di famiglia modesta che cerca di affrancarsi dalla sua condizione attraverso lo studio. Al contrario di Barry Lyndon, quando gli si presenterà l’occasione di arruolarsi nell’esercito allo scoppio della guerra decide di non arruolarsi e preferisce insegnare. Nel romanzo viene narrata la vita del protagonista fino alla morte, ed è la vita di un uomo comune, un “everyman”, che cerca di adattarsi agli avvenimenti più che cambiarli. Non fa colpi di testa come Barry Lyndon, crede di innamorarsi di una ragazza, si sposa, ha una figlia, e la timida fanciulla sposata giovanissima diventa a un certo momento una megera, una nemica. Diventa professore universitario e trae soddisfazione da uno studio indefesso e da un lavoro a cui dedica tutto se stesso. L’unico momento di follia è l’innamoramento per una allieva che però lascerà quando si profila all’orizzonte il pericolo di uno scandalo nell’ambiente di lavoro. Stoner accetta la sofferenza e le gioie della vita come parti inevitabili dell’avventura dell’esistenza.

Forse c’è un po’ di vigliaccheria in lui come in molti di noi, o semplicemente stoicismo, sopportazione. L’analisi dei sentimenti e delle sensazioni dei protagonisti è svolta in modo magistrale, al punto che è impossibile smettere di leggere e non arrivare fino in fondo al romanzo una volta cominciato.

Simonetta Grandi

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Un po’ Tom Jones, un po’ La morte di I van Il'ič, Stoner si incarica di trasportarci dall’ambiente rurale del Missouri alle aule un po’ asfittiche di una piccola università statunitense. Il protagonista si allontana dai genitori per imparare a ricavare di più dalle zolle che lavora, ma si vede spalancare dinanzi agli occhi il mondo della letteratura di cui si innamora. Per certi aspetti non manca nessuno degli ingredienti del romanzo borghese: la moglie e l’amante, la passione per il proprio lavoro e i contrasti professionali, rare amicizie (e tanta solitudine), la tragedia delle guerre mondiali viste da lontano con gli occhi di chi inorridisce davanti allo spreco di risorse umane e al fallimento di una cultura. Se all’autore interessassero le dinamiche economiche, il finale potrebbe ricordare I Buddenbrook. Ma la domanda è un’altra: cosa ci aspettiamo dalla nostra vita? come vedremo gli anni già vissuti quando li guarderemo nel nostro ultimo attimo di coscienza?

Catellani Cristina

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Stoner sembra essersi nutrito allo stesso seno che ha allattato gli inetti alla vita consegnatici da Svevo, ma senza l’umorismo dissacrante di uno Zeno Cosini. La sua estraneità all’esistenza è frutto della strozzatura nella quale si arresta la sua vita interiore, incapace di esternarsi veramente. Stoner pertanto non agisce, ma viene agito: le poche vere decisioni che prende (la scelta degli studi umanistici, la difesa di principi deontologici e l’amore clandestino) non ci immettono nel profondo di un’anima né incidono in maniera determinante sulla vita di quest’uomo che sembra sempre farci una promessa che poi non mantiene. La tentazione è dunque quella di gridargli in faccia quello che dovrebbe fare per non perdere le occasioni di esserci, per sé e per gli altri. Ma lui ci dimostra, con la prosa misurata di Williams, che la sua vita ha una forza impersonale, così che anche la sua morte sembra, in fin dei conti, riguardare un altro.

Daniela Salati

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Stoner è un ‘non-eroe’ che riesce ad appassionarci con la sua vita tutto sommato piatta e priva di eventi strabilianti. Orwell scrisse ‘l’unico vero critico letterario è il tempo’. Grande verità! E’ il sentire ‘diverso’ dell’uomo del 2000 che rende questo romanzo degno di essere letto di nuovo. Stoner è una persona comune, senza grandi traguardi e sogni. Cresciuto in una famiglia semplice, dedita al duro lavoro, diventa insegnante quasi per caso, illuminato da un sonetto di Shakespeare. La sua carriera non ha nulla di memorabile, né nel bene né nel male, così come la sua vita amorosa. La maestria dell’autore sta proprio in questa abilità di appassionarci alla ‘via di mezzo’ che Stoner rappresenta. Dopo le prime 50 pagine, noi lettori non ci aspettiamo più di assistere a grandi eventi; piuttosto ci lasciamo prendere per mano e coinvolgere in una storia diversa da quelle a cui siamo avvezzi oggi. Il ‘non-eroe’ Stoner prende coscienza di sé, dei suoi sentimenti, ma con un pudore antico non si svela. E forse sta proprio qui la bellezza di questo romanzo, che riesce a farsi leggere anche in un contesto umano e sociale così diverso. Stoner è ‘un uomo’ che si lascia osservare, immaginare e rispecchiare.

Alda Barbi

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Apparentemente una storia normale di una vita qualunque in un periodo qualsiasi, Stoner sembra non voler lasciare molto ai posteri. Eppure il modo in cui viene raccontata l’esistenza di questo “mediocre” professore sembra tutt’altro che banale, quasi l’autore riuscisse in mezzo alle pagine a farci percepire la lentezza inesorabile che accompagna la vita vera, le quotidianità di tutti a tratti solitarie, la voglia di fare un salto nel futuro e vedere come si evolverà quello che stiamo vivendo, l’angoscia provocata da certe scelte sbagliate e, non ultima, la voglia di riscatto e la sempre presente speranza di trovare la propria via e dare un senso al tutto. Straordinariamente potente la morale, quasi a tornare in una Fantasia degli anni ‘80 con “La storia infinita”: come nuova luce vediamo tornare imperterrito il tema della letteratura come speranza nel futuro e possibilità dell’uomo di rendere migliore la sua vita. Williams ci ricorda in pratica, quasi in senso cristologico, che non siamo altro che anime desiderose di grandi avventure purtroppo intrappolate in un corpo che, a volte, non ci riguarda!

Maddalena Zanni

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson

di Roma 23 “I ragazzi del Liceo Benedetto Da Norcia”

coordinato da Patrizia Bruno:

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Stoner è un romanzo per pochi poiché se uno lo legge a primo impatto può sembrare noioso perché alla fine non succede nulla di così straordinario anzi il protagonista vive una vita ordinaria e monotona. Stoner sembra alienato rispetto al mondo che lo circonda. Nessuno lo ha mai capito infatti ad un certo punto dei suoi studi agrari, prende in mano la sua vita e insegue i suoi sogni senza dirlo nemmeno ai suoi genitori. Poi si sposa ed ha anche una figlia ma la vita del protagonista non è bella anzi è motivo di sofferenza per lui poiché non riesce nemmeno a comunicare con la figlia. Da adulto inizia a lavorare e incontra una studentessa di cui si innamora e adesso per la prima volta se ne frega degli altri e sembra come se prende in mano la sua vita. Questo romanzo è davvero affascinante se si capisce davvero il significato di fondo. È vero il protagonista poteva imporsi alla moglie, prendersi di più cura della sua figlia e poteva davvero lottare per il suo amore anche se era sbagliato ma alla fine del libro ti accorgi di quanto l’autore sia stato bravissimo a far appassionare e coinvolgere il lettore a questa storia.

Francesca Pesce

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Il protagonista del libro sembra essere fuori dal mondo che lo circonda e sembra non essere capito da nessuno, tantoché nel mezzo dei suoi studi decide di inseguire i suoi sogni, si sposa e ha una figlia anche se tuttavia la sua vita continua ad essere sofferente dato che non riesce a comunicare con la figlia. Da adulto inizia a lavorare e si innamora di una studentessa e da qui inizia veramente a prendere in mano la sua vita. Il libro mi è piaciuto soprattutto perché secondo me il protagonista ha fatto un percorso e infatti è arrivato alla fine del libro prendendo la sua vita in mano, mi sono appassionata e fatta coinvolgere dalla storia del protagonista come se stessi vivendo io la sua storia.

Margherita Posca

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Questo romanzo è riservato ad un élite. Chiunque può leggerlo, ma in pochi apprezzano davvero il significato e la sua bellezza. All’inizio può sembrare noioso, monotono ma non è così. La sua vita è monotona, nessun particolare eclatante eppure la trasforma. Prende in mano la sua Vita e la trasforma. Questa trasformazione però non porta solo gioie, anche molte sofferenze.

Lui non lotta. Si rende conto che il suo matrimonio non va più, molla.

Invece di rimanere con la moglie e la figlia si butta in un’altra relazione, con una studentessa. Nulla di eclatante.

Nessuna novità per un romanzo. La reale novità è il modo impeccabile dello scrittore nel narrare,

nel coinvolgerti nella storia. Una vita comune, ma narrata come se fosse unica.

Valentina Paloni

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Considero questo romanzo interessante perché non è la classica storia che ti aspetti con il protagonista che ha ambizioni fantastiche, che incontra ostacoli ma che riesce sempre in ciò che vuole. Questa è la storia di un uomo semplice, che vive una vita semplice che però decide di prendere in mano per cercare di cambiarla, tant’è che lascia la moglie e crea una nuova storia con un’altra donna, e al di là del racconto mi piace ciò che ne ho estrapolato: ognuno è artefice della propria vita e che è fatta di ostacoli che puoi superare solamente se sei determinato.

Alessia Carotenuto

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“Stoner” è stata davvero una bella avventura, è una lettura molto profonda che mi ha fatto molto riflettere, è diverso dai soliti generi che leggo ma è stato comunque un libro avvincente; sono riuscita a trovarmi molto bene con il protagonista, a capirlo e anche un po’ ad immedesimarmi in lui e nelle sue scelte, ma purtroppo non sono riuscita a conoscere e a comprendere allo stesso modo gli altri personaggi come avrei voluto.

Elisa Fiorenza

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“Stoner” è un libro molto particolare, perché segue dall’inizio alla fine la vita del protagonista in tutte le sue scelte e i suoi dubbi, ed entra talmente tanto nei dettagli e nei particolari della sua routine che a prima vista potrebbe sembrare un libro noioso, proprio perché scorre lento, analizzando il percorso di Stoner nel corso degli anni. Eppure è proprio per questo che ho apprezzato la lettura di questo libro.

Lorella Straccia

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“Stoner” è un libro per pochi, in cui non succede nulla ma allo stesso tempo si può dire che succede tutto. Viene definito spesso noioso, ma solo perché può essere apprezzato solo da persone che riescono a cogliere la bellezza della quotidianità. Mi è piaciuto soprattutto perché pertinente alla realtà.

Arianna Ardente

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Ho iniziato a leggerlo e senza che me ne rendessi conto ero quasi arrivata a un terzo del libro.

La scrittura dai toni pacati ha reso la lettura rilassante; mentre l’indolenza con la quale Stoner affronta la vita ha suscitato in me il desiderio di “scuoterlo” un po’.

Alla fine però, il messaggio arriva forte e chiaro: Per non avere rimpianti, nella vita bisogna reagire e agire.

Carola Alducci

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Ho trovato “Stoner” un libro piuttosto particolare, racconta della vita di un’uomo mediocre ed incompreso, incapace nel costruire rapporti sani e solidi con le persone a lui più care.

Delle premesse non esattamente rosee per la stesura di un buon romanzo, ma che invece contro ogni aspettativa ti riesce a coinvolgere con i piccoli particolari e dettagli della sua vita che senza nemmeno accorgertene ti ritroverai avvinto dalla lettura.

Elena Martini

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La storia di un uomo normale, quasi banale, raccontata in maniera delicata ma potente. John Williams scrive un inno alla normalità e anche mediocrità che caratterizza l’uomo, in un romanzo di rara bellezza. Una lettura davvero speciale e ricca di significato, mai eccessiva.

Francesco Maria Spila

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“Stoner” è un libro che può sembrare noioso per un adolescente però è un libro che fa riflettere, ti fa entrare in contatto con il protagonista sin dall’inizio, ripeto può sembrare noioso perché coinvolge il lettore in tutto ciò che il protagonista fa quindi scorre lento, analizza ogni minima cosa, però è stato un bel libro.

Susanna Rizza

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William Stoner è un uomo mediocre che affronta gli ostacoli che gli vengono imposti dalla vita passivamente. L’unica cosa per cui cerca di combattere è la sua passione, la letteratura.

Stoner è un personaggio in cui fortunatamente non mi ritrovo, un personaggio per cui provo tanta compassione. La mia parte preferita è quando negli ultimi istanti della sua vita accarezza il suo libro... nonostante la sua sia una vita piena di rimpianti, grazie alla sua passione riuscirà a trascorrere gli ultimi momenti con serenità.

Elisabetta Amorello

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Stoner è un romanzo davvero interessante poiché non succede nulla di straordinario ma cela in realtà un significato molto bello, ovvero che il protagonista non si interessava davvero di nulla ma alla fine ha seguito ciò che voleva diventare e si è innamorato anche di una sua studentessa e per quanto era un amore sbagliato a lui non importava. Secondo me Stoner è un uomo non compreso è sostenuto da nessuno poiché se fosse stato incoraggiato in ciò che amava allora forse la sua vita era diversa da ciò che è stata.

Beatrice Tellini

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Come libro non è proprio il mio genere ma è una lettura tranquilla, che mi ha aiutato a prendere fiato dai miei soliti gusti.

Chiara Impicciché

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William Stoner è un uomo appasionato di letteratura che conduce una vita semplice. Leggendo questo libro ho seguito tutte le tappe della sua vita e mi è piaciuto vedere come nonostante tutto non ha mai abbandonato ciò che amava veramente.

Elena Apolloni

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Foggia “Biblioteca La Magna Capitana, Viaggi tra le righe”
coordinato da Gabriella Berardi e Mara Mundi:
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Il protagonista Stoner, figlio di umili contadini, nei primi anni del Novecento lascia la casa familiare e le fatiche del lavoro nei campi, per intraprendere gli studi che lo avvicineranno con grande passione alla letteratura, fino a diventare uno stimato docente universitario. Stoner vive la sua vita nella sua apparente mediocrità, abituato a subire gli eventi, soprattutto quelli legati ad un matrimonio infelice e ad una carriera ormai definita. L’incontro con la signorina Driscoll gli fa scoprire passioni fino a quel momento sconosciute. Una trama biografica in cui l’amore, descritto con estrema delicatezza, si manifesta in modi diversi: controverso, tenero e premuroso, ma anche sofferto e passionale.

Raffaele Addivinelo

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Stoner è un libro che dopo averlo letto sicuramente ti lascia qualcosa dentro.
L’ho trovato molto bello a tal punto da identificarmi col personaggio. William accetta con passività qualsiasi scelta gli venga imposta dal destino, il lavoro nei campi, lo sfruttamento per il vitto e alloggio, le cattiverie di una moglie insana di mente, l’allontanamento della figlia, e l’obbligo alla rinuncia del suo unico vero amore, Katherine, e non ho potuto fare a meno di provare tenerezza ed empatia per lui. Unica cosa per cui lotta, da giovane fino alla morte è l’amore per la Letteratura. La parte più bella è la descrizione della fine dei suoi giorni, tra coscienza e incoscienza, rimorsi e rimpianti della sua vita non vissuta in pienezza, e la consapevolezza che la sua unica passione, la Letteratura, gli rendono gli ultimi istanti della vita, sereni.

Nicola Alloggio

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Come lo scrivano Bartleby di Melville, anche Stoner sembra ripetere all’infinito: “Preferirei di no”. Non lo dice apertamente, ma sembra che ad ogni passo il protagonista del libro di Williams subisca eventi e circostanze, senza prendere mai in mano le redini della sua vita. Eppure il romanzo avvince, forse perché scatta subito l’identificazione con il protagonista, perché a tutti noi, almeno in un periodo, più o meno lungo, è capitato di non sentirci alla guida delle nostre scelte. Però, quando la sua mano stanca accarezza i dorsi dei libri sul comodino, il filo che ha legato tutti gli attimi dei suoi giorni tiene insieme con coerenza una vita sofferta, ma degna e vera.

Pasquale Berlantini

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“Stoner” è il racconto della vita di un uomo William Stoner nato contadino e per volontà dei genitori sfugge al duro lavoro della terra per diventare un professore universitario appassionato di letteratura, si sposa ha una figlia, che ama molto, affronta varie vicissitudini professionali, si innamora di una donna più giovane con cui avrà una relazione intensa, si ammala e muore. Si potrebbe dire che il racconto non ha niente di eccezionale ma si cadrebbe in un grave errore; l’autore ha avuto una straordinaria capacità descrittiva con cui guida e costringe il lettore ad amare Stoner e la sua piatta vita che a tratti si illumina per poi ricadere nel torpore e sprofondare nella rassegnazione.

Impossibile giudicare un uomo grigio che sa coinvolgerti emotivamente in una vita guidata dalla rassegnazione.

“Che cosa ti aspettavi” è l’ultimo pensiero rivolto a se stesso “Una gioia lo colse, come portata dalla brezza estiva. Ormai ricordava a malapena di aver pensato al fallimento, Come se avesse qualche importanza. Gli sembrava che quei pensieri fossero crudeli, ingiusti verso la sua vita.”

Alla fine esplode in lui quella identità che aveva sempre represso “Una morbidezza lo avvolse e un languore gli attraversò le membra. La coscienza della sua identità lo colse con una forza improvvisa, e ne avvertì la potenza. Era se stesso e sapeva cosa era stato.”

Racconto capace di smuovere le emozioni come non mai.

Solo Stoner ed il lettore conoscono la grandezza di Stoner.

Patrizia Borreca

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La vita di William Stoner è monotona, priva di eventi degni di essere raccontati, eppure incuriosisce, forse per quella passione già intuita da Archer Sloane, il suo professore di letteratura inglese, o forse per la sua silenziosa dedizione, in fattoria come in università. Stoner ha ereditato dai genitori l’incapacità di comunicare le proprie emozioni e questo lo rende un uomo “bloccato”: amore, famiglia e lavoro lo deludono e imprigionano senza tregua, così non solo non riesce a liberarsi ed esprimere appieno la propria interiorità, ma quando sembra esserci riuscito, è solamente per ritornare più avvilito e stanco al punto di partenza. Leggere la sua storia scandita tra il primo e il secondo conflitto mondiale, nell’attesa di una catarsi che non arriva mai, è a tratti doloroso e straniante; eppure c’è qualcosa di profondamente umano in questo personaggio, perché suscita l’empatia del lettore al punto tale che la scrittura visiva e lineare di John Williams cattura e trattiene, inesorabile, fino all’ultimo rigo del romanzo.

Sarah Calabrese

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“Stoner” è la storia della vita di un uomo tra gli anni Dieci e gli anni Cinquanta del Novecento. William Stoner, figlio di contadini, riesce ad allontanarsi dal destino di massacrante lavoro nei campi che lo attende, si appassiona alla letteratura e diventa docente universitario. Si sposa, ha una figlia, attraversa la vita in tutte le sue sfumature, si ammala, muore. Tutto scandito con rigore, nessuna crepa, nessun evento particolare; in apparenza sembra che non accada niente di straordinario a questo eroe della normalità eppure questo racconto avvince, fa riflettere, invita all’osservazione silenziosa dei dettagli. La figura di Stoner, creatura di pensiero ed anima, è un concentrato di tenerezza e poesia, a ricordarci che l’infinito e la bellezza si trovano celati nelle piccole cose, la cui essenza è accessibile solo a chi sa osservare con attenzione.

Anna Mastrolitto

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Che la lettura sia vitale e spalanchi nuove vite è una verità, di cui si trova piena testimonianza nello “Stoner” di Williams. L’ascolto di un’opera letteraria, recitata ad alta voce da un professore universitario, innalza il protagonista dalla vita rurale, iniziata da bambino con il padre e in consegna al mondo adulto in modo più scientifico con la futura Laurea in Agraria, e lo spinge ad abbandonare gli studi agrari e a studiare ed insegnare la Letteratura, per quanto la sua vita sentimentale inciderà sul percorso di insegnamento universitario. Pagine vibranti di amore per la cultura e per i libri, per le migliaia di libri dell’Università, odorati, divorati, sfogliati, assimilati, per la fatica, per l’amicizia e per l’amore romantico si susseguono in questo romanzo “sociale”, mal recepito agli inizi e apprezzato dal 2011.

Natia Merlino

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Il romanzo di John Williams rimase per molto tempo misconosciuto e privo del successo che avrebbe meritato, come spesso accade ai romanzi - ed è successo anche a casa nostra - che precorrono i tempi, o meglio che forse sanno leggerli con una spietatezza a cui il resto della società non è ancora pronta. Di Stoner mi impressiona lo scollamento di quest’uomo da se stesso, un brivido che ha il suo apice nel momento della celebrazione del matrimonio, e in quella sorta di alter ego femminile del protagonista che è la sua sposa, la diafana Edith che, anche lei, assiste al proprio trascinamento. È incredibile il talento di Williams nel narrare il modo in cui la coscienza dell’individuo viene risucchiata dagli eventi e superata dal pensiero, un trompe-l’oeil letterario nella cui impossibile realizzazione Williams è riuscito, preparando una discesa nel vortice che è, anche per i lettori di oggi, una palestra di letteratura.

Annalisa Molfetta

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“Magari non te ne sei neanche accorto. Ma a tutti succede qualcosa”. Lo scriveva Pavese ne La luna e i falò. Questa frase mi è tornata alla mente quando col fiato spezzato sono arrivata all’ultima pagina di Stoner di John Williams, e la mia vita si era ormai mescolata a quella del protagonista. Antieroe dei giorni andati, cui sembra non accadere nulla, mentre tutto cambia dentro e fuori di sé. Figlio di contadini, destinato ad un futuro già segnato, va all’Università per studiare Agraria, ma si appassiona alla letteratura inglese. Insegnerà all’Università di Columbia, in Missouri, si legherà per quarant’anni ad una moglie che non ama e da cui non è amato, avrà una figlia, ma non saprà proteggerla, conoscerà il vero amore, ma non saprà trattenerlo. Solo i libri resteranno, solo il suo stupore per le vite che si aprono dentro le storie di carta lo sosterranno. In qualche modo sceglierà, anche lui, ma lo farà con pacatezza, in punta di piedi, per dirci ancora una volta che tutte le vite accadono, anche quelle che sembrano ferme.

Mara Mundi

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Il romanzo descrive perfettamente la vita di Stoner, un uomo mediocre, dedito allo studio che non si allontana mai da casa a cui sembra non succedergli mai nulla, invece vive una serie di episodi che lo coinvolgono e lo cambiano. Tutte le persone che lo circondano hanno tutte dei ruoli marginali rispetto a lui, nel senso che lo toccano ma non lo feriscono (almeno così sembra). Quello diffuso è un senso di malinconia che percorre tutto il romanzo. Mi sono piaciuti i dettagli, il modo di scrivere, i particolari dei corpi, delle emozioni e del periodo che si trova a vivere il protagonista. Lo consiglierei ad un pubblico adulto perché di facile lettura.

Valentina Schiralli

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I tempi sono quelli del metronomo stanco, la lampadina è quella da 60 che tante case della mia gente illuminava. È questa goccia continua in uno alla prosa piana e asciutta a scavare l’anima. Non si spiega diversamente il senso di camminamento che questo testo di John Williams trasmette fino alla fine. Americano come la faccia di Spencer Tracy, una faccia qualunque, dagli spazi sconfinati e allo stesso tempo anonimi. Tempi e luoghi in cui puoi mettere in scena la nostra vita e vedere come fanno il paio con le vite di Stoner. Mi chiedevo se avesse mai ceduto al pianto, magari guardandosi le mani; specie quando la pelle diventa sottile e lucida, piallata dal tempo e dalla vita. Forse la fortuna di questo libro è lo specchio, assai fedele, che rifrange, senza distorsioni di sorta, le nostre vite.

Costantino Squeo

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Uno dei libri che non dovrebbe mancare nemmeno nella libreria più sfortunata è Stoner, un romanzo sull’amore, sull’avventura dell’amore che si scopre e si sparge in vari stadi e su diversi soggetti e situazioni: sul lavoro della terra prima e dell’insegnante-formatore poi, sullo studio in generale e in seguito sulla letteratura in particolare, sugli amici, sulla sua sfortunata famiglia, sulla persona veramente amata. Un romanzo su vari tipi di amore, dunque, che si sviluppa e si rivendica man mano che il protagonista cresce e prende coscienza di sé. William Stoner, Willie qualche volta, vive quasi tutta la sua esistenza nell’Università di Columbia, in Missouri, non ha molta fortuna, e nemmeno molti amici, ma con la pazienza e la bontà del contadino povero qual era, fronteggia le difficoltà con straordinaria forza d’animo e dignità. Stoner è un’anima semplice ma anonima, nessuno si ricorderà di lui per qualche motivo particolare; nessuno ricorda una persona buona.

Stefano Starace

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Stoner ha due genitori contadini, che fanno tanti sacrifici per farlo studiare. Così, lui si laurea in lettere e coltiva la passione per la letteratura e per i libri, anche per sfuggire alla propria solitudine e ai propri limiti, trovando in essi un senso di libertà. Così, inizia ad insegnare lettere, trasmettendo ai suoi allievi l’amore per il linguaggio e la letteratura, il che gli conferisce tanta dignità. La Biblioteca è per lui il luogo dove cercare la verità, il Bene e il Bello, i quali allontanano l’Uomo dal fango (il bruto vive nel torpore mentale). Stoner dovrà affrontare una vita davvero difficile dal punto di vista emotivo: un matrimonio fallito, la rinuncia al suo unico e vero grande amore, e una figlia alcolizzata.

Egli morirà di cancro, ma la sua vita non è stata vana, in quanto attraverso la sua passione per i libri ha riscattato se stesso e il senso della sua vita.

Maria Tortorella

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Torino 1 “Circolo dei lettori di Torino”
coordinato da Francesca Alessandria
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Sono rimasta particolarmente colpita da quest’opera di narrativa psicologia in cui l’autore racconta con grande maestria la quotidianità nella vita semplice di un uomo complesso. Operazione ardua, ambiziosa, perfettamente riuscita. Molto affascinante. La vita apparentemente piatta di un intellettuale di umili origini, che vive tra l’inizio e la metà del Novecento, diventa uno splendido romanzo grazie ad una riflessione sofisticata sulle relazioni umane e una scrittura perfetta, che descrive con grande raffinatezza il pensiero più recondito di un uomo mite e imploso. Bellissima la diatriba che, per contro, si scatena nel mondo accademico tra docenti di letteratura inglese dove il duello diventa feroce: un contraltare in cui Stoner si batte come non ha fatto nella sfera dei rapporti affettivi. Accade tutto in un romanzo in cui sembra non accadere nulla. Grandioso.

Antonella Frontani

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In questo romanzo l’autore è capace di trasformare l’ordinario in straordinario, il talento nel descrivere i personaggi e le loro emozioni rende l’incredibilmente noiosa vita del professor Stoner un racconto tremendamente interessante. La famiglia d’origine, la passione per la letteratura, il matrimonio sbagliato, la dolcissima paternità, il lavoro da docente, l’amore, l’adulterio, la carriera negata e la malattia finale sono narrati con tale semplice sincerità da diventare eventi unici e speciali. La cura dell’autore nel descrivere la quotidiana esistenza di Stoner illumina il racconto e spiega la normalità delle persone: nella vita di Stoner niente è originale o insolito ma il lettore non perde mai interesse al succedersi degli eventi. Le relazioni affettive e i sentimenti sono descritti con uno sguardo disincantato, siamo di fronte ad un leale racconto di vita offerto al lettore con una scrittura limpida e straordinaria.

Emanuela Pallitto Martoglio

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Romanzo intenso, emozionante e coinvolgente ispirato all’esistenza di un uomo qualunque: William Stoner. Figlio di contadini, riconosce la necessità di cambiamento, si iscrive all’Università e viene immediatamente rapito dalla letteratura che diventerà fin da subito la sua più grande passione. Si innamorerà, o forse non era amore quello che provava per Edith, ma solo il desiderio di uscire dalla solitudine, di sollevare lo sguardo dai libri ed iniziare a guardare il resto del mondo. Si sposerà capendo fin da subito che è stato un fallimento e la cattiveria di una moglie insana di mente lo allontaneranno dalla figlia tanto amata. Incontra il vero amore, ma è obbligato a rinunciarvi. Da più parti William viene descritto come un uomo che si è lasciato scivolare addosso la vita, nel bene e nel male, una sorta di inetto che non eccelle nel lavoro, fallisce nella vita personale e non è in grado di riconoscere l’amore vero. Unica cosa per cui lotta da giovane fin da vecchio è la Letteratura. Stoner è uno di noi: ogni episodio, ogni dialogo, ogni pensiero espresso o represso sono descritti dettagliatamente e con termini precisi da rendere vivida e limpida l’immagine del protagonista nella mente del lettore, quasi fosse reale, quasi fosse un amico di vecchia data. Lo stile è semplice, chiaro, fluido e insieme poetico. L’autore riesce a narrare la vita di un uomo nella quale non accade apparentemente niente di eccezionale e a farne un capolavoro. È proprio questa la grandezza di Williams. I personaggi sono descritti bene e sono raccontati dal punto di vista del protagonista. L’autore sembra un osservatore di un caso umano che descrive con distacco.

Per quasi tutto il romanzo non viene mai chiamato con il suo nome di battesimo, ma solo con il cognome, quasi a voler sottolineare una sorta di distanza tra chi scrive ed il protagonista dell’opera. Un’identità fredda quella di Stoner, così vicina alla parola stone, pietra. Durante la lettura ho provato empatia, tenerezza ma anche rabbia nei suoi confronti; il desiderio forte di entrare nel suo studio, sedermi al suo fianco e parlargli da buona confidente, cercando di scuoterlo, rompere la corazza di impassibilità dietro la quale si nasconde ogni qual volta il destino gli si abbatte contro. La parte più bella e toccante, a mio avviso, è la descrizione della fine dei suoi giorni: tra coscienza e incoscienza, tra rimorsi e rimpianti di una vita non vissuta nella sua vera pienezza. In fin di vita ha la consapevolezza che la sua unica passione è sempre stata la letteratura e grazie a questa vive gli ultimi istanti con serenità accarezzando ciò che di lui rimarrà in eterno: il suo libro. Ho votato questo libro perché mi sono legata tanto a questo professore schivo, impacciato nei modi, ma dal grande spessore intellettuale e morale e ho nutrito grande rispetto: uno di quei saggi dai quali avrei potuto imparare tanto. Mi sono vista al suo capezzale, stringendogli la mano mossa da sentimenti contrastanti: compassione e rabbia. “… si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata”.

Gisella Marcellino

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“Stoner” è sicuramente uno dei miei libri preferiti, lo consiglio a tutti, in continuazione. La calma che traspare dalle parole, nonostante si racconti di momenti tragici. Lui subisce la vita, neanche con rassegnazione, solo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come in realtà è. Attraversa le pagine e i suoi anni come se fosse avvolto in una bolla, da cui riesce a vedere gli altri, le loro emozioni, ma non ne è praticamente toccato. Il suo unico scatto ha brutte conseguenze, ma nemmeno poi tanto, alla resa dei conti. Lo invidio perché anche io vorrei avere questa fiducia nelle parole, questa mancanza di preoccupazione su quello che provano gli altri, purché si abbia la possibilità di parlare di letteratura. Non credo sia una vita da disadattato, è semplicemente una scelta fatta all’inizio (o subita, a seconda dei punti di vista, giacché lui non può scegliere, la letteratura è il suo destino) che gli porta anche privazioni, emotivamente e socialmente, ma nel suo bilancio finale a Stoner non pare di aver perso niente.

Ilaria Maggi

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Il libro vincitore di questa settimana per me è stato Stoner di John Williams. Narra la storia di William Stoner, un figlio di contadino appassionato da letteratura che poi diventa un docente universitario; ha una vita apparentemente noiosa: si sposa, ha una figlia, vive la sua vita tra momenti di felicità e momenti di tristezza e poi si ammala e muore. Un libro che potrebbe sembrare banale, ma l’autore riesce a trasmettere le emozioni del protagonista al lettore, riesce a fare in modo che il lettore si senta vicino al protagonista e condivida insieme a lui i dispiaceri e le gioie della vita. Mi è piaciuto tanto questo romanzo, che è riuscito a trasportarmi al suo interno grazie alle descrizioni fatte sempre con precisione.

Cindy Prado

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Questo libro racconta la vita di una persona ordinaria e senza grossi spunti. Tanto che la storia scivola senza colpi di scena. Ma nella sua fase tutta ordinaria in cui non ha minimamente lottato e solamente ubbidito si nota una grande resilienza sul fatto di essere gentili ed educati per tutta la narrazione. Narrativamente la storia è noiosa e poco interessante, ma è John Williams scrittore che riesce a mettere grande attenzione al personaggio e grande interesse anche su cosa fa questo professore nei confronti degli altri.

Nerd Traveller

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Sarebbe un po’ riduttivo, naturalmente, asserire che non ho scelto “Stoner” perché non è stato scritto da Capote, sebbene, il fatto di averlo letto dopo abbia forse influito sulla mia scelta. Naturalmente il romanzo di Williams è molto più’ “normale”, se paragonato al primo. Non mi piace perché, credo, (sebbene in termini più’ romanzati chiaramente) si rifà un po’ alla sua esistenza (e in questo senso non mi pare un vero romanzo di narrativa) e poi perché mi appare troppo banale, ordinario. Forse come sono anch’io, che quindi nutro sempre un po’ di ammirazione per chi va controcorrente.

Cinzia Sfolcini

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È con assoluta certezza che dichiaro vincente questo romanzo, e mi spiace di non poter complimentarmi con l’autore. Anche se la storia ed i personaggi sono puramente inventati, la trama del libro è talmente “reale” che sembra di leggere la biografia di un uomo esistito davvero. La creatività, la delicatezza, l’attenzione e la cura con cui il romanzo è stato scritto lo rendono molto avvincente; la storia di un uomo vissuto sempre nello stesso luogo, immerso nel medesimo lavoro, con una condizione familiare simile ad una prigione, potrebbe sembrare assurda da raccontare. Invece, il nostro John Williams è riuscito a rendere questa intera vita assolutamente importante ed interessante; l’analisi del protagonista e di tutti i principali personaggi che gli ruotano intorno è profonda, e contemporaneamente lascia spazio anche al lettore per andare oltre e cercare altri aspetti di queste personalità ed ulteriori motivazioni che possano giustificare il loro comportamento. Perché la moglie Edith è così fredda, piena di paure ed in seguito distaccata, quasi cattiva? Perché è invidiosa del rapporto tra suo marito e la figlioletta Grace, a tal punto che arriva a distruggere questo stesso rapporto? È vittima della sua educazione e del suo essere a sua volta prigioniera del padre, dal punto di vista psicologico, tanto da ripetere con Grace gli stessi atteggiamenti deleteri che suo padre ha avuto nei suoi confronti? È solo un esempio dei temi che emergono dalla narrazione; il senso di fallimento, la paura, l’angoscia, l’amore che si manifesta improvviso verso Catherine Driscoll e l’amore per lo studio e per i suoi studenti, sono elementi che si susseguono in questo romanzo, che lascia spesso una sensazione di amarezza e di impotenza verso il protagonista. E poi c’è il finale: l’autore non lascia nulla in sospeso, il percorso finisce in modo preciso ma la descrizione di questa fine è di una serenità disarmante. Non voglio aggiungere altro...

Angela Palmieri

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Questo romanzo costituisce una vera scoperta, anche perché, mentre si legge, ci si chiede in continuazione cosa mai provochi tutto quell’interesse e quel bisogno di procedere, che però, di fatto, vanno via via crescendo. Eppure la trama è estremamente semplice: la vita normale di un figlio di agricoltori, che studia e diviene professore, ma non fa carriera; si sposa con una donna che non si può definire insulsa solo perché è perfida; ha una figlia, un grande amore e un avversario che gli sbarra la strada sul lavoro; vive male e infine, inevitabilmente, muore: niente colpi di scena, né eventi particolari. Anche lo stile appare minimalista e perfettamente adatto ai contenuti, ma si fa poi ricercato e intimistico nei momenti cruciali, consentendo così (e questo, forse, è il segreto del libro) una perfetta immedesimazione nel protagonista, a cui ci si affeziona come a una persona reale. Indimenticabili, nel vero senso del termine, alcune scene, letterariamente davvero rare: in particolare, quella finale, in cui la perfetta assunzione del punto di vista del protagonista in agonia consente di “viverne” soggettivamente la morte.

Grazia Bodo

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La vicenda di Stoner di John Williams è emblematica di come, talvolta, in letteratura e nelle arti in generale il tempo sia galantuomo. Pubblicato nel 1965 ottenne pochissimo successo, tanto da finire presto nel dimenticatoio e non venire più ristampato; riscoperto prima negli anni settanta e poi a inizio XXI secolo, negli ultimi anni è diventato in molti paesi un best seller. Destino tardivo, ma meritato, perché John Williams racconta con efficacia una vita qualunque e l’assoluta quotidianità di un uomo come tanti, nato contadino e diventato docente universitario. Il punto di forza della prosa lineare e acuta di Williams è quello di cogliere e trasmettere tutto il non detto di un’esistenza come quella del protagonista; le illusioni come le disillusioni, i momenti di gioia come la percezione dei fallimenti, la ripetizione di azioni, sentimenti ed eventi come i piccoli scarti dalla norma che talvolta fanno capolino nella vita, senza dimenticare l’instabilità, l’impatto e le conseguenze dei rapporti sentimentali e intrapersonali. Stoner insomma è un romanzo che solo apparentemente parla di cose che tutti noi conosciamo.

Edoardo Peretti

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Nel libro viene raccontata la vita del professore universitario William Stoner, cominciata dalla sua infanzia nei campi dei genitori, dopodiché l’iscrizione all’università e la passione per la letteratura, il dottorato e il lavoro come professore, inoltre il matrimonio con Edith e la nascita di Grace, la storia d’amore travolgente con Katherine, i contrasti con il collega Lomax, infine il pensionamento e la morte. L’ho trovato un racconto piuttosto piatto e noioso, senza troppi colpi di scena e/o momenti di suspense. Stoner è un uomo che subisce gli eventi senza nemmeno provare a cambiarli. Nonostante la narrazione pulita ed essenziale non l’ho letto volentieri.

Giusy Covino

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Stoner è un romanzo della letteratura americana datato 1965, tornato in auge solo dopo i primi anni 2000. Una storia semplice, in cui il protagonista riesce ad affrancarsi da origini bucoliche per dedicare l’intero corso della sua vita alla ricerca e all’insegnamento. A scandire il tempo della narrazione sono le stagioni e le guerre mondiali; a fungere da sfondo, invece, l’ambiente accademico e il campus universitario della Columbia su cui Stoner riversa ogni sua energia. Si susseguono dunque vicissitudini varie relegate a un freddo matrimonio, amicizie giovanili, la nascita di una figlia e rapporti accademici da intrattenere, fino all’acmé raggiunta attraverso il dipanarsi di una storia d’amore vissuta in età matura. I personaggi non si evolvono, se non nell’aspetto: per lo più dimagriscono e si ricurvano. I temi caldi vengono affrontati attraverso una serie di non scelte che il protagonista vive passivamente: la partecipazione ai conflitti mondiali e le riflessioni inerenti alla morte, il mancato divorzio e l’eterna infelicità familiare, la totale devozione verso l’insegnamento accompagnata, però, da mancanza di ambizione. Una lettura per nulla banale, umile e delicata che riuscirebbe a toccare le corde più profonde di ogni qualsivoglia animo umano.

Arianna Insinna

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Questo romanzo è molto triste, ma veritiero: ci fa capire che la vita di ognuno può essere un romanzo. Ogni vita, seppur ordinaria, nasconde il mistero; in ogni esistenza la profondità dello spirito della vita fa riflettere sugli errori da non fare: è educativo constatare quanto possa essere deleterio l’abbandonarsi all’avvicendarsi delle cose nella vita di ognuno. La trasformazione del protagonista, i suoi pensieri, le sue remore, le sue mancate prese di posizione fanno riflettere sugli errori da non fare nella vita e di come possa essere sbagliato non cambiare le cose nella loro inerzia. Potrebbe essere la vita di chiunque, descritta in modo semplice senza slanci, ma in modo efficacemente realistico e forte. Un libro diverso, inusuale e senza eroi, senza colpi di scena. Ma alla fine, la morale: siamo noi che sentiamo il bisogno di eroi, proprio per rendere la nostra vita meno piatta.

Mara Taddei

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Parma “Diari di bordo”
coordinato da Antonello Sayz

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William Stoner nasce in un paese rurale nell’entroterra degli Stati Uniti, una piccola comunità, in cui abita con i genitori agricoltori. Un destino segnato quello di Stoner, ma in lui il desiderio studiare, di esplorare nuovo lidi, vivere nuove esperienze e dare il suo contributo al mondo attraverso la cultura, lo porterà a distaccarsi completamente dalla sua famiglia, cambiando così una sorte che sembrava andare in un’unica direzione. Stoner, di John Williams è un libro da leggere per rendersi conto non solo di quanto un libro uscito diversi anni fa (prima ed. 1965) possa essere ancora attuale, ma soprattutto per rendersi conto di quanto il racconto di una vita ordinaria possa diventare straordinario. John Williams racconta le gioie e i dolori di un uomo comune, un percorso che viene spettacolarizzato nelle azioni più semplici attraverso la penna di questo autore tutto da riscoprire.

Stoner è un romanzo imperdibile per tutti i gli amanti della grande letteratura.

Jacopo Zonca

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È davvero difficile sentir parlar male di Stoner, e per motivi reali: la narrazione di Williams è scorrevole, onesta e senza fronzoli; la vicenda cattura, indigna e fa emozionare. Come molti altri lettori, anche io ho letto Stoner tutto di un fiato. Però.
Personalmente, ho trovato diversi aspetti piuttosto irritanti. Il ritratto di Edith: una donna terribile, isterica e istrionica, un flagello inviato a Stoner da un fato meschino. Williams è forse troppo innamorato di Stoner, delle sue emozioni e sensazioni, per permetterci di indagare davvero la natura e le motivazioni della donna. E poi, Stoner stesso: l’impressione alla lunga è quella di trovarsi di fronte a un martire innocente e non ad un uomo dotato di libero arbitrio. È vero che tante volte la vita non lascia troppo margine alle scelte, ma non amo pensare alla carriera letteraria come a un percorso masochista in cui l’auto flagellazione sia l’unica forma di azione.

Maria Teresa Trucillo

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La storia di una vita piatta, ordinaria. La storia di un uomo normalissimo, tra gli anni dieci e gli anni cinquanta del Novecento, quella di William Stoner. Lo scrittore John Williams tratteggia proprio la vita di un uomo mediocre, figlio di contadini che si affranca con lo studio a cui, però, non succede praticamente nulla e neanche mai si sposta dalla sua cittadina. Il racconto dell’esistenza ordinaria di un docente universitario, infelicemente sposato e che non riesce a creare ponti con la figlia e ha, per giunta, un solo e unico amico. Anche per i suoi genitori, che non l’hanno mai compreso, è semplicemente un estraneo. Invecchia, si ammala, muore, così tra la noia e un tradimento. John Williams riesce a creare, dalla vita minima di un uomo qualunque, una
narrazione che inspiegabilmente attrae e cattura il lettore. Narrazione pulita e precisa usando la penna come un bisturi ma, nel mio caso, non è stato capace di risvegliare grandi emozioni.

Roberto Vignola

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Siamo dinanzi a un capolavoro di profonda tristezza che permette al lettore di immedesimarsi in una storia compresa tra cadute e apparenti risalite, sulla via dell’inutile esistenza del Prof. Stoner, uomo mediocre e quasi insignificante, collezionista di dubbi, privazioni e fallimenti.
L’ unico vero amore che gli capita è un immediato baluginare di aspetti magici, che trae la propria forza proprio perché giunge inaspettato, ma si alterna con l’odio che caratterizza le sue giornate lascive e dubbiose, tra colleghi, superiori, figlia, moglie. Il tutto pennellato in un’ambientazione seppure pervicace e coinvolgente.
Stoner, de facto, incarna il ruolo dell’antidivo, si concede poche e rare emozioni vere e significative, non si sporge mai oltre il limite, eppure la sua vita lo rende interessante, il lettore tende a considerarlo come un eroe moderno. Io l’ho vissuto come una scintilla racchiusa in una scatola, in attesa di essere aperta, una piccola lucciola in cerca del bosco.

Giovanna Tomai

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Con linguaggio semplice viene raccontata la mediocre quotidianità del protagonista,
William Stoner. La vita di un uomo insignificante e la successione di eventi non straordinari. Tra noia e solitudine, tra aspirazioni e conflitti, assistiamo come spettatori allo svolgere della vita di un uomo qualunque. Eppure la storia è riportata dannatamente bene, da spiegare il successo, però, stranamente soprattutto in Europa.

Cinzia Oranges

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Che volto ha l’amore? Leggendo Stoner possiamo pensare che per John Williams possa avere quello del silenzioso e mite protagonista, capace di elevare all’ennesima potenza l’immensità di questo sentimento. Un amore che sa esplodere con una forte carica sensuale, oppure di restare appiccicato all’animo della persona, anche per tutta la vita, ma sempre di amore si tratta. In poco più di trecento pagine Stoner si rivela per quel che è, all’apparenza la banale storia di un piccolo professore della provincia americana ma che al suo interno ha tutte le caratteristiche per diventare uno di quei capolavori che ti entrano pian piano, e ti fanno apprezzare le piccole cose della quotidianità, dalla piacevolezza di leggere un libro, al giocare coi propri figli, al respirare l’aria vicino alla propria amata. È un amore strano, il suo, incompreso il più delle volte, dai genitori, dalla moglie, dalla figlia, dagli studenti e anche dall’unico amico che ha, ma non proprio da tutti. Non da chi riesce a vedere ben oltre quell’esistenza che pare essere ordinaria e priva di ambizioni.

Stoner è anche un lucido e meraviglioso esempio di buona scrittura, che di questi tempi non guasta.

Antonio Boschi

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William Stoner nasce in una sperduta e anonima zona rurale del Missouri, vive una vita sostanzialmente insignificante, diventa insegnante, muore sconosciuto ai più e tutto questo l’autore ce lo dice nelle prime 20 righe del romanzo. La voglia di chiudere il libro e dire a se stessi: “So tutto ciò che c’è da sapere…” è forte, ma la bravura di John Williams è tale da costringerci a restare. La banalità della vita del protagonista diventa specchio di noi stessi. L’anonimato della piccola Università di provincia è luogo rassicurante, diventa casa e non si può fare a meno di proiettarsi su quei gradini di marmo con lui. L’amore insulso e senza vita del matrimonio, si contrappone alla travolgente passione della relazione adultera e l’amicizia limitata a due soli compagni ci mostra come il valore del legame attraversa gli anni e supera anche la morte. La passione per il proprio lavoro che si manifesta come un’ispirazione è il sogno di ciascuno di noi. L’autore riesce in un’operazione difficilissima: ci fa capire che non esistono vite scialbe, ma solo cattivi narratori e lui non lo è.

Valentina Nardecchia

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John Williams fa della vita di Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. L’intera esistenza di William Stoner è un “non allontanarsi mai”. La sua quotidianità è sempre piatta e monotona; svolge lo stesso lavoro nello stesso posto per quarant’anni e per la stessa durata è infelicemente sposato con una donna apatica e isterica. La sua carriera accademica è immobile, come lui, senza alcun miglioramento. Si accontenta di ciò che raggiunge, anche se avrebbe potuto essere molto di più. Impara in un anno il latino e il greco e abbraccia l’amore per la letteratura quasi come fosse una religione. Eppure, la sua immobilità dinnanzi alla vita è disarmante. Potremmo leggerlo svariate volte e in ogni svariata occasione cogliere un dettaglio nuovo di una storia che sembra di primo impatto ordinaria, invece si rivela essere ricca e perfetta.

Giusy Laganà

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Stoner è la raffigurazione perfetta di un uomo mediocre, privo di sogni, senza ambizioni (solo all’apparenza), ma con le sue incertezze ed eterne indecisioni è così reale che sembra quasi di averlo accanto. Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo subito gli eventi senza riuscire a cambiarli, ed è per questo che sentiamo Stoner così vicino a noi. John Williams, con una scrittura di grande qualità, ricca di dettagli, riesce a trasformare una storia apparentemente banale in un racconto appassionante e quasi straziante.

Elisabetta Sciré

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William Stoner proviene da una famiglia umile, i genitori lo mandano a fare l’università e lui diventa professore di letteratura. Da quel momento la vita di Stoner è normale, il suo invecchiamento prevedibile e tranquillamente disperato: la casa, i colleghi, la noia, il tradimento, la morte che si avvicina. Ma John Williams cesella la vita di Stoner come una porcellana, mostrandoci sulla superficie traslucida della sua vita apparentemente identica a mille altre l’eccezionale unicità di una vita raccontata da un grande scrittore. Voto 7

Jacopo Masini

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Voto Stoner, che per me è un capolavoro del solipsismo borghese moderno. Delle opportunità sfiorate, della felicità sacrificata all’altare dell’equilibrio rassicurante. Mentre la situazione geopolitica mondiale detona a più mandate, Stoner attraversa in punta di piedi la sua vita chiusa in un mausoleo di mediocrità. Tuttavia, Stoner non vince e non perde. Una trama, un uomo qualunque eppure ogni uomo. Lo stile è semplice, solido, ipnotizzante con punte di ironia affilata. Stoner è il romanzo di iniziazione di un uomo circondato da ego repressi sul filo del fallimento e in attesa di una fine da affrontare con dignità. Ho amato Stoner perché è ancora oggi la storia dell’uomo contemporaneo tra alienazione e attesa paziente. Lo sfondo, oggi, è quello del cambiamento e dell’incertezza. Stoner siamo noi.

Giusy Sciacca

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Per anni, vittima di un imperscrutabile snobismo, ho, con mola cura, evitato di leggere Stoner. La fama che lo aveva intercettato era per me nauseabonda, ovunque andassi – in libreria o sulle pagine dei social – mi veniva sbattuta addosso l’immagine di copertina di Stoner.
Poi è arrivato, anche se per caso, il momento di leggerlo. Finalmente sottratto al mio personale oblio. Un po’ come era successo al romanzo che, dopo uno sfortunato esordio americano – solo 2000 copie vendute – riemerge clamorosamente con la pubblicazione europea.
Romanzo perfetto è stato definito. Forse no. Tuttavia un gran romanzo. La storia è nota e noti sono anche alcuni luoghi comuni sulla figura dell’eroe: anonimo, piatto,opaco. E Stoner è davvero l’antitesi dell’eroe, del vincente: una faticosa educazione universitaria, una vita famigliare fallimentare, una relazione extraconiugale senza lieto fine, pochi amici, nessuna carriera, una produzione letteraria sospesa. Ma invece Stoner sceglie, apparentemente dimesso e cedevole rinuncia agli studi di agraria in favore della letteratura, non cede a compromessi per ottenere favori accademici, prosegue dritto per la sua strada.
E Williams con maestria narra il dispiegarsi di questa esistenza apparentemente mediocre, seriale, che si snoda mentre scorre, di lato, la storia dei grandi eventi.
Una narrazione sobria ma esatta che definisce come non occorrano grandi vite per scrivere grandi romanzi.

Alessandra Del Balio

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William Stoner è l’outsider di un torneo di tennis del Grande Slam, Wimbledon o il Roland Garros, ed ha a disposizione al primo set una palla break, che può dare la svolta decisiva alla sua vita. Decide di giocare, decide di conquistare quel punto e di indirizzare il proprio futuro su un binario ben preciso.
Ricordate tutti immagino la famosa frase: “È la stampa bellezza!”. In questo romanzo troviamo un a frase simile: “È la passione, Mr. Stoner”. John Williams scrive il romanzo di una passione, che avvolge una vita intera. Con una scrittura magnetica, Williams racconta la vita del protagonista insieme a quella di chi gli gira intorno, facendo dell’ordinarietà, per certi versi più noiosa che mai, una celebrazione della sacralità delle relazioni.
Stoner non bara, Stoner affronta sacrifici, rinunce, fatiche enormi, anche una buona dose di umiliazioni per arrivare dove vuole. Ha degli amici, pochi, una famiglia, triste, dei colleghi, molti alunni. William Stoner punta tutto su sé stesso. Ai lettori scoprire se vincerà oppure no. Risultato a parte, io ho atteso molti anni prima di leggere questo che ora considero un romanzo stupendo, e sono grato a chi mi ha invitato a leggerlo.

Claudio della Pietà

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“Era arrivato a un’età in cui, con intensità crescente, gli si presentava sempre la stessa domanda, di una semplicità così disarmante che non aveva gli strumenti per affrontarla. Si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata.” Stoner, l’intero romanzo, è la risposta alla domanda che il protagonista si fa attorno ai quarant’anni. E l’autore, pur suggerendo la risposta attraverso il pensiero del protagonista, lascia al lettore la risposta. La vita di Stoner, tutta la sua vita trascorsa in un raggio di poco più di cento miglia, è apparentemente piatta come la è spesso quella di molti uomini: un lavoro sempre uguale, un matrimonio infelice, una famiglia disfunzionale, due soli amici che più che amici sono conoscenti, qualche nemico. E un’amante.
Ma Stoner, al contrario di molti altri, compie scelte. Sceglie di insegnare, sceglie di non arruolarsi, sceglie Edith, la moglie, e sceglie Katherine Driscoll, la giovane amante. È attraverso queste scelte, e a ciò che inevitabilmente si lascia, o subisce, scegliendo, che la sua vita, e la nostra, diventano degne di essere vissute.

Alex Fornari

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William Stoner ha una vita piatta e banale: una carriera universitaria di poco prestigio, un matrimonio arido e infelice e nemmeno la sua storia extraconiugale rende meno anonima quella personale. William Stoner predilige l’immobilismo e quando sceglie, lo fa per convenienza. Più volte, durante la lettura ho sperato che prendesse posizione, che non abbandonasse i genitori al loro destino, che non restasse a guardare la figlia andare alla deriva o che, almeno, si opponesse alle angherie subite sul lavoro. E invece lui, imperterrito, ha mantenuto questo atteggiamento fino alla fine. Tanto quanto mi ha indispettita l’uomo Stoner, altrettanto o forse di più ho amato il personaggio Stoner e l’abilità di John Williams nel rendermi interessante la storia di un uomo che apparentemente tutto è, meno che interessante. 

Enrica Bardetti

 

 

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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