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Tragedia in casa Coe di Van Dine
Nottetempo

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Roma 4 “Quelli belli di LLC”
coordinato da Fabrizio D’Alessandri
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Giallo classicissimo con il dilemma della stanza chiusa, conforta e rassicura il lettore con una sottile ironia perennemente sottotraccia. Lo scrittore è nato alla fine dell'800 e la sua scrittura ricalca un po' quella di Conan Doyle e l'investigatore Philo Vance ricorda lo stile investigativo di Sherlock Holmes. Però è più simpatico e il racconto è decisamente più scorrevole e leggero. Ciò nonostante, risente dell'epoca in cui è stato scritto ed è datato, un po' di polvere qua e là si deposita sui severi arredi delle magioni vittoriane che descrive. 

Lettura dolcemente romantica, ma la storia è nota e il dejà vu incombe.

Barbara Monteverdi

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Ho letto con molto interesse questo libro, che ha come protagonista il detective Philo Vance, le cui gesta ricordavo di aver seguito in televisione e la cui figura era magistralmente interpretata dal grandissimo Giorgio Albertazzi.

Tragedia in casa Coe è il sesto libro dell’autore e la vicenda riguarda persone appartenenti al ceto elevato e non ai bassifondi, questa è una peculiarità specifica dello scrittore.

L’io narrante non è altri che Van Dine stesso.

Si parte subito con un omicidio, quello di un famoso collezionista di ceramiche cinesi, la causa sembrerebbe un suicidio, ma sarà l’arguto Philo Vance a sciogliere i nodi di questa intricata vicenda, che si svolge in un luogo chiuso, quindi senza vie di uscita .

Vance è un investigatore poliedrico, dai molti interessi, infatti dimostra di conoscere ed apprezzare l’arte, in questo caso la ceramica cinese, e poi è anche esperto di cani.

L’autore riesce a coinvolgere il lettore portandolo ad elucubrare una serie di deduzioni che indirizzeranno alla soluzione finale.

La trama è fitta di elementi apparentemente imperscrutabili ed invece ogni cosa ha la sua logica.

A me è piaciuto molto, perché mi ha coinvolta, non è mai scontato, né noioso, è accattivante, sicuramente leggerò gli altri libri.

Giusy Luvarà

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Ho letto “Tragedia in casa Coe” per primo, in un soffio, ed è stata una lettura piacevole, ho subito pensato che avrei votato questo

- poi mi sono buttata sulle Stein, di cui non sapevo niente se non il nome. È stato un disastrooooooooo, il primo giorno non ne venivo a capo, tanto nervoso per il suo non uso della punteggiatura, dovevo rileggere più volte le frasi, non capivo nemmeno come erano messi in fila i pensieri.... Parlando con mia sorella (una giovane donna diversamente abile che ha difficoltà con la lettura ma probabilmente ha una mente più aperta e sveglia della mia) mi ha suggerito di leggerglielo ad alta voce. Ci siamo divertite come delle pazze, letto ad alta voce ha preso da subito un’altra piega, al punto da voler cercare ora altri suoi scritti. E magari a vedere se esiste in audiolibro...

Federica Farinon

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“Tragedia in casa COE” è un classico del giallo di investigazione, secondo un plot narrativo perfezionato nella prima metà del secolo scorso, dove il protagonista è un detective non professionista, dotato di spiccate capacità logico-deduttive che ne fanno il punto di riferimento delle indagini anche da parte delle forze di polizia. Nel caso di “Tragedia in casa Coe” il delitto da risolvere - l'omicidio di un ricco collezionista in cui la scena del crimine rimanda, però, ad un suicidio - è rappresentato dal cd. "mistero della camera chiusa" presentando il fatto - percepito nella sua immediatezza -  elementi di inspiegabilità per tutti i personaggi della storia e, principalmente, per gli investigatori ufficiali, con l'unica eccezione di Philo Vance, il colto dandy collezionista con la passione per il mistero, che - dopo una serie di “colpi di scena” rivelatori - svelerà l'arcano, mettendo a frutto la sua capacità di osservazione e di speculazione logico-deduttiva, così confermandosi nell'ammirazione dell'affollata scena dei comprimari. Tra questi cui spicca il narratore, S.S. Dyne, suo amico e fidato tuttofare, emblema della medietà riconoscente al cospetto dell'altrui genialità. In linea con il paradigma di questo genere di poliziesco, tutti i personaggi sono fortemente caratterizzati da una nota dominante della loro personalità (l’eccentrica genialità di Philo Vance, la affidabilità di S.S. Van Dyne, l'irruenza del sergente di polizia Heath), che ne assicura l'immediata riconoscibilità e la familiarità al lettore.

Ida Raiola

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Non amo il genere, tendenzialmente mi annoia, e questo testo non ha modificato la mia opinione. Il topos del mistero della stanza chiusa visto tante volte, personaggi stereotipati quindi poco caratterizzati hanno reso la lettura faticosa, a dispetto certo di uno stile snello e scorrevole. Unica nota a favore la figura di Vance, o meglio, la sua intelligenza brillante e soprattutto vasta cultura che hanno reso più interessanti certi passaggi, su tutti quelli riguardanti l’arte cinese. Ammetto di non avere conoscenza del genere e di non averne avuta, a inizio lettura, riguardo ad un autore così noto. Mi astengo perciò da ulteriori, forzatamente superficiali, commenti e attribuisco a questa lettura una sufficienza, seppure risicata.

Gianna Chinarelli

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“Perché uno che scrive come me vale a dire che non è comprensibile può essere così popolare (il che significa può essere così compreso)”.

Questa frase rappresenta la mia esperienza di lettura di questa opera che credo meriti più attenzione e soprattutto una o più riletture. L' impatto traumatico con uno stile respingente, piatto e ripetitivo, le prime 150 pagine un’agonia, la percezione di leggere ovvietà, cambi di argomento troppo repentini, ragionamenti eccessivamente circonvoluti e frammentari, accenni senza conclusione, oltre alla sgradevole sensazione di incomprensibilità dei concetti. Poi, superata la fatica a livello stilistico, il testo si è rivelato nelle sue caratteristiche migliori. Le riflessioni sul genio, l’identità, l’arte, riflessioni universali e metaletterarie, la fitta rete di rimandi interni che stimolano la curiosità del lettore, la panoramica geografica e storica di Francia e Stati Uniti.

Gianna Chinarelli

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Credo occorra essere davvero appassionati di questo modo particolare di costruire una storia per voler rileggere un'altra avventura di Philo Vance. Non solo perché se non si è interessati ai cani, o alle minuziose descrizioni delle ceramiche cinesi si rischia di annoiarsi, ma per quel modo particolare di arrivare a svelare un colpevole prima o poi ovvio in una rosa ristretta di possibili soggetti, con un percorso costellato di indizi o moventi non sempre evidenti, o non sempre credibili. Una storia godibile, forse non la migliore della serie di Philo Vance.

Barbara Bonet

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Archer Coe, collezionista di ceramiche cinesi, viene trovato morto nella sua camera da letto. La porta chiusa dall’interno. Per il procuratore distrettuale John Markham, incaricato di investigate il caso, tutto sembra indicare che si tratti di un suicidio: la rivoltella nella mano di Coe e la casa completamente chiusa dall’interno. L’investigatore dilettante Philo Vance non ne è però così sicuro: crede infatti che si tratti di un omicidio. Vance riesce a scoprire che la rivoltella ha sparato il colpo solo dopo che l’uomo era già deceduto. La scoperta di altri indizi aiuterà Vance a dipanare la matassa.

Carlo Mattioli

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