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Il tram di Natale di Giosuè Calaciura

Sellerio

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson

“La Compagnia dei lettori di Savona” coordinato da Alessandra Bruno

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Questo racconto è un bagaglio di mistero ed epifanie. Calaciura ci accompagna con le sue parole intense ma non pesanti in un percorso tragico e struggente che ti fa capire che la vita è di valore e non bisogna dare mai nulla per scontato. Attraverso le vicissitudini dei personaggi, l’autore siciliano riesce a scuotere il lettore come durante una brusca frenata del tram e lo costringe a ridefinire nuovi equilibri, lo mette di fronte alle proprie fragilità e lo riconduce al capolinea, quello dell’appartenenza al genere umano.

Alessandra Bruno

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Il Natale non per tutti è un periodo di gioia e di festa. In questo racconto di Calaciura sono protagonisti uomini e donne sfruttati, disperati, malati e soli. Si ritrovano sul tram di una città, in cui è stato abbandonato un bambino. Calaciura racconta le vite di queste persone in modo da scrivere un testo di impegno e denuncia. Sembra richiamare “Il canto di Natale” di Dickens, ma non si possono fare paragoni, la scrittura di Dickens è largamente superiore.

Victoria Lauri

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è un racconto che fa percepire al lettore la fatica del quotidiano di esistenze piene di ostacoli superati e da superare. Lo scrittore avvicina ed intreccia i vissuti, senza quasi creare discorsi diretti, facendo emergere le illlusioni, le disillusioni dei personaggi e la loro stanchezza per una vita troppo aspra.

Eleonora Poggi

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Un racconto di Natale diverso,

In una periferia senza nome la notte della vigilia, sul tram numero 14 si intrecciano le vite fatte di disperazione, dolore, solitudine di persone ai margini, dal punto di vista sociale e umano.

Ma questo racconto è anche e soprattutto speranza, quella speranza tipica della notte di Natale.

Martina Gaiezza

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L’Autore ha reinterpretato la figura del presepe ricontestualizzandola in una società misera e miserevole.

Nel viaggio di un tram verso la periferia, in una notte di Natale, un bambino abbandonato raccoglie intorno a sé una serie di personaggi che si intrecciano tra loro.

Un racconto di Natale diverso in cui emerge il dolore e la disperazione di tante categorie di persone, bianchi, neri, anziani, donne e ragazzi. I protagonisti hanno un vissuto difficile, a volte troppo grande da sopportare, e l’incontro di questi vissuti crea un presepe variegato di speranze, di tentativi di rivalsa, di vite in cui le piccole gioie sono vissute e percepite come doni preziosi.

Un racconto intenso, commovente e a tratti inquietante. Il presepe contemporaneo ci costringe a non girare la testa di fronte alle vicende di italiani e stranieri che vivono sotto il nostro stesso cielo ma in modo molto differente.

Patrizia Saracco

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Siamo nella notte della vigilia di Natale e Il presepe nel tram 14, con i suoi personaggi dal vissuto difficile, si forma attorno ad un piccolo nato, di colore e abbandonato sul mezzo. Le storie toccanti dei vari protagonisti, mettendo in luce dolori e aspetti di vita attuali, fanno riflettere sulla situazione umana. La lettura procede veloce per lo stile chiaro e scorrevole, ma il racconto di alcune esistenze dovrebbe essere snellito. La realistica narrazione, pretenziosa nelle sue aspirazioni "classiche",  sconfina in un finale assurdo e fantastico che, a parer mio, svilisce la storia.

Elia Goinavi

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Racconto sdolcinato confezionato apposta per smuovere un po’ quelli che nel libro si accennano come falsi consumatori del Natale.

Raffazzonato come finta favola zeppa di luoghi comuni già sfruttati fino alla nausea.

In una cosa sola efficace come un violento pugno nello stomaco: ricordare nettamente noi, presenti quotidianamente di fronte a quelle persone guardare altrove, aumentare il passo per toglierci di lì, vergognosi della nostra vergogna.

Livio Giraudo

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Gli Ultimi della società, gli invisibili, esempi di solitudine e senza speranza sono raccontati in questo romanzo che pur ammantandosi di atmosfera dickensiana non da la stessa emozione ne’ morale. Il finale è aperto a ogni interpretazione, lasciando il lettore con l’amaro in bocca.

Ada Gaggero

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Disperazione, solitudine, nostalgia, perdita, tristezza viaggiano su un tram che custodisce un neonato fragile e abbandonato. Durante la vigilia di Natale prende vita un presepe vivente dove i protagonisti compaiono poco per volta in quanto, ad ogni fermata, sale un volto nuovo che porta con sé una storia difficile. L’ironia e le suggestioni poetiche si insinuano tra le fessure di rocce di vita quotidiana che sembrano lontane dal centro delle classiche celebrazioni tanto quanto la periferia in cui viaggia il tram.

Forse talvolta troppo accentuata la sfortuna dei protagonisti (come nel caso dell’uomo che perde il biglietto da cinque euro), ma il racconto rappresenta un viaggio onirico nel quale ci si orienta con una compassionevole umanità.

il lettore con l’amaro in bocca.

Antonio Barra

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Attraverso una serie di personaggi che richiamano grosso modo i componenti del presepe tradizionale, ci viene dipinta in bianco e nero un’umanità desolata e senza speranza di redenzione. In questo romanzo breve, composto da una rapida successione di stringati capitoli, le singole parti risultano migliori del risultato complessivo. Il ritratto sociale che ne deriva è sicuramente reale, ma forse un po’ troppo forzato e stereotipato per cui non si riesce a sviluppare una genuina solidarietà o empatia verso i vari protagonisti nonostante questi vivano in condizioni di miseria, solitudine e sofferenza.

Roberta Cospito

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la notte di Natale, sul tram numero 14, viene trovato un neonato abbandonato. Attorno a lui si crea un presepe di persone semplici che, nonostante la loro povertà, si prestano, senza esitare, ad aiutare il neonato. Grazie alla descrizione di tutti i particolari sulla loro vita, Calaciura li rende veri e quasi familiari e conclude in modo inaspettato questa strana ed originale storia sul Natale.

Roberta Chiesa

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Un tram viaggia nella periferia di una città come una stella cometa, portando con sé gli ultimi viaggiatori che si radunano intorno a un neonato abbandonato, legato ad un sedile, formando quasi un presepe. Si tratta di viaggiatori che hanno terminato il loro lavoro, persone disperate, povere, affamate malate  sole. Tuttavia esse sono chiamate dalla fantasia dell'autore ad assistere al mistero della presenza di quel bambino, che svanisce al termine della corsa, lasciando la certezza che la società ha un irrinunciabile desiderio di umanità.

Clara Taramasso

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Calciura ha reinterpretato la figura del presepe contestualizzandola in una società misera e miserevole. Un romanzo incentrato sull’abbandono, intenso e drammatico. Leggendolo hai la percezione di quanto la vita possa essere dura fin dai primi momenti. I protagonisti hanno un vissuto difficile, a volte troppo grande da sopportare, ma c’è anche speranza e rivalsa. Calciuta ci fa capire che la vita è un dono prezioso.

Paolo Schiavi

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Un racconto intenso, commovente e drammatico. Calciura ci presenta un presepe contemporaneo messo in scena per farci capire di non voltare la testa di fronte alle vicende di chi è meno fortunato di noi. Quelli descritti da Calciura sono esempi persone sole e disperate.

Difficile non lasciarsi commuovere da questo racconto quasi poetico ma diretto e vero.

Paola Murialdo

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Il dramma che si cela dietro l’abbandono si mescola alla luce di speranza che la vita cerca di insinuare nella tragedia quotidiana. Un racconto intenso ed emozionante.

Ylenia Bonzi

 

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson

di Treviglio coordinato da Daniela Nisoli

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Quante volte usufruendo di un mezzo pubblico il nostro occhio è caduto verso un mendicante o clochard, o comunque un povero, seduto in solitudine su un sedile, rifiutato e tenuto a distanza dal nostro borghese sguardo scandalizzato.

Giosuè Calaciura con questa favola corrosiva ci mette davanti un gruppo di questi uomini e donne poveri, che a bordo del tram 14, percorre le strade buie e ostili di una città innominata nella notte di Natale.

In una periferia desolata il piccolo tram diventa la Cometa annunciatrice - il fiammeggiare del pantografo sui fili elettrici - di un presepe vivente man mano che si inoltra verso l’oscurità. Una cometa guidata dall’autista del tram che rinchiuso a doppia mandata nel suo gabbiotto di guida foderato con fogli di giornale per non vedere e non sentire quello che accade intorno a lui. È facile per noi identificarci con l’autista, che spaventato dagli atti di intolleranza cui assiste quotidianamente si chiude nel suo spazio evitando vista e contatto con tutti coloro che conduce a destinazione

Nell’ultima fila di sedili, circondato solo dal buio, è stato abbandonato, avvolto in una coperta annodata al sedile, un neonato. Ed i tradizionali pastorelli e Magi del presepe classico vengono soppiantati da un drappello di disperati che vivono – loro malgrado – ai margini della società. Ad ogni fermata salgono uomini e donne poveri, stremati dalla miseria e dalle ore di lavoro, con i quali tentano di poter mantenere la famiglia. I primi ad accorgersi di quel bambino sono una prostituta e il suo anziano cliente che si avvicinano al piccolo senza osare toccarlo. Pian piano il tram si popola di un clandestino che vive di espedienti; di un artista che vive ormai del ricordo dei tempi in cui si esibiva in grandi spettacoli; l’infermiera vinta dalla solitudine e il giovane ragazzo senza un lavoro fisso che tenta di rendere felice la compagna e la figlia.

Un presepe triste che si muove nella notte in cerca di una salvezza che difficilmente raggiungerà. Nonostante siano estranei gli uni agli altri non ci pensano un momento a solidarizzare intorno al neonato dimenticando paure e pregiudizi.

L’autore ci concede un piccolo bagliore di speranza in chiusura, descrivendo un piccolo miracolo che accade al giovane che in questo modo riuscirà a donare alla sua famiglia un Natale illuminato da un piccola luce di gioia... ma tutto il libro non è che uno spietato atto di accusa verso la nostra società del benessere chiusa a tutto ciò che può “minacciarla”, straniero o povero che sia, due mondi separati che non si incontrano mai.

Invece dovremmo essere come i passeggeri di questo tram, provare ad essere meno ciechi davanti ai diseredati, ai malati, alle persone sole, agli stranieri, ai disperati, a Natale e non solo.

Il miracolo di donare un sorriso, un piccolo segno di vicinanza ad un nostro simile può accadere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita, e Calaciura da questo intento è partito per questo libretto duro ma che vuole risvegliare le coscienze. E ci riesce!

Saverio Ceravolo

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Nel primo libro "Il tram" è un setting del racconto che sembra correre sulle rotaie della vita, raccogliendo le povertà e le disillusioni che generalmente a Natale la gente tende a cancellare nell'illusione che tutto sia bello perfetto e confortante. In ogni personaggio, nonostante le sue fatiche esistenziali, si nasconde un fondo di poesia che lo fa sopravvivere alla cruda realtà quotidiana e brilla in contrasto con l'egoismo individuale di chi ha troppo e non apprezza niente. Il Dio che non si è mai recato e si gira dall'altra parte di fronte alle periferie degradate è per me quella parte di noi che si vergogna di avere tanto, di fronte alle miserie di altri e ne nega l'esistenza fingendo di non vedere, girandosi dall'altra parte.

Eppure il dono più grande la vita di un piccolo innocente, che nonostante l'abbandono irradia serenità lo ricevono loro, li aggrega contro la violenza, li rende più forti, fa superare la tristezza di un Natale lontani dagli affetti e dalla sicurezza di un lavoro ben pagato, di una casa  dignitosa del riconoscimento della dignità dell'essere riconosciuti ed apprezzati in quanto  uomini e donne.

Maria Laura Ceribelli

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La sua lettura suggerisce l'idea di ripensare il Natale, la nascita di un bimbo, in chiave contemporanea.

A condurre il pensiero su binari paralleli è il tram n° 14 su cui viaggia, anche nella notte del 24 di dicembre, un carico umano di passeggeri emarginati per povertà, per indigenza, tutti con uno stesso bagaglio nell'anima: il dolore.

Il conducente del tram si barrica nella cabina di guida per evitare di sentirne il peso.

Ma è in quella notte che la venuta al mondo di un bimbo, quello che giace in una culla di fieno, quello che giace sull'ultimo sedile del tram clandestinamente perché abbandonato,

 riesce ad alimentare, diffondere e contrappore al dolore il sentimento di amore verso il prossimo.

A squarciare il buio di quella notte fu la scia luminosa della cometa,

a squarciare il buio interiore in quella notte è il bagliore delle scintille del pantografo che trasmette una nuova energia in grado di spingere il tram oltre il percorso della strada ferrata in una corsa senza più fermate per lanciare il messaggio di speranza.

Marisa Gallo

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La sua lettura suggerisce l'idea di ripensare il Natale, la nascita di un bimbo, in chiave contemporanea.

A condurre il pensiero su binari paralleli è il tram n° 14 su cui viaggia, anche nella notte del 24 di dicembre, un carico umano di passeggeri emarginati per povertà, per indigenza, tutti con uno stesso bagaglio nell’anima: il dolore.

Il conducente del tram si barrica nella cabina di guida per evitare di sentirne il peso.

Ma è in quella notte che la venuta al mondo di un bimbo,

quello che giace in una culla di fieno, quello che giace sull'ultimo sedile del tram clandestinamente perché abbandonato, riesce ad alimentare, diffondere e contrappore al dolore il sentimento di amore verso il prossimo.

A squarciare il buio di quella notte fu la scia luminosa della cometa, a squarciare il buio interiore in quella notte è il bagliore delle scintille del pantografo che trasmette una nuova energia in grado di spingere il tram oltre il percorso della strada ferrata in una corsa senza più fermate per lanciare il messaggio di speranza.

Ho letto Il tram di Natale nel mese di ottobre e mi sono resa conto di poter vivere l’attesa del periodo natalizio senza provare più insofferenza ma gioia. La società moderna ha privilegiato veicolare messaggi consumistici che hanno contaminato e fatto smarrire il vero significato del Natale. Penso che questo libro sia il regalo di Natale che ha la capacità di farlo ritrovare.   

Marisa Gallo

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Il “Tram di Natale “è un racconto corale ambientato ai giorni nostri. I protagonisti sono gli “ultimi” della società che narrano la loro storia man mano che salgono sul tram che si dirige verso la periferia della città.

Raccontano le loro vite difficili, lontano dalle loro famiglie di appartenenza, costretti a sopravvivere con espedienti, offesi nella loro dignità.

Si raccolgono attorno ad un bambino che sembra sia stato abbandonato sul tram. La sua presenza li conforta e li aiuta a dimenticare per un attimo i loro problemi quotidiani.

Ma il bambino, contrariamente a quanto accadde la notte di Natale dell’anno zero, non resta tra gli uomini a donare la propria vita. Scompare. Forse per ricordarci che la responsabilità nei confronti degli “ultimi” resta comunque a nostro carico. Senza perdere la speranza.

Se avessi potuto avrei premiato entrambi i racconti. Ho scelto questo perché ci stimola a non dimenticare le difficoltà di chi ci vive accanto.

Tiziana Baldoni

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Tasselli di un’umanità derelitta e abbandonata a se stessa compongono il mosaico del tram 14, lungo le fermate di una periferia lugubre, resa ancora più scura dalle luci abbaglianti della notte di Natale.

Persone con fardelli diversi di vissuto sulle spalle, accomunate però da un’identica miseria, dallo stesso oblio che la vita ha riservato loro, ma che la penna graffiante e sensibile di Giosuè Calaciura fa emergere dal sommerso e, in un certo senso, riabilita nel suo romanzo “Il Tram di Natale”.

Senza retorica né patetismo, lo scrittore punta il riflettore sulle contraddizioni della nostra società, che aspetta che arrivi Natale per essere migliore, che predica il ritorno a una bontà evangelica solo il 25 dicembre, ma che in realtà si ostina a voler chiudere gli occhi di fronte a quei tanti dimenticati, che di quella bontà tanto predicata avrebbero un disperato bisogno.

Con una scrittura efficace e diretta, ma per nulla asciutta; seguendo come filo conduttore narrativo i simboli di luce e di nascita insiti nell’autentico significato del Natale, l’autore restituisce al buio di queste solitudini un po’ di compassione, alla penombra della loro infelicità un po’ di speranza, al tenue chiarore delle loro intenzioni un po’ di resilienza.

Impossibile non scorgere anche nel finale sospeso, quasi sognante, il ricordo di “Canto di Natale” e vedere, con orgoglio, in Giosuè Calaciura un Dickens contemporaneo.

Silvia Battarola

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È il racconto del viaggio di un tram di periferia la sera della Vigilia di Natale. Fermata dopo fermata salgono i passeggeri, l'autore li presenta e descrive con crudezza; le condizioni di ognuno sono desolanti e amarissime, vite misere che tutti i giorni, anche a Natale, sopravvivono con tanta fatica alla loro quotidianità.

Sul tram compare un neonato abbandonato. La strana circostanza di questo viaggio fa riscoprire a molti di loro quei sentimenti di umana compassione per il prossimo e li porta a raccogliersi in adorazione del fagottino misterioso, in una moderna rievocazione della Natività.

Pagina dopo pagina si accendono sempre più sia la curiosità sull'agire di ogni passeggero, sia il desiderio di risolvere il mistero intorno al neonato. Ma a quale finale affidarsi?

Realistico e commovente, per me una bella lettura.

Michela Trambaglio

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Il Tram di Natale di Giosuè Calaciura Il racconto di una vigilia di Natale che restituisce una speranza a coloro ai quali è stata sottratta. Non è una “favola” o forse sì, al lettore la risposta. La narrazione inizia con lo sfarfallio lieve delle manine di un neonato, abbandonato sul sedile di un tram, il numero 14, che collega la periferia di una sconosciuta città. Ad ogni fermata il 14 “accoglie” passeggeri che, con il loro carico di disperazione e con addosso “l’odore di povertà”, la vita ha spinto in fondo alla scala sociale. L'autore, con profonda umanità e comprensione, dedica a ciascuno di loro un prezioso cammeo. Eccoli, sono “gli invisibili” che incontriamo sulle nostre vie e che in una vigilia di Natale l’autore riunisce su quel tram - una “capanna”? - dove un neonato nero è stato abbandonato. Come un novello Gesù Bambino, in una condivisione dello stesso destino, il piccolo “attira” e avvince a sé questa umanità alla deriva. In quel luogo strano e in quella insolita situazione affiorano nei passeggeri i ricordi di una vita precedente, quando c’erano piccole gioie e ancora una speranza. Su questo tram non c’è spazio per i violenti, costretti a scendere. Restano “loro”, i “senza speranza”, quelli che la vita ha messo a dura prova e ha privato di tutto ma non dell’amore. Per costoro e per il conduttore del tram non ci saranno più fermate: il neonato è scomparso e con lui se ne andranno anche i viaggiatori su quel tram che sembra “una stella cometa” illuminata dalle “scintille sollevate dal pantografo”.

Andreina Pasini

Il torneo letterario di Robinson è un'iniziativa curata da Giorgio Dell'Arti per conto di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.
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